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«Lo smartphone ci apre le porte dell'intelligence machine»

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«Lo smartphone ci apre le porte dell'intelligence machine»

È un personaggio con la “p” maiuscola, un visionario e, a detta dei manager che con lui ci lavorano da anni, anche un grandissimo motivatore, un maestro di cultura aziendale. Un top manager atipico, che rifiuta le etichette e che (aneddoto curioso ma vero) si accontenta di alloggiare in camere d'albergo “normali” quando viaggia, senza pretese da super uomo. Eppure Jonney Shih è dal 2003 il Presidente di Asus (fino al 2007 ha ricoperto anche la carica di Ceo), il capo carismatico, l'anima innovatrice di un'azienda che veleggia sul podio mondiale nel mercato delle schede madri e dei notebook di classe consumer. Per chi si ricorda del fenomeno netbook, i mini pc portatili che per anni hanno dominato la scena del computing in mobilità prima dell'avvento dell'iPad e del boom dei tablet, Shih è colui che ha dato vita nel 2006 all'Eee Pc, un prodotto divenuto icona in quel periodo.

L'AI al servizio di una user experience completa
Lo abbiamo incontrato, prima che scoppiasse il caso Huawei-Google, in occasione del lancio dello Zenfone 6, l'ultimo nato della collana di smartphone Asus, cercando di capire da lui cosa aspettarci dal futuro prossimo in campo smartphone. E subito Shih ci ha portato nel mondo dell'intelligence machine: «Lo smartphone è una macchina e diventerà il dispositivo più importante nell'era del cloud e dell'intelligenza artificiale, del machine learning e del 3D sensing». Una sparata? No, nel modo più assoluto. E non parliamo di intelligenza applicata solo alla fotocamera dello smartphone ma all'esperienza utente nel suo complesso. Basta del resto leggere uno stralcio della sua biografia per scoprire che, grazie alle sue intuizioni, l'azienda taiwanese lanciava nel 2016 il robot domestico Zenbo, un primo passo verso la realizzazione della sua visione di rendere l'informatica robotica qualcosa di accessibile per ogni famiglia. La filosofia alla base della famiglia Zenfone è un po' la stessa, e cioè quella di prodotti dotati di funzionalità in grado di offrire ai consumatori un “lusso potenziante”, di portare innovazione rispondendo alle esigenze più sentite dagli utenti. Lo Zenfone 6, con la sua fotocamera “ribaltabile” con sensore da 48 megapixel e la batteria monstre da 5.000 mAh che promette due giorni di autonomia, risponde per l'appunto a questo modo di “fare” tecnologia. Quando Shih ci dice che il focus di Asus è “l'innovazione e non il mass market” è quindi credibile, perché rispecchia l'identità di un'azienda che si smarca decisamente dall'approccio ambizioso cinese e che ha costruito il suo successo anche grazie allo strettissimo legame coltivato negli anni con le varie Intel e Microsoft e, più di recente, con Qualcomm e Google.

Focus sui gaming phone
I numeri sono ovviamente importanti ma – come ci ha confermato anche Fabio Capocchi, General Manager Mobile a livello Emea della società – l'obiettivo di Asus «non è mai stato quello di raggiungere una certa market share o di diventare i numeri uno. Puntiamo a un business sostenibile, a crescere solo in modo organico, pur avendo la disponibilità economica di fare acquisizioni. È un percorso difficile ma è questa la nostra strategia, che dall'anno scorso interessa anche i telefoni». A differenza di altri vendor, o probabilmente meglio di altri vendor, Asus ha infatti abbandonato la ricerca dei volumi (l'obiettivo del 4% del mercato non era più sostenuto dalle economie di scala) per focalizzarsi sul prodotto, e quindi materiali, design e funzionalità per renderli “unici”, tecnologicamente avanzati e alla portata di tutti. Il fatto che il comparto degli smartphone conosca al momento una fase di leggera flessione non spaventa l'azienda taiwanese. «Il calo di vendite – inquadra così lo scenario Capocchi – è dovuto sostanzialmente all'allungamento del ciclo di vita del prodotto, che ha conosciuto in questi ultimi tempi innovazioni soprattutto di ordine incrementale, a livello di memoria, processore, sistema operativo e comparto fotografico».
Per i foldable c'è tempo
In questo scenario l'idea di Asus è di battere due strade, quella degli smartphone pensati specificatamente per il gaming (segmento che, secondo il manager italiano, potrebbe presto pesare a livello mondiale fino al 3% delle vendite totali di telefonini intelligenti) con il marchio Rog e quella dei cosiddetti “power user” con il brand Zenfone, puntando su dispositivi con caratteristiche distintive (come la presenza del jack audio o dello slot 3 in 1 per alloggiare due Sim card e una scheda di memoria Sd) a listino fra i 500 e i 550 euro. Per i pieghevoli, invece, c'è tempo. «Quella dei foldable – conclude infatti Capocchi – è una tecnologia molto complessa da sviluppare, ma comunque percorribile. Per alcuni vendor è un modo di mostrare i muscoli e intercettare una nicchia di utenza. Noi, oggi, abbiamo altre priorità: quando questo ecosistema si dimostrerà maturo ci saremo». Asus parte in ogni caso da un presupposto: le dimensioni non potranno essere quelle degli smartphone pieghevoli attuali, giudicate eccessive. L'obiettivo è quello di completare l'esercizio riuscito con gli attuali apparecchi da 6,4 pollici, che offrono una superficie di schermo utilizzabile superiore del 25% rispetto ai modelli con una diagonale inferiore precedenti, ma senza aver aumentato l'ingombro. Innovazione a prova di tasca, insomma.

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