Se tre indizi fanno una prova, è allora lecito affermare che i diversi indicatori dello stato di salute dell'ecosistema delle
startup e scaleup italiane (tutti o quasi positivi) lasciano pensare a un cambio di passo lungamente atteso. Nel terzo rapporto
sui Venture Capital realizzato da P101 Sgr, redatto sulla base dell'andamento degli investimenti operati nelle nuove imprese
tricolori nel 2018, emergono infatti diverse buone notizie: cresce il volume dei finanziamenti, aumenta il valore medio delle
operazioni e il numero delle exit, il tutto condito dalla maggiore propensione delle startup verso l'espansione a livello
internazionale. Vediamo il dettaglio.
Sfondato il muro dei 600 milioni
Nel corso dei passati dodici mesi, poco meno di 180 aziende hanno ufficializzato round per 480 milioni di euro, per un totale
di oltre 633 milioni raccolti dall'inizio della loro operatività. Il tasso di crescita rispetto all'anno precedente è del
261% (nel 2017 una cinquantina fra start e scaleup ha raccolto complessivamente 144 milioni). Sul fronte dei VC, il dato che
conforta maggiormente è il loro ritorno all'operatività rispetto all'anno precedente, reso possibile dalla raccolta andata
a buon fine per i nuovi veicoli lanciati da attori come la stessa P101 (con Programma 102, che ha già finalizzato investimenti
in Colvin, e-commerce di fiori, Projects Co-Living, immobili in sharing e Wonderflow, analisi dei Big Data) o United Ventures
(con il fondo Uv2).
Brilla la stella del fintech
Dicevamo della dimensione dei deal, parametro non meno importante del volume totale dei finanziamenti per misurare il grado
di interesse degli investitori istituzionali nelle nuove imprese. Le startup e scaleup che hanno annunciato round superiori
ai tre milioni di euro sono 31 (e 12 le operazioni da oltre 10 milioni), per un totale di otre 408 milioni raccolti, un valore
più che triplicato rispetto al 2017. Pesa enormemente, in questo conteggio, il settore fintech: Moneyfarm e compagnia hanno
rastrellato più di 200 milioni e anche in questo caso sono state diverse le operazioni chiuse con investimenti compresi fra
uno e tre milioni di euro. La capacità di attrarre VC e finanziatori, che si sono affiancati ai fondi italiani già presenti
nel capitale di diverse startup, e l'aumento del numero di exit sono le ultime note positive evidenziate dal rapporto, e per
certi versi anche le più promettente in prospettiva, se guardiamo alla crescita dimensionale e all'espansione sul mercato
globale delle nuove imprese e all'interesse dimostrato da soggetti industriali internazionali.
Il cambio di passo e le misure della Legge di Bilancio 2019
Andrea Di Camillo, Managing Partner di P101, ha parlato addirittura di “anno che ha segnato il giro di boa per il venture
capital italiano” riferendosi al 2018. Visione oltremodo ottimistica? Forse, ma fondata su elementi oggettivi, dai volumi
di finanziamento decisamente più robusti rispetto al 2017 al mix di fattori che dovrebbero ulteriormente supportare la crescita
degli investimenti nelle startup innovative per il 2019. Le misure contenute nella legge di Bilancio, secondo Di Camillo,
sono il crocevia per il cambio di passo. Qualche incertezza, nonostante i decreti attuativi, rimane ma sulla carta i presupposti
per dare nuovo abbrivio ai venture capital italiani ci sono, dall'obbligo per i gestori dei Pir (che hanno raccolto in due
anni circa 20 miliardi di euro di capitali privati) a investire il 3,5% del proprio paniere in fondi di VC alle detrazioni
previste per i soggetti che investono nelle startup e nelle Pmi innovative e per le aziende che ne rilevano il 100% del capitale
fino al varo del Fondo Nazionale Innovazione, che dovrebbe garantire almeno un miliardo di euro in tre anni di fondi pubblici
ai venture capital. Se poi, in fondo al cammino, si realizzerà o meno quella “smart nation” che, negli intenti dell'attuale
esecutivo, dovrà abilitare investimenti ad alto moltiplicatore occupazionale, lo vedremo fra un pò.
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