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Days Gone: motociclette, tatuaggi e la crisi di mezza età

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Days Gone: motociclette, tatuaggi e la crisi di mezza età

Hai la motocicletta, i tatuaggi, gli anelli al dito e una sensazione costante di pericolo. Sembra una delle tante derive della crisi di mezza età ma è anche l’idea di fondo di Days Gone, il nuovo gioco di “zombie” in esclusiva per Playstation 4. L’apocalisse imperversa nelle montagne dell’Oregon, sei anzi eri un motociclista aggrappato con le unghie e con i denti a ciò che resta della tua umanità e vivi, anzi ti trascini nella speranza di ritrovare Sarah, l’indiscusso amore della tua vita. Il pensiero automatico corre a The Last of Us, capolavoro assoluto classe 2013 che ha definitivamente nobilitato il genere. Ma i due giochi hanno davvero poco in comune. Deacon St. John, il protagonista ex-membro di una banda di criminale di motociclisti chiamata Mongrel Motorcycle Club è un cacciatore di taglie. È bello e dannato, un randagio senza padroni con accanto Boozer l’amico di sempre e nel cuore sempre e solo lei Sarah.

Il trailer

C’è tutta la crisi dell’uomo moderno di mezz’età in questo maschio in fuga, incattivito dalla vita che si perde nel culto della sua moticicletta sua unica e vera fonte di sopravvivenza. Come sottolinea John Garvin, writer e director del gioco dentro questo personaggio c’è però anche la “fratellanza” dei biker, un senso di amicizia profondo e cameratesco di chi condivide anche una filosofia di vita comune. C’è costante il senso di colpa per la moglie Sarah che viene affidata a elicottero per salvarle la vita. E del cui destino non si sa più nulla. E naturalmente ci sono anche gli zombie . Tecnicamente glil zombie di Days Gone non sono morti viventi ma umani trasformati in esseri bestiali . I furiosi, così sono stati chiamati, si muovono in piccoli gruppi o in orde che possono arrivare fino a 50o esemplari. Sono orridi ed emettono ripugnanti latrati. Ma non vanno confusi con i ripugnanti che invece sono umani non infetti che hanno perso la testa e ammazzano e torturano come se non ci fosse domani.

Ci sono anche altre popolazioni in Oregon e forse possiamo dire che il meglio di Days Gone è proprio la costruzione dell’ecosistema post-apocalittico che spicca per varietà e intuizioni. Meno fortunato è il comparto grafico che vorrebbe esaltare la magnificienza dei boschi dell’Oregon e invece offre l’immagine di un gioco un po’ datato nelle animazioni e nell’estetica. Dentro questo action-survival di Sie Bend Studio (sono dell’Oregon) ci troverete tante piccole cose apprezzabili come l’estetica della serie Sons of Anarchy, la brutalità di Walking Dead ma anche la profondità dei migliori open world. Peccato per qualche deja vue di troppo di Resident Evil.

Cosa ci è piaciuto. La dicotomia inquieta tra il senso costante di pericolo e la libertà dell’esplorazione in motocicletta. Correre nella polvere, tra le montagne circondatti da Furiosi rabbiosi è una esperienza liberatoria e appagante, come un gita fuoriporta in moto. Presto infatti ci accorgiamo come la moto più delle pallottele e delle mazze è fondamentale per sopravvivere. Prestissimo ci ritroveremo a prenderci cura del nostro mezzo, rendendolo più potente e più bello. Esattamente come quei quarantenni attempati che passano il loro tempo libero a lavare in modo insensato la propria auto.

Cosa non ci è piaciuto. L’intelligenza artificiale dei nemici è piuttosto imbarazzante. Ci vuole davvero pochissimo per trovare la strategia giusta per affrontare le varie missioni. Così come non sono sempre all’altezza i dialoghi. Sicuramente il doppioggio è da dimenticare.

Il consiglio: occhio alle mazze che si usurano presto e siate furtivi.

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