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Chi è Katie Bouman, la matematica all’origine della prima…

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RICERCATRICE AD HARVARD

Chi è Katie Bouman, la matematica all’origine della prima «foto» del buco nero

Katie Bouman
Katie Bouman

Dietro ogni foto, quando si usava la pellicola, c'era un grande fotografo, ma ora con i rivelatori a stato solido che usiamo nelle macchine fotografiche, o anche negli smartphone per farci i selfie, dietro un'immagine c'è tanta fisica e soprattutto tanta matematica. Nell'immagine della zona del buco nero al centro della galassia vicina M87 mostrata mercoledì al pubblico di tutto il mondo ci sono almeno 200 astronomi, tecnici, ingegneri e matematici, ognuno con il proprio compito.

Katie Bouman, 3 anni di lavoro sull’algoritmo
Chi ha messo insieme i miliardi e miliardi di dati che sono serviti per costruire quell'immagine è un gruppo di matematici e ingegneri dell'MIT di Boston e particolare merito in questa delicata e complicata vicenda va a Katie Bouman, 29 anni, che tre anni fa, appena laureata, ha iniziato a sviluppare l'algoritmo di base, il nucleo della matematica usata nella ricostruzione. È lei la “donna dietro la scena”, oggi giovane e brillante assistente nel prestigioso MIT.

Ha messo lei sulla sua pagina Facebook, diventato oggi più veloce delle grandi agenzie di notizie, la foto dove la vediamo con aria fra il felice e lo stupito, mentre sul suo PC si sta formando quella che è da ieri la “foto del secolo”. Un'altra immagine, distribuita sul più elitario Twitter dal MIT stesso, la fa vedere praticamente sommersa dalle speciali cassette che contengono i miliardi e miliardi di byte raccolti dagli otto radiotelescopi che hanno ha partecipato all'impresa. In modo molto sagace l'ufficio stampa di MIT la paragona a un'altra importante donna dei computer che ha avuto a che fare con lo spazio, quella Margaret Hamilton che scrisse, più di 50 anni fa, il software che portò l'uomo sulla Luna. Chi ha qualche anno sulle spalle riconoscerà in quella foto la pila di stampati dei programmi sui tabulati uso lenzuolo delle stampanti di allora.

Katie e il suo team hanno lavorato sui dati presi nello stesso momento della zona di cielo che contiene il black hole nella galassia a noi vicina m87 dal complesso di 8 radiotelescopi che forma il progetto EHT che ha messo insieme nel 2017 i migliori strumenti di questo genere, dalle Hawaii, alla Sierra Nevada al deserto del Cile e poi Arizona e antartico.

Gli osservatori in questione si sono messi d'accordo per osservare nello stesso istante la sorgente in cui si sospetta da tempo ci fosse questo buco nero super, 6.5 volte miliardi di volte più massiccio del Sole, usando una lunghezza d’onda molto corta, 1,3 mm, che può passare indisturbata attraverso le nubi di polvere e gas che ci sono fra noi e il nucleo di M87.

Ogni radiotelescopio del progetto, con le sue enormi antenne paraboliche grandi fino a 64 metri di diametro, ha fatto l'osservazione nello stesso esatto momento, utilizzando una tecnica che viene chiamata VLBI, interferometria di larga base.

In pratica gli otto radiotelescopi formavano un unico strumento grande come la Terra, a patto però di sapere mettere in relazione perfetta, in termini tecnici si dice correlare, i miliardi di dati che avrebbero preso in 8 posti diversi del globo. Infatti, la fortuna aiuta gli audaci, il 5 aprile 2017, caso raro, le condizioni atmosferiche erano perfette sopra i cieli di tutti gli osservatori ingaggiati nella caccia la buco nero.

Fortuna e bravura, ogni radiotelescopio ha preso una quantità di dati impensabile, un milione didi gigabyte. E qui entra in scena Katie Bouman: i radiotelescopi non erano messi in rete e quindi tutti i dati sono stati registrati su speciale poi stati inviati su speciali cassette ad altissima velocità di registrazione a due differenti e indipendenti centri di riduzione dati che utilizzavano ovviamente lo stesso software sviluppato da Katie Bouman e il suo team, MIT e Max Planck Institute di Monaco di Baviera. Quella foto costa 50 milioni di dollari, forniti dal National Science Foundation, NSF americano, ERC Council Europeo, e varie agenzie asiatiche per il progresso scientifico e ha aperto nuovi orizzonti all'astrofisica. Chi è rimasto deluso dal fatto che è “sfuocata” adesso può ripensarci.

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