In Italia la situazione dei crediti deteriorati è seria ma non grave, si potrebbe arguire capovolgendo un noto aforisma di Ennio Flaiano. O comunque è gestibile, come ha voluto ripetere l’altroieri il governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco. E ulteriore conferma arriva da alcune simulazioni effettuate da Prometeia per Il Sole, che - calcolando una cessione a prezzi “ragionevoli” - evidenziano fabbisogni di capitale nella maggior parte dei casi gestibili internamente dalle banche, senza dover ricorrere al mercato.
Come noto, il mercato dei fondi oggi tende a offrire il 20% per le sofferenze, la parte più “cattiva” dei crediti deteriorati, che sono mediamente a bilancio per il 42,3% del loro valore nominale. Più che a una valutazione del valore effettivo dei crediti con annesse garanzie, dietro al prezzo applicato dai fondi non c’è un’attesa di rendimento (tecnicamente Irr, Internal rate of return) pari al 15% nel caso delle tranche junior delle cartolarizzazioni, un tasso che impone - si veda il grafico accanto - un prezzo di acquisto degli Npl pari al 22,5% del valore nominale, che sale al 23,4% con l’utilizzo della Gacs. Tanto più scende il ritorno atteso, tanto più sale il prezzo di acquisto: per arrivare al 40%, vicino ai valori di libro delle banche, ci si deve accontentare del 2%, per un compromesso del 34,7% «si ottiene, con le Gacs, un Irr del 6%», fa notare Giuseppe Lusignani, vice presidente della società di consulenza Prometeia.
Se dalla teoria si passa alla pratica, e cioè agli Npl delle banche italiane proprio ora che Atlante sta preparando a scendere in campo, si evince che «le principali banche italiane potrebbero smobilizzare 50 miliardi di sofferenze nette senza dover ricorrere ad alcun aumento di capitale», spiega ancora Lusignani. Acquistando 50 miliardi al 30% del nominale, si dovrebbero sborsare 15 miliardi, ma «contabilizzando le Gacs e la possibilità di costruire una tranche senior al 60% e una mezzanina al 22%, il contributo in equity da parte dell’acquirente sarebbe limitato al 18%, cioè 2,9 miliardi», osserva Lusignani. In teoria, un’operazione di questo genere potrebbe veder soddisfatte sia le banche che il fondo: le prime perché sarebbero costrette ad affrontare svalutazioni dal 40 al 30%, pari a soli 5 miliardi (gestibili con gli attuali buffer di capitale di cui dispongono), mentre il secondo si garantirebbe un rendimento pari al 6% annuo, che peraltro è esattamente quello promesso da Quaestio Sgr ai sottoscrittori di Atlante.
Non a caso, il fondo guidato da Alessandro Penati è al centro delle manovre. Basterà, da solo, ad alzare i prezzi di mercato degli Npl? «Probabilmente no - ragiona Lusignani -, perché i fondi continueranno ad avere altre attese di rendimento e quindi a proporre altri prezzi. Ma una grande operazione di cessione effettuata a prezzi vicini al 30-35% consentirà di agire progressivamente sul resto dello stock, peraltro utilizzando anche la redditività attesa». Non solo: «In ballo, c’èla possibilità di costruire una nuova asset class, con titoli differenziati per rischi e rendimenti, capaci di attirare investitori diversi, e non solo domestici».
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