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Nel Tirreno a bordo delle "aragostiere"

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Idee & Luoghi

Nel Tirreno a bordo delle "aragostiere"

Lunch a bordo di una "pilotina" trasformata in barca da turismo
Lunch a bordo di una "pilotina" trasformata in barca da turismo


Lance, tartane, guzzette, leudi, spagnolette e gozzi per la pesca delle aragoste. Sono le barche della tradizione, quelle con cui per secoli i sardi hanno navigato, pescato, vissuto. Tutte in pieno spolvero grazie soprattutto a una regata mito, quella dedicata da Stintino ogni fine agosto alle vele latine, le barche in legno con enormi tele triangolari sostenute da un picco. Nuove regine di un mare più romantico. E più vero.

Sul gozzo ma comodi
Le loro sono storie come quella di Francesca, aragostiera di 12,50 metri realizzata nel 1962 ad Alghero dal maestro d'ascia Giuseppe Feniello e ribattezzata dopo lunghi restauri Asinara Libera. Nel suo palmarès ha più di una vittoria conseguita nelle acque di Stintino, ma oggi la vecchia barca da pesca alterna le sue partecipazioni alle regate con l'attività di charter tra le cale più inaccessibili delle minuscole isole dell'arcipelago della Maddalena. Disponibile per il charter anche Maria, più anziana di una sessantina d'anni: un gozzo varato a Carloforte nel 1899 e utilizzato durante la Seconda guerra mondiale per il contrabbando di formaggi, poi per il trasporto di sabbia e pietre per la costruzione del porto di Cagliari.

Direzione Caprera
Antiche barche da lavoro nella loro nuova dimensione più turistica, i gozzi non rinnegano comunque le radici, e se gli capita di issare a bordo un'aragosta o una corvina, i loro equipaggi la cucineranno alla carlofortina, come accade sul ponte della Lybra, 11 metri a vela latina costruito nel 1958. Sulla scia della new wave della navigazione silenziosa dal sapore di antica marineria, rinasce anche l'attività dei maestri d'ascia. Ci sono loro dietro la silhouette della piccola carlofortina varata col nome di Mastro d'Ascia Angiulin: 9,35 metri, copia delle fregatine di fine Ottocento usate per il trasporto di merci verso la Corsica. Il suo armatore, Enzo Dongu, la affitta tra Budelli e Santa Maria sulle rotte di Caprera.

Ritorno all'Asinara
A poche miglia dall'arcipelago della Maddalena lo scenario sembra cambiare totalmente. Le rocce di granito dell'isola dell'Asinara, a nordovest della Sardegna, sono il simbolo di una natura che ha preso il sopravvento sull'uomo. Ora che l'ex Alcatraz italiano è stato chiuso, del famoso penitenziario non resta alcun segno se non gli edifici vuoti delle carceri. Un destino triste quello di quest'isola invasa dai pirati nel XVI secolo e poi tagliata fuori dal mondo quando fu scelta come colonia penale. È proprio grazie al secolare isolamento che l'Asinara si può proporre oggi come il simbolo della lotta al degrado delle coste e dell'ambiente sardo. Solo qui cavalli selvatici, asinelli bianchi, mufloni, conigli, gabbiani, possono vivere come indisturbati padroni del territorio. Solo qui la macchia mediterranea è ancora fitta e onnipresente come una soffice coperta.

Pochi charter ma buoni
L'unico angolo dell'isola vagamente paragonabile a un minuscolo centro urbano si trova a Cala d'Olivo, a est della costa che guarda verso Palau. È qui che i pochi charter autorizzati a navigare nel parco sostano durante la notte ancorati ai gavitelli. Giovanni Zura, skipper e titolare di Asinara Yachting, conosce ogni angolo dell'isola, che batte da Stintino a Punta Scorno con la sua barca a vela Bavaria Cruising da 42 piedi, battezzato Luna Piena. Per un day-cruising tra l'Asinara e la vicina isoletta di Piana, filando il bolentino, c'è anche il charter Speed Sardegna con barche Jeanneau tra 11 e 12 metri, come Nausicaa. Qui lo skipper Gianfranco Cuccu trasforma il pozzetto in un piccolo e magico ristorante con les pieds dans l'eau.


Il faro di Arbatax
Nei pressi del porto di Arbatax, col faro bianco che contrasta col rosso del porfido delle scogliere, si aprono, a ogni insenatura, lingue di spiagge bianche di sabbia calcarea come la baia di Porto Frailis, riparata dagli scogli e dai venti. A nordest il profilo dell'isolotto di Ogliastra, davanti alla spiaggia di Lotzorai, si annuncia con il profumo intenso del mirto rosso e il volo raso dei gabbiani corsi. Tra le alte scogliere, è possibile trovare facili ancoraggi prima di riprendere la navigazione verso il marina di Santa Maria Navarrese.

A casa della foca monaca
Doppiato il promontorio di Monte Santu, si inseguono piccoli fiordi tanto spettacolari quanto improbabili per un approdo. Meglio tirare dritto per 10 miglia sino al porto di Cala Gonone perché da qui si scopre la Sardegna più caraibica, come Cala Goloritzè, Cala Mariolu, Cala Biriola e Cala Luna. Lo scenario è surreale. Tra le anse ruvide degli strapiombi a mare si cela l'ingresso della grotta del Bue Marino, habitat naturale di alcuni esemplari di foca monaca. Per navigare lungo la costa est, Velamarearbatax noleggia Mareluna, un Bavaria 40 del 2002, e un Oceanis 47, ma anche gommoni dai 5 agli 8 metri per raggiungere le spiagge più inaccessibili.

San Pietro, la sesta
La costa sudoccidentale sembra rimasta sospesa nel tempo. Qui c'è l'isola di San Pietro, sesta isola italiana per grandezza, il cui unico centro abitato è Carloforte. L'ultima tonnara rimasta attiva è oggi di proprietà di liguri che esportano quasi tutto in Giappone, ma nelle pescherie de U Pàize (il nome dialettale dell'isola) da aprile a luglio si trovano ancora facilmente musciame e bottarga. Carloforte Sail Charter ha qui la sua base nautica, con una flotta di 12 Bénéteau Oceanis dai 9 ai 15 metri che noleggia con o senza skipper, come il 14 metri Al Nair. Poi, navigando verso sudest, nel ridosso di Cala Vinagra, c'è ancora il tempo di una sosta prima di muoversi verso Cala Fico e Capo Sandalo, chiuse tra calanque di basalto a picco sul mare.

Per saperne di più e per organizzare il vostro viaggio, consultate la pagina degli indirizzi

C'è vela per tutti: dal gozzo al charter

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