Il Cervino è un'icona stampata nella memoria di ognuno. Non si sa con certezza, la Paramount non lo ha mai confermato. Ma il logo della casa cinematografica che apre la scena sui suoi film hollywoodiani ce lo ricorda ogni volta. Essere qui, al suo cospetto, è emozionante. Questa montagna emana un magnetismo, un'energia che non può lasciare indifferenti, se solo ne si conosce un po' la storia. Una piramide grigia, alta, imponente. La Gran Becca, arcigna e madre allo stesso tempo, racconta storie di imprese alpinistiche sui cui si è tanto scritto, sognato, visto.
La stagione dello sci invernale sta per cominciare. Gli impianti sono ancora chiusi e apriranno tra qualche giorno. Ma la neve c'è già. C'è quasi sempre neve qui. Saliamo da Breuil-Cervinia verso il Plateau Rosa, per la prima dell'anno, con gli sci d'alpinismo e le pelli ai piedi, accompagnati da Hervé Barmasse, tra i più forti alpinisti in attività. Reinhold Messner tempo fa ha detto che pensava che l'alpinismo vero, tradizionale, quello che è capace di affrontare i limiti ma anche di accettare le sconfitte non esistesse più. Hervé, secondo il celebre scalatore altoatesino, dopo Bonatti e lui stesso, rappresenta un punto di riferimento: “Giovani come lui difendono i valori veri dell'alpinismo”. Avventura, rischio, limite, la ricerca di nuove vie da scalare, e ascensioni solitarie. Dove non è il numero degli 8mila fatti a caratterizzare il “palmares”, ma il come queste sfide vengono portate a termine.
L'avventura può esserci anche vicino casa, sulle Alpi. Sul Cervino ci sono diverse vie che hanno il nome Barmasse. Di Hervé, che qualche anno fa in invernale fece tutte le 4 ascensioni concatenate dei 4 versanti della Gran Becca in 17 ore. E di suo padre Marco, che quest'anno festeggia i 50 anni da guida alpina, e che ci accompagna anche lui oggi. Chiude il gruppo degli skialper, ad aspettare i più incerti, in questo giro con gli sci ai piedi e gli occhi pieni di montagna.
I Barmasse sono guide alpine da quattro generazioni. “Uno che nasce ai piedi del Cervino – scrive Hervé nel suo libro “La Montagna dentro” - ha solo due strade davanti a sé: salire in montagna o scendere a valle. Non c'è una terza via, e non funziona mai. Chi sale è un montanaro come i suoi simili, chi scende è un valligiano in fuga, per me un avventuriero, per altri un traditore. Bisogna comunque scegliere”. Lui ha scelto di salire. C'è sempre più gente che va con gli sci d'alpinismo. Che ama salire e scendere con gli skialp e le pelli. Ama far fatica, ama la montagna. Ma non vuole rischiare la vita sciando fuori pista con il rischio di valanghe sempre in agguato. E lo fa sulle piste, salendo di lato. Al mattino presto. O di notte, a impianti chiusi. In Italia però si viola la legge a salire con gli sci e le pelli sulle piste battute, non c'è una normativa che regolamenta tale attività. Ognuno fa come vuole. Ci sono zone dove si è più sensibili, altre dove c'è tolleranza zero. Comprensori come questo di Breuil-Cervinia Valtournenche dove hanno previsto dei percorsi permanenti per la salita con gli sci e le pelli accanto alle piste. C'è un progetto di legge per regolamentare l'attività di chi ama salire le montagne con gli sci dimenticato in qualche cassetto di Montecitorio. Certo che fa impressione vedere alla sera o al mattino presto, il numero di persone che scelgono di passare da modalità sci da discesa a ski alper. Aiuta molto la tecnologia perché i nuovi attrezzi, con l'invenzione dell'”attacchino”, sono davvero leggeri. E poi accanto alla modalità touring, di chi ama come me salire al suo ritmo, si è sviluppata negli ultimi anni la pratica sportiva, come è per il trail running, la corsa in montagna. Ci sono gare tiratissime, campionati del mondo. Atleti che fanno prestazioni incredibili con gli sci: salgono di corsa, a dei ritmi forsennati, come se non avessero gli sci ai piedi; e scendono a tutta velocità, dritti dritti, senza curvare mai.
Stamattina mentre risaliamo la pista che da Cervinia va a Plain Maison incontriamo i ragazzi e le ragazze della nazionale francese di sci alpinismo che si stanno allenando qui in questi giorni. Ci passano a doppia velocità e ci salutano. Noi andiamo avanti in modalità touring. Hervé apre il gruppo e Marco fa da scopa. Ogni tanto ci si ferma a prender fiato. Basta alzare gli occhi, riempirsi i polmoni e ti senti in paradiso. Dopo un paio di ore arriviamo alla nostra destinazione, Plain Maison. C'è un forte vento e la temperatura è scesa sotto lo zero, quella percepita è più bassa. Hervé ci spiega e ci fa vedere come si cercano le persone sotto le valanghe. Tutti indossiamo un Artva Ortovox. Un dispositivo elettronico che serve per trovare e farsi trovare in caso di valanga. Proviamo con il suo aiuto a simulare un soccorso. Un Artva nascosto da qualche parte sotto la neve e noi a cercare di trovarlo nel minore tempo possibile. Bisogna provare per capire.
Il tempo è fondamentale e la possibilità di salvare qualcuno in caso di valanghe è legata alla rapidità dei soccorsi. Dalle statistiche, una persona riesce a sopravvivere sepolta dalla neve per 15 minuti. Per cui: bisogna fare presto. Ma non è facile come dirlo. A partire dalla sonda, un lungo tubo in acciaio ripiegato nello zaino, che va montato per cercare nella neve: c'è una tecnica precisa per farlo in pochi secondi e le guide alpine lo sanno bene. Hervé ci mostra come si fa. Poi c'è la pala da montare. E quindi l'Artva da mettere in modalità ricerca. Intanto sono passati già un paio di minuti. Decisamente troppo. L'apparecchio ha dei numeri che diminuiscono quando ci si avvicina alla zona dove c'è l'altro Artva sepolto nella neve, e delle frecce che aiutano a trovare la giusta direzione insieme a un suono, un bip, che diventa via via più frequente fino a diventare un suono continuo quando si individua “il nostro compagno sotto la neve”. Trovato. A questo punto si usa la sonda. E una volta che si “tocca il duro” si scava per sperare di fare in tempo. E' fondamentale usare questo tipo di attrezzatura bene, quando si decide di sciare fuori dalle piste. Sono sempre più frequenti i casi di persone che finiscono malauguratamente sotto le valanghe, ci racconta Barmasse. E la possibilità di salvarle non è molto alta, proprio perché legata alla possibilità che i compagni più vicini riescano a trovare il malcapitato: i soccorsi da valle, con l'elicottero e le guide, per quanto veloci, è difficile che riescano a essere nella zona dell'incidente entro i 15 minuti.
La giornata di sci alpinismo e di lezione di sicurezza finisce - come è giusto da queste parti - con i piedi sotto al tavolo. Ci fermiamo a mangiare polenta e minestrone, qualcosa di caldo, con dell'ottimo vino valdostano e un'allegra compagnia, al rifugio accanto al Plateau Rosa. Gli impianti del Cervino Ski Paradise aprono tra qualche giorno e resteranno aperti sino al 6 maggio 2018. Un comprensorio enorme, tra Italia e Svizzera: Breuil-Cervinia, Valtournenche e Zermatt. Chilometri e chilometri di bianco. Con le perle di Chamois, il borgo senza auto, che si raggiunge solo con gli sci ai piedi o con la funivia, e Torgnon, “pays de soleil”, il paese del sole, che sovrasta le vallate. Qui ci sarà molta più gente di oggi. Tolte le pelli dagli sci è arrivato il momento di sciare all'ingiù. Riscendiamo sulle piste dunque, dal Theodulpass, con sempre il Matterhorn, il Cervino, che ci segue con la sua bellezza, e incombe su di noi poveri piccoli sciatori che gli giriamo attorno, giù giù fino a valle, alle case alte di Cervinia e al suo tepore invernale. Con una sosta prima di sera, magari, nella spa al Saint Hubertus. La città e la sua frenesia sono decisamente lontane da qui.
L'autore è stato ospite del comprensorio Breuil-Cervinia Valtournence
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