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L’Everest conquista il triste primato della vetta più letale

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ESCURSIONISMO

L’Everest conquista il triste primato della vetta più letale

E’ la vetta più ambita ma anche quella più mortale dal 2015. La stagione alpinistica sul Monte Everest ha registrato fino ad ora almeno 11 morti. Un triste record che mostra la necessità di norme più stringenti per la scalata alla più alta montagna del mondo (8848 metri). Nove alpinisti hanno perso la vita quest'anno lungo la parete sud dell'Everest, sul versante nepalese, il più popolare, mentre altri due sono deceduti sulla parete nord, in territorio cinese.

Concessi troppi permessi
Durante questa stagione, il Dipartimento del Turismo nepalese ha emesso un numero record di 381 permessi per 44 diverse squadre di alpinisti, di cui 78 concessi a cittadini indiani, il maggior numero tra le nazioni. Secondo un codice di condotta in vigore in Nepal, uno scalatore deve aver già raggiunto una vetta di almeno 6.000 metri sopra il livello del mare prima di poter tentare l'ascesa. Purtroppo però molti alpinisti inesperti riescono a ottenere comunque i permessi necessari grazie a una cattiva gestione delle concessioni.

Lo sherpa: la colpa è delle previsioni meteo erratee il global warming
Secondo Temba Tsheri Sherpa, detentore di una serie di record e addetto alle spedizioni, questa valutazione però non risulta corretta. Sarebbero state invece alcune previsioni del tempo poco precise a indurre gli scalatori più impazienti a confluire tutti, e in breve tempo, nello stesso posto. “Il bollettino meteorologico non risultava accurato questa volta perché annunciava una finestra di soli due giorni favorevoli”, ha denunciato. “Ma in effetti alcuni alpinisti sono partiti una settimana dopo e il tempo era ancora buono”. Secondo Manjit Dhakal, un esperto locale di cambiamenti climatici, la tecnologia applicata alle previsioni del tempo aiuta gli scalatori ad ascendere più facilmente le montagne, ma il cambiamento climatico rende i modelli utilizzati a questo scopo sempre più imprevedibili. Rabindra Maharjan, che quest'anno ha coordinato una spedizione partita dal versante cinese, ha affermato che al giorno d'oggi nessuno può più dipendere dai bollettini meteorologici per questo genere di escursioni. “Stavolta, seguivo tre bollettini meteorologici satellitari prodotti dall'India, dalla Svizzera e dall'America”, ha detto Maharjan. “Questi avevano previsto tempo perfetto per soli due giorni e sulla base di bollettini simili la maggior parte degli alpinisti si è spinta verso la vetta senza pensarci due volte”. L'esperto ha inoltre avvertito del maggior rischio di ritiro dei ghiacciai nell'area dell’ Himalaya, il che comporta maggiori possibilità di disastri come inondazioni, frane e valanghe. Alcuni sherpa veterani, tra cui Kami Rita Sherpa, che ha scalato l'Everest per un record di ben 24 volte, sono dunque preoccupati poichè l'ascesa verso la vetta sarà più complicata, soprattutto se il riscaldamento globale continuerà a influenzare il già fragile sistema ecologico della zona.

Nuove soluzioni per evitare altri incidenti mortali
Mohan Krishna Sapkota, segretario presso il Ministero della Cultura e del Turismo, ha detto che le autorità del Paese asiatico stanno valutando nuove soluzioni che prevedono l'installazione di un maggior numero di corde a Hillary Step, una parete rocciosa verticale situata poche centinaia di metri al di sotto della vetta, che rappresenta il punto principale di ingorgo tra gli alpinisti. Allo stesso modo, il governo sta cercando di costringere ogni scalatore a compiere un controllo completo del proprio stato di salute presso il campo base, prima di inerpicarsi per le stazioni di sosta situate a maggiore altitudine. Durante la scalata, le mani degli alpinisti diventano livide e i più inesperti hanno bisogno di più tempo per seguire il percorso agganciati a una singola corda fissata su pendii dai margini spigolosi in mezzo al forte vento. Questi scalatori, impreparati e imprudenti, non rischiano soltanto la propria vita ma anche quelle degli altri, costringendo i propri compagni ad aspettarli in condizioni climatiche estreme. Secondo un altro sherpa locale le autorità nepalesi dovrebbero perciò concedere permessi per l’ascensione soltanto a chi abbia già raggiunta una vetta da 8.000.

Il problema dell’inquinamento
C’è poi il problema legato all’accumulo di spazzatura. Una soluzione potrebbe essere come anticipa Kalpana Maharjan, giornalista nepalese che ha raggiunto la vetta per ben due volte, cioè quella di seguire l'esempio della Cina che impone una multa di 50 dollari per ogni kg di spazzatura abbandonato sulla montagna a tutti quegli scalatori che non riescono a riportarla a valle. Alcune iniziative sono già state prese e la campagna di pulizia e bonifica condotta quest'anno sulla montagna rappresenta solo l'inizio delle operazioni di tutela ambientale: “Dobbiamo continuare questa campagna anche nei prossimi anni, stavolta per rimuovere la spazzatura non visibile”, ha detto Tika Ram Gurung, segretario dell'Associazione di Alpinismo del Nepal. Grazie alla costanza degli sforzi compiuti a questo scopo, le condizioni ambientali sul monte Everest stanno però migliorando. Per quanto riguarda il Nepal, secondo Nima Tenji Sherpa, che ha raggiunto la vetta 8 volte, il versante meridionale sta gradualmente diventando più pulito rispetto alle stagioni scorse. Tutto ciò è stato possibile con una bonifica durata 45 giorni organizzata dal governo, nel tentativo di liberare l'Everest dallo stigma di “cimitero e discarica più alti” del mondo. Durante la spedizione, una squadra ha raccolto 10.800 chilogrammi di spazzatura e quattro cadaveri sulle piste, rimasti invisibili sotto il ghiaccio. Oltre 100 corpi devono però ancora essere recuperati.

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