Fare running o ginnastica all’aperto, leggere un libro (come fanno i francesi), fare un pic nic (moda più inglese) o prendere il sole (all’italiana). Il verde in città è ovunque teatro di attività molteplici, ultimamente a mettere d’accordo molti (se non tutti) c’è l’Urban walking.
La filosofia che spinge a riappropriarsi della propria città, soprattutto nel fine settimana evitando affannosi spostamenti verso mete sulla costa o in vetta, passa sempre più per passeggiate urbane che attraversano parchi e giardini dalla periferia al centro, evitando asfalto e traffico.
Andreas Kipar, architetto tedesco in Italia dal 1984, ha fatto del verde urbano la propria bandiera. Esperto di pianificazione e progettazione paesaggistica - il suo studio si chiama Land -, è stato impegnato nei progetti di Porta Nuova e del Parco Portello a Milano e sta disegnando il futuro parco nell’ambito del progetto di Lendlease per l’area Expo. Kipar ci ha accompagnati in una passeggiata urbana a Milano (replicabile in altre città), in un assolato sabato mattina di tarda primavera. Dal quartiere QT8 alla Triennale si snoda un percorso verde di circa sei chilometri (poco più di tre ore di camminata senza soste), da affrontare allenando l’occhio allo stupore di intravedere la skyline di Milano oltre una siepe e come sfondo alla chioma degli alberi. Un modo di godere spazi per tutti, lungo una traiettoria che unisce grandi parchi e piccoli giardini fino al cuore del capoluogo lombardo. Affrontando il percorso in un modo nuovo, con gli occhi di chi riesce a leggere la città e la sua architettura. «Questa modalità di camminare nel verde permette di ritrovare la permeabilità e la continuità dei centri urbani e di scoprire quanto di rustico è rimasto tra torri e grattacieli» dice Kipar.
Dall’unica sosta del cammino, una panchina del Monte Stella (parco dedicato alla moglie dall’architetto Piero Bottoni che del QT8 fu l’artefice nel primo dopoguerra) come in un quadro appaiono la WJC Tower al Portello, Parco Vittoria e Casa Milan. «Siamo a metà strada tra centro e area Expo - continua l’architetto -, stiamo lavorando per realizzare una strada verde che unisca i due estremi». Passando al Parco Portello, nato sull’ex area Alfa Romeo, una montagnetta a spirale offre la vista sulla città nuova e i rumori del traffico scompaiono grazie a una parete verde che ripara dalle arterie stradali che arrivano dall’autostrada dei Laghi. Da dietro le siepi la città è un luogo lontano, ritrovato appena si inizia la discesa verso il ponte che attraversa il cavalcavia della Ghisolfa. «Non bisogna forzare i cambiamenti - dice Kipar -, ma questo cavalcavia un domani potrebbe essere la High Line Park milanese, sulla scorta di quella di New York. La strada è segnata».
Il verde permette di inventare una narrazione del vivere urbano. L’occhio allenato alla scoperta nota allora la traiettoria volutamente lasciata libera per vedere da qui la Unicredit tower di piazza Gae Aulenti a Porta Nuova. «A livello architettonico si sceglie sempre più di lavorare su diagonali che lascino libera la vista fino all’orizzonte» dice Kipar.
Resta da ricucire la desolante piazza intitolata all’architetto Gino Valle, autore tra l’altro della sede di Deutsche Bank alla Bicocca. Il vasto spazio – nel quale spicca l’installazione di Emilio Isgrò nata da un brano tratto dal libro “Il ponte della Ghisolfa” di Giovanni Testori – ben potrebbe collegarsi al giardino pensile al primo piano di FieramilanoCity, disegnato a suo tempo da Mario Benini proprio per essere un passaggio verde aperto al pubblico che oggi arriverebbe al parco di Citylife.
Da qui si passa al parco Massena, meno conosciuto, dove negli anni Cinquanta arrivavano i treni degli operai pendolari da fuori Milano. Un ultimo passo e siamo alla Triennale e a parco Sempione.
L’Urban walking è benessere e riscoperta dei luoghi della memoria, architettura e cultura per chi sceglie di conoscere la propria città nei dettagli. Con lentezza e curiosità.
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