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Firenze e Zeffirelli: storia di una città

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RINASCIMENTO FIORENTINO

Firenze e Zeffirelli: storia di una città

Fondazione Zeffirelli
Fondazione Zeffirelli

A sentire i fiorentini, a Firenze non succede mai niente. Al contrario, se non ci abiti, sembra che la città sia in perpetuo fermento. A parte i nuovi ristoranti e alberghi che aprono per accogliere i sempre più numerosi turisti (negli ultimi anni si parla di una crescita fissa a due cifre), anche lo scenario della cultura è in evoluzione. Un esempio è l'inaugurazione avvenuta nell’ ottobre scorso della Fondazione Franco Zeffirelli nell'ex Tribunale, in piazza San Firenze, dove sono esposte foto, modellini, costumi di scena, e soprattutto bozzetti che ripercorrono tutta l'opera di uno dei più proliferi registi italiani, rivelando inoltre un abilissimo disegnatore, capace di utilizzare qualunque tecnica.

Ad accompagnarci in questo straordinario viaggio visivo nella carriera di Zeffirelli è il figlio adottivo e suo aiuto regista Pippo Zeffirelli. «Una delle cose più curiose esposte in queste sale sono i bozzetti dell'Inferno, progetto di un film mai realizzato ideato nel 1972, rimasto per anni in una cartelletta in una libreria della villa-studio sulla via Appia, a Roma. Quando abbiamo fatto i sopralluoghi nel Tribunale, il Maestro ha scelto subito dove e come allestirla. Ha deciso di ingrandire i bozzetti originali e di colorarli. Ma non era in grado di farlo da solo, perciò abbiamo affidato il lavoro a un giovane informatico che, con Zeffirelli seduto di fianco, colorava su sua indicazione. L'Inferno era un bel progetto di film, con Dustin Hoffman come Dante. Ma il produttore ha avuto dei problemi». Per fortuna questo incidente non ha scoraggiato, né rallentato l'immensa produzione di opere che invece sono entrate nella storia dello spettacolo del Novecento.

Basti pensare a Gesù di Nazareth, il primo film a colori per la tv: «quella volta, molta gente ha comprato il televisore nuovo apposta!». E tutta la produzione è documentata con emozionanti foto di scena. «La Fondazione è nata per dare una casa a una collezione di 400 bozzetti e a una biblioteca valutati 140 milioni. È un patrimonio che Zeffirelli ha donato alla sua città. Ciononostante non è stato facile trovare i fondi per gestirlo, e ci ha investito personalmente. Ha scelto lui lo spazio e la disposizione di ogni stanza, ma poi la sua salute è peggiorata e non ha potuto occuparsene più, né venire all'inaugurazione. Ma noi abbiamo seguito tutte le sue indicazioni». Il percorso della mostra è cronologico, con qualche adattamento tematico e una divisione tra teatro e cinema.

Il teatro

Man mano che si passa da una stanza all'altra ci si rende conto che Zeffirelli era soprattutto un disegnatore straordinario, capace di usare qualunque tecnica, dal collage alla pittura, all'olio, all'acquarello, alla matita, alla china. Lo stile cambiava, seguiva il gusto dell'epoca, e alla fine rivela una versatilità artistica unica. «Non si ripeteva mai», racconta il figlio. «Nel preparare i bozzetti scenografici, organizzava già la regia. Perciò quando arrivava in teatro, sapeva perfettamente come muovere gli attori e le comparse. Il bozzetto rappresenta l'elaborazione complessa e totale di ogni suo spettacolo».

Zeffirelli amava Verdi e Puccini.

Ha fatto tante Traviate e tante “Bohème”, ma un solo Don Giovanni, l'unica opera di Mozart che gli piacesse. E i bozzetti della rappresentazione all'Arena di Verona si vedono lungo il percorso della visita. Si passa davanti alla “Città Morta” di D'Annunzio messa in scena al Vittoriale, ai “Pagliacci” del Metropolitan e all'ultima versione che è andata in scena in Oman nel gennaio 2018. Nelle sale sono appese le foto con Maria Callas, Arthur Miller, la sua compagnia di Teatro, Anna Magnani....ha lavorato con i maggiori talenti del secolo scorso. «Disegnava i personaggi come se li immaginava, fino ai minimi dettagli, compresi trucco, parrucco e costumi. E voleva tutto com'era stato disegnato. Perciò le produzioni costavano tanto. Ma duravano nel tempo. Ci sono spettacoli che vanno in giro da 50 anni. Anche di mostre ne abbiamo fatte tante, ma sempre con pochi pezzi. Ma nessuna è completa come quella in Fondazione: c'è tutta la sua opera, con 300 pezzi esposti su 400 che ne abbiamo».

Il cinema

La parte cinematografica è altrettanto esaustiva. Di film Zeffirelli ne ha fatti tanti: “La Lupa” con Anna Magnani, “La Bisbetica domata” con Liz Taylor e Richard Burton, che lo ha lanciato nel cinema internazionale, “Romeo e Giulietta” che lo ha trasformato in un regista di Hollywood. «Non accettava proposte, era lui a decidere cosa avrebbe fatto e ha detto di no alla Paramount per dirigere “il Padrino”». Non c'è musica di accompagnamento alla visita, e non ci sono video. Ma, garantisce Pippo Zeffirelli, le persone si appassionano a leggere le didascalie. Però, c'è una piccola sala d'ascolto con qualche sedia. A parte la sala immersiva dell'Inferno, è tutto minimalista, fin troppo in un'epoca di musei interattivi. «Se mi dà un milione di euro, li aggiungo subito gli effetti speciali!».

Pippo passa tutte le sue giornate alla Fondazione, a parte un giorno alla settimana per andare a trovare il padre adottivo a Roma. Ma nelle sale dell'ex Tribunale fiorentino è come stare sempre con lui, con i suoi successi e il suo lato eterno. La mostra finisce con qualche foto di scena di “Un tè con Mussolini” che è la biografia di Zeffirelli bambino. Un ultimo invito a rivedere come e dove è iniziato il talento di uno dei maggiori registi italiani, che dopo questa mostra si scopre anche disegnatore, pittore, scultore straordinario per abilità e produzione.

Mangiare, bere, dormire (tutto nuovo)

Fondazione Zeffirelli
Il bistrò al pianterreno del Museo ha un menù ispirato al ricettario scritto a mano della Vige, la tata storica di Zeffirelli. «Il maestro voleva mangiare semplice, sano, toscano», racconta Anna Maria Tossani, che lo gestisce con le due figlie. «Capitava spesso che la Callas o un'altra diva telefonassero a casa del regista per chiedere le seppie in zimino, o le famose polpette della Vige. Ecco, questo è il tipo di piatti in lista».

Gucci Osteria da Massimo Bottura
In piazza della Signoria, un menu senza filo logico ma divertente come tutto il nuovo concept Gucci. Con assoluta nonchalance, si passa dai tortellini al panino cinese al vapore al ceviche.

Manifattura Tabacchi
Un posto minuscolo, con un bel dehors nella piazzetta pedonale San Pancrazio e un inno all'Italia, con alcolici e musica solo del Belpaese.

The Student Hotel
Lo stabile di 390 camere è più di un hotel, di una residenza per studenti e di uno spazio di co-working. È un ritrovo cittadino con piscina sul tetto e skybar, ristoranti, graffiti giganti, aule e un programma di mini conferenze di attualità che qui si chiamano BedTalks.

Hotel Savoy
Appena rinnovato, riapre dopo sei mesi di lavori con un nuovo progetto della designer Olga Polizzi, sorella del proprietario Rocco Forte. Tra le novità, una collaborazione con la maison fiorentina Emilio Pucci che ha firmato alcuni ambienti comuni.

Palazzo San Niccolò
Uno stabile antico dall'altra parte dell'Arno, con camere e piccoli appartamenti con cucina. Ha un bar boutique con pezzi vintage di design e un cortile con i banani, favoloso in estate.

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