Petrarca amava i Colli Euganei, Ugo Foscolo scelse Abano Terme per scrivere “Le ultime lettere di Jacopo Ortis” e Andrea Zanzotto vi trascorreva le vacanze. Forse suggestionato dagli illustri predecessori Roberto Bassi Rathgeb sceglie la cittadina termale come buen retiro. Nato a Bergamo nel 1911 in una famiglia ricca e colta, all'età di quattro anni perde il padre Giuseppe, pianista, cantante e compositore un'esperienza traumatica per il bambino che continuerà a ricordarlo e a prenderne esempio, sarà per tutta la vita la sua figura di riferimento intellettuale.
Anche Roberto ama la musica, diventa un eccellente pianista, si appassiona alla storia dell'arte, è un acuto collezionista, a tutto questo aggiunge gli studi scientifici, affascinato dalla figura di Guglielmo Marconi si laurea in fisica a Torino. Sposa la cugina viennese Isabella Hiibsch laureata in farmacia e con lei vive a Vienna, Bergamo, Padova dove insegna, Abano Terme che diventa la sua residenza d'elezione fino alla sua scomparsa nel 1972. Non ha figli e decide di lasciare al Comune di Abano la sua nobile dimora cinquecentesca con i grandi saloni, impreziositi da stucchi, oggi diventata Museo Civico, lì raccoglie quattrocentocinquanta opere d'arte collezionate nel corso del tempo. Con i dipinti nella villa restano mobili, arredi testimonianze archeologiche.
Osservando la Loggia dell'antico edificio si notano gli affreschi che simboleggiano la contrapposizione tra ragione e istinto; la loggia in origine presentava un soffitto alla sansovina, in seguito rialzata e affrescata secondo gli stilemi (le grottesche) che riconducono ad Antonio Vassillachi detto l'Aliense. Nel salone la picchiettatura sui muri operata nel Settecento per aggrappare gli stucchi rende poco leggibile il ciclo d'affreschi. Si prosegue attraverso la Sala di Cefalo e Procri, omaggio a Ovidio, nella Sala della caccia così chiamata per le scene raffigurate nei riquadri, tre delle quali copiate da Antonio Tempesta (1555-1630). Nella Sala di Mercurio e Argo svariati paesaggi nordici sono ripresi da stampe tardo cinquecentesche di aerea tedesca o fiamminga ma non di straordinaria qualità. Più interessante la Sala degli stucchi del XVIII secolo realizzati dalla maestranze veneziane; in una stanza sono rappresentate le virtù cardinali, nell'altra la villa come luogo di pace e ristoro. Si ritorna a Ovidio per la Sala di Apollo e Daphne e al tema della fedeltà, il trompe l'oeil rivela la matrice veronesiana: da una porta semichiusa si affaccia una cameriera curiosa. La Sala di Abramo ospita affreschi dipinti fra la fine del Settecento e l'inizio Ottocento, conduce all'Oratorio fatto costruire nel 1775 dedicato alla Beata Vergine di Loreto; viene edificato replicando la Santa Casa di Nazareth venerata nel Santuario marchigiano.
I dipinti di pregio del mecenate
Ma la grande emozione della Casa Museo Villa Bassi Rathgeb riguarda i dipinti, non si sa quali siano stati acquisiti da Roberto Bassi Rathgeb, quali da suo padre, né tantomeno quelli che Isabella portò in dono da Vienna, gli studi sono ancora in corso e il catalogo pubblicato dagli editori Pirola e Rubini può aiutare a mettere ordine alla collezione che il mecenate lombardo-svizzero lasciò alla cittadina turistica veneta. Il pezzo più antico della raccolta è la “Testa di San Paolo” di Liberale da Verona, lo sguardo attento e ispirato, lo sfondo scuro. Di Andrea Previtali si nota un elegante scomparto polittico con la figura di un “Santo Vescovo” velato da una luce lottesca in un'impianto belliniano. Splendida la “Sacra Famiglia” di Giovanni Cariani in cui il Bambino incorona un pastore, ma potrebbe essere Giovanni Battista, anche qua si avverte la sensibilità ai moduli di Savoldo e a quelli di Palma il Vecchio.
I maestri bergamaschi e bresciani non potevano mancare, ecco che “Ritratto di F. Martinengo” porta la firma di Moretto, l'impianto è lottesco ed è uno dei maggiori ritratti dell'artista bresciano. Di Giovan Battista Moroni la “Madonna con Bambino” dal Bassi Ratgeb è già illustrata nel V volume di Arti Venete e sicuramente proveniene da qualche chiesa delle vallate bergamasche; incantevole la semplicità popolaresca incorniciata da fastosi tendaggi; Palma il giovane è presente con “Matrimonio di Santa Caterina”. Fra le opere settecentesche non manca il nome di Fra' Galgario con un intelligentissimo ritratto di popolano, nel meraviglioso “Mendicante” di Giacomo Ceruti, detto il Pitocchetto, lo sguardo è intenso e corrucciato, l'opera è datata 1737, in quell'anno il pittore soggiorna in veneto e incontra il piazzettismo. Antonio Marini viene riscoperto e valorizzato da Bassi Rathgeb, qui è presente con un tipico “Paesaggio montuoso con soldati”.
Di Alessandro Magnasco v'è il “Vecchio Mulino” in cui si nota la sua ammirazione per Sebastiano Ricci. Notevoli gli esempi di Giovanni Migliara raccolti dal Bassi Rathgeb attestano la discendenza in chiava ottocentesca della verità ottica canalettiena. Anche la “Vedutaparigina” di Canella conferma questo attento vedutista veronese del XIX secolo, amato e valorizzato dal collezionista mecenate.
Per info: https://www.visitabanomontegrotto.com/
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