Mortal Kombat negli anni Novanta era una frenetica sequenza di combinazioni di tasti per arrivare al “momento” Fatality, quando il lottatore vincente si divertiva a finire il lottatore perdente con assurde mosse splatter tipo teste esplose, arti mozzati, viscere sparse. A quasi vent’anni di distanza Mortal Kombat 11 non si allontana di un passo da quell’immaginario. Anzi, rilancia, rendendo gli scontri più spettacolari, depravati e creativi.
Diciamo subito che non è il tipico picchiaduro. L'undicesimo capitolo della saga firmata da NetherRealm e pubblicata da Warner Bros. Games ha il passo del kolossal cinematografico e la sicurezza che solo i prodotti cult possiedono.
Nulla è stato abbandonato o sacrificato in nome della modernità. Mortal Kombat 11 è tradizionale, quasi classico nella profondità del gameplay. La modalità storia è quanto di meglio si è visto in questi anni per animare un picchiaduro. Nessuno si azzardi ad aspettarsi carotaggi psicoanalitici sui nostri lottatori che restano nelle battute e nel loro incedere personaggi da filmetto da B-Movie. Mortal Kombat è istituzionale. Ed è giusto così.
Cosa ci è piaciuto. Il comparto tecnico è ricco, come anche la modalità storia e il combattimento online. Convince diciamo la convinzione del marchio Mortal Kombat. Per la prima volta hai la sensazione di avere per le mani un pecchiaturo da mostrare a qualcuno di più giovane, che non ha passato come te un pezzo dell’infanzia nei coin-up da bar a picchiettare tasti e muovere joystick. Anche per questo probabilmente è davvero il capitolo migliore della saga.
Cosa non ci è piaciuto. Kronika, la nuova cattiva numero uno non sa di niente. Troppo candida, poco cattiva e per nulla splatter. E poi la progressione dei personaggi ti spinge a diventare ripetitivo. La Krypta dove puoi crescere e migliorarti è ingovernabile e spinge verso le micro-transazioni. Chiaramente c’è molto sangue, a ondate. Potevano essere più brillanti con le gag a fine incontro. Ma è soggettivo.
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