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Martinica, l'isola dei veri famosi

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Martinica, l'isola dei veri famosi

Veduta delle Trois Ilets (foto Robert Fried / Alamy)
Veduta delle Trois Ilets (foto Robert Fried / Alamy)

Ci si può ancora emozionare per una spiaggia. Al Sud della Martinica ho visto l'incanto delle sabbie dorate a Les Salines in un parco naturale privo di insediamenti. Ho visto le spiagge di piccoli villaggi come Diamant o Anse d'Arlet che conservano la loro autenticità. Ma mi sono emozionato di più per un suo aspetto meno noto: la grande ricchezza della sua storia. Basta girare l'isola per imbattersi in testimonianze sorprendenti. I francesi iniziarono a colonizzarla nel Seicento e la arricchirono di castelli, forti, chiese, piantagioni di canna da zucchero, ville coloniali e persino teatri. Questo già prima che in Martinica nascesse una donna con un grande destino, Marie-Joséphe-Rose de Tascher de la Pagerie, che nel 1796 sposò Napoleone Bonaparte diventando imperatrice dei francesi. Oggi a Trois-Îlets, il suo villaggio natale, c'è un piccolo museo a lei dedicato con carte originali e altri documenti. Ma più interessanti sono i resti dello zuccherificio di famiglia all'esterno del museo. Un esempio notevole di archeologia industriale tra le palme. Tuttavia, qui Joséphine non è amata. Al centro del capoluogo Fort-de-France il suo monumento è stato decapitato nel 1991 e la testa non è mai stata ripristinata. I martinicani, quasi tutti figli di schiavi, non dimenticano che Joséphine è sospettata di aver spinto il marito a reintrodurre la schiavitù nelle Antille dopo che la Rivoluzione l'aveva abolita.

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Altro centro affascinante, Saint-Pierre. Nell'Ottocento la città aveva raggiunto un tale splendore da venire chiamata la Parigi dei Caraibi. Era dotata di un porto molto attivo, una cattedrale, un lussuoso teatro, ville coloniali sontuose. Ma l'8 maggio 1902 il vulcano che sovrasta Saint-Pierre, il Mont Pelée, esplose seppellendo la città sotto uno strato di cenere ardente e massi infuocati. Si parla di trentamila morti. Si salvò un solo abitante, grazie a un delitto che lo aveva portato tra le mura più sicure della città, quelle della prigione. Il suo nome era Louis Cyparis, e la sua storia fece il giro del mondo. Arrivò il Circo Barnum a offrirgli un contratto e Cyparis si trovò a passare da galeotto a star dello spettacolo. Poi venne licenziato e dopo una vita vagabonda morì in miseria a Panama City. Da Parigi dei Caraibi, Saint-Pierre si trovò a diventare la Pompei dei Caraibi. In parte venne ricostruita, e oggi questo intreccio tra vita attiva e rovine storiche costituisce il fascino misterioso della città. Si possono visitare i resti del teatro e le rovine del carcere, dove è rimasta la famosa cella di Cyparis. La cattedrale, ricostruita, oggi mantiene ancora una sua imponenza. C'è un Musée Vulcanologique, dove oltre alle foto che testimoniano la città prima e dopo la catastrofe, si possono vedere oggetti sopravvissuti, come una campana della cattedrale totalmente appiattita, vasi e bicchieri deformati dal fuoco, piatti con pietanze carbonizzate, giocattoli sciolti. Il fascino di Saint-Pierre non è solo nei resti archeologici dell'eruzione.

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La città ha una bellezza paesaggistica singolare. A cominciare dal vulcano che la domina, oggi una tranquilla montagna verde di 1300 metri d'altezza che ha sempre la testa tra le nuvole. Allungata sul mare, Saint-Pierre si estende per un paio di chilometri lungo la spiaggia. Poco più a sud si apre la baia di Anse Turin, una spiaggia bordata di palme con un passato storico molto rilevante per gli appassionati di arte. Qui, nel 1887, per pochi mesi visse e dipinse Paul Gauguin. Arrivò in Martinica con il suo amico pittore Charles Laval. Era la prima grande fuga. Ad Anse Turin abitavano in una capanna. Su queste spiagge avvenne il distacco dall'Impressionismo, e l'elaborazione di un suo alfabeto personale è già visibile nel quadro più famoso che dipinse qui, Alberi e figure sulla spiaggia. Qui si trova oggi un Museo Paul Gauguin, che espone però solo copie dei suoi quadri. Ma la costruzione è comunque un modo civile di ricordare un passaggio tanto importante. Mentre non c'è nulla che ricordi il passaggio di Lafcadio Hearn, scrittore misterioso e stravagante che visse due anni a Saint-Pierre. Oggi la città ha un solo albergo, il Villa Saint-Pierre (108 rue Bouillé, tel. 00596.786845, doppia da 120 euro): delizioso, pochissime camere con balconcini che danno sulla spiaggia. Recentemente, un progetto di rinascita della città è stato affidato a Patrick Chamoiseau, lo scrittore più importante della Martinica, prix Goncourt nel 1992 con Texaco, che vorrebbe farne un grande centro culturale. L'ho incontrato a Saint-Pierre e gli ho augurato di far tornare questa città la Parigi dei Caraibi.

(Ambrogio Borsani ha trascorso un periodo in Martinica. Sta scrivendo un libro sui personaggi che ci sono vissuti o passati, da Conrad a Breton, ad Adele Hugo. Uscirà in primavera dalle edizioni Archinto).

19 gennaio 2012



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