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Clima, a rischio l’indispensabile simbiosi funghi-radici delle…

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Clima, a rischio l’indispensabile simbiosi funghi-radici delle foreste

La prima mappa globale delle simbiosi nelle foreste guadagna la copertina di Nature. Dentro e intorno alle intricate radici dei suoli forestali, infatti, funghi e batteri scambiano nutrienti con le piante, in cambio di carbonio, in una sorta di vasto e diramato “mercato naturale globale”.

Con dati provenienti da oltre un milione di foreste in tutto il mondo, i risultati confermano quanto già ipotizzato in passato: ovvero che il clima, tramite la sua influenza sul processo di decomposizione, determina la distribuzione delle diverse tipologie di simbiosi.

Grazie a questo studio internazionale - coordinato dall'Università di Stanford e ha coinvolto oltre 200 scienziati di 70 centri di ricerca nel mondo (più di uno italiano, tra cui la Fondazione Edmund Mach (Fem), il Muse di Trento e l'Università di Firenze) si è scoperta una nuova regola biologica, battezzata la “regola di Read”, in onore di Sir David Read, il botanico pioniere della ricerca sulle simbiosi.

«Ci sono solo poche e ben definite tipologie di simbiosi tra alberi e microbi e il nostro lavoro mostra che queste obbediscono a chiare regole - ha detto Brian Steidinger, ricercatore post- dottorando a Stanford e primo autore del lavoro -. I nostri modelli predicono enormi cambiamenti negli stati delle simbiosi delle foreste del mondo, cambiamenti che potrebbero influenzare il clima con cui dovranno vivere i nostri nipoti».

Le analisi hanno riguardato tre delle più comuni simbiosi, di cui due tra funghi e radici (chiamate “micorrize arbuscolari” ed “ecto-micorrize”) e la terza tra batteri azoto-fissatori e le radici degli alberi. In particolare, il team internazionale ha usato i dati delle mappe per predire come le simbiosi potrebbero cambiare entro il 2070 se le attuali emissioni di carbonio continuassero inalterate. Tale scenario comporterebbe una riduzione del 10% nella biomassa delle specie di alberi associati con un particolare tipo di funghi che si trova primariamente nelle regioni fredde del pianeta.

L'Ateneo fiorentino ha preso parte alla ricerca col team del dipartimento di Scienze e tecnologie agrarie, alimentari, ambientali e forestali, coordinato da Filippo Bussotti, contribuendo con l'analisi delle 36 aree forestali permanenti presenti in Toscana nella zona delle Colline metallifere, scelte sulla base di differenti livelli di mescolanza delle varie specie arboree.

«Il nostro contributo - ha spiegato Francesco Rovero, ricercatore del dipartimento fiorentino di biologia, che ha raccolto i dati in collaborazione col Museo delle Scienze di Trento - riguarda le foreste dei Monti Udzungwa della Tanzania, dove conduciamo ricerche sulla biodiversità da molti anni. Purtroppo dati sistematici dalle foreste tropicali, che sono quelle più ricche e minacciate del pianeta sono drammaticamente scarsi e frammentati, come copertura geografica, rispetto a quelli dell'emisfero boreale, per cui rappresentano un
contributo particolarmente significativo».

La Fondazione Mach ha contribuito invece con i rilievi fatti in 10 anni di ricerca in provincia di Trento e con più di 500 rilievi in ambito forestale. Lo studio, in conclusione, potrà contribuire alla comprensione di come le relazioni simbiotiche strutturano le foreste del mondo e come potrebbero essere influenzate dall'innalzamento delle temperature.

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