
INTRODUZIONE
Viviamo un cambiamento epocale nella percezione della longevità: non più una mera questione di durata della vita. Il paradigma si è spostato verso la qualità, la progettualità, il benessere. L’invecchiamento non è più solo un dato demografico, ma un processo individuale e collettivo che richiede preparazione, visione e strumenti adeguati per essere vissuto pienamente. A fronte di questo scenario in profonda trasformazione, Invesco ha commissionato a Eumetra l’indagine InnovAge 2025 con l’obiettivo proprio di indagare come le persone percepiscano la longevità oggi e quanto siano pronte non solo a gestirla, ma anche a coglierne le opportunità.
L’indagine si è posta come esplorazione di una relazione strategica: quella tra longevità e innovazione. Due forze in grado di incidere profondamente sulle priorità individuali e sui modelli di vita e pianificazione. Da un lato, l’allungamento della vita solleva interrogativi urgenti sulla sostenibilità di risorse, sistemi di welfare e reti relazionali. Dall’altro, l’innovazione dispiega un ventaglio di soluzioni che semplificano, supportano e potenzialmente trasformano il modo in cui le persone vivono la propria età. Tuttavia, accedere a queste soluzioni implica l’acquisizione di nuove competenze e un cambio di mentalità, capace di coniugare approcci di pianificazione a lungo termine con una nuova flessibilità nel breve periodo.
InnovAge 2025 ha seguito un approccio strutturato in due fasi, volto a cogliere in modo integrato il punto di vista degli esperti, delle persone e della società nel suo complesso. Prima attraverso interviste in profondità a professionisti di ambiti chiave come tecnologia, medicina, sociologia, psicologia, finanza e innovazione, che hanno contribuito a definire i temi di maggiore rilevanza. In parallelo è stata coinvolta una community online composta da cittadini rappresentativi di diverse fasce demografiche, da cui sono emersi vissuti, esperienze e bisogni quotidiani legati alla longevità e all’innovazione. In seconda battuta, è stata condotta un’indagine quantitativa online sulla popolazione italiana per validare e ampliare i temi emersi.
Quattro i profili ritratti che raccontano altrettanti modi di affrontare la lunga vita. I costruttori vivono la longevità come un progetto consapevole: adottano comportamenti virtuosi, si informano, pianificano con lungimiranza. Le sentinelle sono attente ma non del tutto attive: riconoscono l’importanza di prepararsi, ma spesso faticano a trasformare l’intenzione in azione, per mancanza di risorse o motivazione. I prudenti vivono nel presente con una buona dose di attenzione, ma senza una vera progettualità di lungo termine. I pigri rappresentano la quota più ampia della popolazione: non si pongono domande sulla vecchiaia, vivono il tema della longevità con distacco, spesso rimandano, anche quando sono consapevoli dell’importanza di agire.
Questa segmentazione aiuta a comprendere le molteplici sfaccettature di un tema tutt’altro che omogeneo e restituisce un quadro utile per pensare a soluzioni personalizzate, che sappiano intercettare bisogni e stili di vita diversi. L’indagine evidenzia una serie di sfide trasversali: dall’insufficiente alfabetizzazione finanziaria alla necessità di rendere più accessibili e inclusivi i servizi tecnologici, dall’urgenza di rafforzare le reti di supporto familiare e istituzionale alla crescente importanza di strumenti di pianificazione personalizzati, capaci di accompagnare le persone per tutto l’arco della vita. Il valore dell’indagine sta proprio nella capacità di aver messo in luce la complessità e le potenzialità di questo cambiamento.
Un patrimonio informativo strategico per costruire una nuova cultura della longevità: moderna, concreta, centrata sulla persona e sul futuro. In un’epoca in cui la vita si allunga, la qualità del tempo diventa la sfida da vincere.
LONGEVITÀ OLTRE IL TEMPO. CAMBIA IL PARADIGMA: CONTA LA QUALITÀ NON LA DURATA
Non basta più vivere a lungo: il futuro è pianificare la silver age come stagione di benessere e consapevolezza

Longevità: il vero segreto è nell’equilibrio tra tempo e qualità della vita. Se negli anni passati il costante aumento dell’aspettativa dell’esistenza si è affermato quasi come sinonimo del termine, oggi non è più così e l’attenzione si sposta sulla capacità e necessità di ripensare l’età d’argento, evidenziandone vantaggi e opportunità per una fase della vita dedicata al benessere proprio e altrui. Un cambio di paradigma che emerge con forza dall’analisi InnovAge 2025, promossa da Invesco e condotta da Eumetra, che sottolinea come la longevità non possa essere considerata un semplice prolungamento degli anni, ma una ricerca di qualità, dignità e autonomia lungo tutto l’arco della vita, come dichiarano quasi sei intervistati su dieci. Secondo la ricerca, si tratta di un concetto ancora poco percepito e interiorizzato, solo il 3% degli intervistati pensa che la società sia preparata a gestire una popolazione sempre più anziana. Un’evidenza è nel fatto che la ricerca di benessere e qualità non corrisponde quasi mai a comportamenti virtuosi: molti italiani over 50, ad esempio, riconoscono l’importanza di uno stile di vita sano e attivo, ma ammettono di non curare abbastanza l’alimentazione, di essere sedentari o di non sottoporsi a regolari controlli medici.
Longevità ai margini del dibattito pubblico
La longevità non è un problema sentito dalla maggior parte delle persone, più concentrate su altre questioni: lavoro, situazione economica e salute in primis.
Il futuro, con le implicazioni positive e negative che l’aumentare dell’aspettativa di vita porta con sé, sembra occupare uno spazio limitato, tanto che solo il 38% del campione dichiara di prevedere cambiamenti rilevanti nei prossimi 5 anni, mentre il 68% sostiene di averli registrati nei 5 precedenti, evidenziando una maggiore attenzione al passato, che mostra cambiamenti relativi alla sfera della relazionalità, della salute e del lavoro, oltre che del benessere mentale ed emotivo. Le novità future, però, sono viste con speranza, soprattutto nelle aree in cui si percepisce una minore soddisfazione attuale, come la salute, il lavoro e la situazione economica. Nell’immaginario, questi cambiamenti rappresentano una possibilità di miglioramento, dando spazio alla speranza di un’evoluzione positiva in quei settori che maggiormente influenzano la qualità della vita, come lavoro, salute e situazioni che hanno un overall life score (rapporto tra soddisfazione presente e futura) davvero negativo e su tutti i profili.
Anticipare il futuro, il segreto di una buona qualità della vita
Il report Eumetra evidenzia che le persone più soddisfatte della propria qualità di vita in età avanzata sono quelle che hanno fatto scelte consapevoli già a partire dalla mezza età: cura delle relazioni, attività fisica costante, formazione continua e attenzione alla salute mentale sono elementi che fanno la differenza nel lungo periodo. Altro elemento chiave è la capacità di anticipare il futuro. Iniziare a pensare per tempo alla gestione e agli obiettivi della propria vecchiaia – anche in termini di risorse economiche e progettualità – consente di ottenere e mantenere una migliore qualità della vita nel tempo. Un’idea che trova riscontro nelle analisi dello Stanford Center on Longevity, che promuove un approccio incentrato sulla longevity literacy. In un recente articolo scientifico, infatti, gli studiosi sottolineano come l’alfabetizzazione alla longevità – ovvero la capacità di comprendere e pianificare attivamente una vita lunga – sia oggi fondamentale quanto l’educazione finanziaria.
La longevity literacy include competenze trasversali: sapere come mantenersi in salute, capire come evolveranno i propri bisogni nel tempo, costruire una rete sociale solida e apprendere strumenti per l’autonomia. È una nuova forma di educazione civica, che coinvolge tutti.
Un nuovo patto culturale
Ripensare la longevità non significa solo allungare l’aspettativa di vita, ma ripensare il senso del tempo. Significa costruire una cultura in cui la vecchiaia non sia vissuta come una fase di declino, ma come una stagione di possibilità, a condizione che vi sia preparazione, consapevolezza e supporto sociale. La qualità della vita diventa la vera unità di misura della longevità. Una responsabilità collettiva, ma anche individuale.
FAMIGLIE E ISTITUZIONI INSIEME PER GESTIRE LA SFIDA DELLA LONGEVITÀ
Il ruolo cruciale dei caregiver nella società e l’urgenza di un patto intergenerazionale per affrontare l’invecchiamento
L’invecchiamento della popolazione italiana pone interrogativi cruciali su chi debba farsi carico della longevità e del benessere degli anziani: gli individui stessi, le famiglie o le istituzioni. Questa riflessione diventa ancora più rilevante considerando il ruolo centrale dei caregiver familiari, spesso definiti “pilastri invisibili” del sistema assistenziale.
La famiglia cuore pulsante della longevità
L’analisi condotta da Eumetra evidenzia il ruolo chiave svolto dalle famiglie italiane nella gestione stessa della longevità, sul modello di un vero e proprio patto generazionale. La silver generation assume un ruolo sempre più rilevante in una società che vede ridursi anno dopo anno il numero dei componenti delle generazioni giovani. Un elemento che riscrive anche la dinamica della gestione e della responsabilità stessa, che diventa condivisa, con un accento importante sull’impegno personale e proattivo, in cui fattori interni ed esterni contribuiscono a mantenere una buona qualità della vita. La consapevolezza e l’azione per vivere più a lungo e in salute devono essere individuali. Senza un impegno diretto nella cura e nella tutela di sé, la longevità rischia di rimanere un concetto astratto, lontano dalla quotidianità.

Istituzioni e famiglia, un impegno condiviso
Resta, però, alta l’attenzione sul ruolo delle istituzioni pur nella consapevolezza della necessità di un approccio proattivo. La longevità, infatti, dovrebbe essere un impegno condiviso tra famiglia e istituzioni. Il 93% degli intervistati crede che qualcuno dovrebbe occuparsi della gestione dei cambiamenti conseguenti la longevità, per il 76% dovrebbe farlo un’istituzione ma per 1 intervistato su 2 si tratta di un tema a carico esclusivo delle famiglie, per 1 su 5 delle associazioni di volontariato. L’analisi delle aspettative restituisce un’idea diversa dalla realtà: il 73% del campione crede che si tratti di un argomento di interesse dello Stato, il 38% vede protagoniste le istituzioni locali e il 34% l’Ue. Solo dopo, al quarto posto, si afferma il ruolo attivo delle famiglie.
Lo sguardo del Cnel
Sono proprio queste ultime, oggi, secondo il rapporto del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel) “Il valore sociale del caregiver familiare”, a occuparsi dei familiari più anziani o non autosufficienti. In Italia oltre 7 milioni di persone si dedicano all’assistenza, con sacrifici personali e professionali significativi. Circa un terzo dei caregiver dedica oltre 20 ore settimanali all’assistenza, con difficoltà nel conciliare lavoro e responsabilità di cura.
Il 58% dei caregiver è donna, con un’età compresa tra 45 e 64 anni (56%) e per la metà composta da occupati, mentre il 37% risulta fuori dal mercato del lavoro. Si registra un progressivo invecchiamento: un quinto dei caregiver ha oltre 65 anni. Nel segmento delle persone in età attiva, coloro che si prendono cura di familiari malati disabili o anziani è pari a quasi 3 milioni e un quarto deve gestire un doppio carico, quello dei figli minori e quello delle persone non autosufficienti.
Nel 38% dei casi per le donne e nel 34% per gli uomini vi sono difficoltà di conciliazione tra attività di cura e lavoro. Il tasso di occupazione delle donne caregiver è di 4 punti più basso rispetto a quello delle donne senza responsabilità di cura. Affrontare la questione della longevità richiede un approccio integrato che coinvolga individui, famiglie e istituzioni.
Solo attraverso una collaborazione sinergica e il riconoscimento del ruolo cruciale dei caregiver familiari sarà possibile garantire una qualità della vita dignitosa agli anziani e un supporto adeguato a chi se ne occupa.
GENERAZIONE D’ARGENTO: ECCO LA FORZA ATTIVA PER FAMIGLIE E COMUNITÀ
Mentori, volontari, nonni e lavoratori: gli over 65 sono sempre più presenti nella vita sociale ed economica del Paese

In un’Europa che invecchia rapidamente, le generazioni più anziane stanno assumendo un ruolo sempre più centrale nel tessuto sociale ed economico. Non più solo destinatari di cure, ma attori fondamentali che contribuiscono attivamente alla società. Secondo il rapporto InnovAge 2025, il 93% degli intervistati ritiene che la silver generation svolga un ruolo significativo in una società con sempre meno giovani. In particolare, si afferma come riferimento di primo piano per il mentoring, la trasmissione di esperienze, conoscenze e la collaborazione tra diverse generazioni. Per il 56% del campione intervistato, infatti, le persone anziane supportano le famiglie, per il 51% aiutano le nuove generazioni con esperienze e consigli e per il 41% sono attivi per il volontariato e la comunità.
Protagonisti del mercato del lavoro
Il 27% considera fondamentale il ruolo svolto in ambito lavorativo, come mentori per i colleghi più giovani. Se è vero che la soglia dell’età anziana slitta in avanti, sempre più verso i 70 anni, è interessante notare come i lavoratori di maggiore età siano i grandi protagonisti dei dati relativi alla ripresa dell’occupazione italiana. È quanto emerge dall’ultimo Rapporto Inapp – Istituto nazionale per le analisi delle politiche pubbliche 2024. Lo scorso anno, infatti, gli occupati italiani tra i 15 e i 64 anni hanno superato i 24 milioni, per un tasso di occupazione 62,3% e uno di disoccupazione sceso al minimo storico del 6,2%. L’incremento del numero assoluto degli occupati si concentra nella coorte degli over 50, che negli ultimi due anni è diventata la componente più numerosa (41%) superando anche quella tra i 35 e i 49 anni.
Passi d’argento: la silver generation come risorsa
Anche il sistema di sorveglianza della popolazione italiana over 64 Passi d’Argento, promosso dall’Istituto Superiore di Sanità, evidenzia come sia cambiato negli anni il ruolo sociale di questa fascia di popolazione. Secondo l’ultima rilevazione, biennio 2022-2023, il 28% degli anziani è una risorsa per i propri familiari o per la collettività: il 17% si prende cura di congiunti, il 14% di familiari o amici con cui non vive e il 5% partecipa ad attività di volontariato. Questa volontà di essere risorsa è una prerogativa femminile (31% fra le donne contro il 24% negli uomini), si riduce notevolmente con l’avanzare dell’età (coinvolge il 34% dei 65-74enni ma appena il 13% degli ultra 85enni), ed è minore fra le persone con un basso livello di istruzione e tra chi ha difficoltà economiche. La partecipazione a eventi sociali coinvolge il 20% degli ultra 65enni, il 18% di questi dichiara di aver partecipato a gite o soggiorni organizzati, il 5% frequenta un corso di formazione (lingua inglese, cucina, uso del computer o percorsi presso università della terza età). La partecipazione a questi eventi sociali si riduce con l’età (coinvolge il 27% dei 64-75enni ma appena l’8% degli ultra 85enni) ed è decisamente inferiore fra le persone con un basso livello d’istruzione e tra chi ha difficoltà economiche.


LONGEVITÀ CONSAPEVOLE TRA VISIONE, ABITUDINI E SCELTE QUOTIDIANE
Per Eumetra sono quattro modi di affrontare il futuro: solo i consapevoli riescono a trasformarlo in opportunità
La longevità è un fenomeno complesso e multidimensionale, che tocca aspetti demografici, biologici, sociali, economici e individuali. Possono essere due gli atteggiamenti con cui si affronta; a seconda di quello adottato è possibile dividere la popolazione tra consapevoli (emotivamente pronti e proiettati al domani) e negazionisti (subiscono il processo di invecchiamento e si focalizzano sul presente). Prepararsi alla longevità non è solo una sfida personale, ma una questione culturale e sociale. A fare la differenza è proprio l’atteggiamento con cui si guarda al domani. Consapevolezza, iniziativa e vis-
ione del futuro determinano la nascita di quattro diversi profili: costruttori, sentinelle, prudenti e pigri.
I costruttori: protagonisti del proprio futuro
Rappresentano il 16% del campione, credono nel cambiamento e guardano al futuro con ottimismo. Sono attivi, informati e determinati a vivere la lunga vita come un progetto. Adottano stili di vita sani e sono attenti alla pianificazione finanziaria. Dispongono di mezzi e competenze, ma anche di maturità e consapevolezza che consentono di attuare scelte e comportamenti finalizzati a costruire un benessere di lungo periodo con cognizione e costanza.
Le sentinelle: attente ma distanti
Supportano progetti semplici e non troppo pretenziosi auspicando una propria longevità con una discreta qualità della vita. Rappresentano il 14% del panel e sono consapevoli del fatto che la longevità dipenda da comportamenti responsabili, che restano però teoria. Tendono a rimandare, la longevità diventa un fine a cui tendere, faticoso e dispendioso. Si caratterizzano per un’insufficiente pianificazione finanziaria, motivata da assenza di denaro.
I prudenti: consapevoli, ma cauti
Quasi una fetta pari al 16% degli intervistati rientra in questa categoria. Si pongono domande sul proprio futuro, ma senza agire in modo strutturato perché il loro orizzonte temporale è fortemente radicato nel presente. Attuano scelte volte a tutelare la propria salute psico-fisica con una certa attenzione alla gestione del denaro, guardano alla longevità come al risultato di un presente virtuoso e responsabile. La pianificazione finanziaria non è necessariamente di lungo periodo.
I pigri: lontani e disinformati
È il gruppo più numeroso (54%). Non si pongono domande, non cercano risposte. Sono sempre indecisi e la longevità è un concetto vago e percepito come lontano. Credono o vogliono credere che il proprio comportamento abbia un peso relativo. E, pertanto, non attivano comportamenti virtuosi che, anche se percepiti rilevanti, vengono rimandati. Si caratterizzano per una scarsa o comunque non sufficiente pianificazione finanziaria.

INVESTIRE NEL FUTURO: SERVONO CULTURA E VISIONE
Personalizzare i piani economici per affrontare una vita di lunga durata. Ma la consapevolezza è ancora troppo bassa
L’allungamento dell’aspettativa di vita – che in Italia secondo Istat ha raggiunto gli 83,4 anni (2024), seconda in Europa – apre interrogativi urgenti su come sostenere economicamente un
tempo che si espande e che implica nuove sfide. Strategico diventa il ruolo di una risorsa ancora troppo trascurata: l’educazione finanziaria. La spinta ad avvicinarsi c’è ma ci si sente davvero impreparati in materia: la preparazione media è percepita come appena sufficiente (6,0, scala 1-10).
Personalizzazione parola chiave
Emerge la necessità di una maggiore personalizzazione dei servizi finanziari, in grado di adattarsi ai diversi stili di vita e ai valori personali di ciascun individuo: uno su tre percepisce di non avere risorse sufficienti come lasciapassare per entrare in un mondo finanziario distante. Ogni piano finanziario dovrebbe quindi essere pensato come un progetto su misura, incentrato sulle caratteristiche uniche di chi lo segue, tenendo conto delle specifiche esigenze, desideri, ambizioni ma soprattutto risorse. La pianificazione finanziaria è vista come un imperativo per il futuro da un intervistato su 2, ma molti sono ancora poco motivati a prenderla in considerazione (1 su 2 non investe nel proprio futuro). La maggior parte del budget familiare è ancora destinata alle spese quotidiane (53%), mentre gli investimenti sono spesso percepiti come un plus (14%). Vengono visti al pari di spesa extra (15%), simile a una vacanza o a uno sfizio, invece che come una priorità per il futuro.
Longevity risk la sfida del private banking
Il tema della longevità è strategico anche per l’evoluzione di un settore come il private banking. Il report Aipb – Associazione italiana Private Banking “Longevity Risk e Goal-Based Investing”, realizzato con le Università del Salento e di Roma Tor Vergata, sottolinea che solo il 13% degli investitori privati integra pienamente il rischio di longevità nella propria pianificazione finanziaria, men-
tre un significativo 66% ritiene che la propria pianificazione ne tenga conto solo in parte. Investire con una logica di lungo termine, però, è fondamentale per garantirsi un futuro dignitoso. Per il 58% dei clienti Private, una corretta allocazione del patrimonio è cruciale per raggiungere gli obiettivi di vita.
Il modello Goal-Based Investing – ovvero la pianificazione orientata a obiettivi specifici – si rivela uno strumento strategico. Secondo Aipb, il 44% degli operatori lo considera molto efficace per affrontare il Longevity Risk, ma la sua diffusione è ancora limitata: solo il 16% dei clienti definisce il portafoglio investimenti seguendo questo tipo di strategia.


TECNOLOGIA E ANZIANI ALLEANZA POSSIBILE TRA DUBBI E SPERANZE
L’innovazione è vista con diffidenza: la sanità è il settore più promettente. L’inclusione resta una sfida aperta

La tecnologia sta diventando una alleata strategica della longevità. Molteplici i suoi obiettivi: semplificare processi, ridurre distanze, migliorare la qualità di servizi e risposte. Il rapporto tra over 65 e innovazione, però, a oggi, è tutt’altro che lineare: fatto di aperture, ma anche di diffidenze. Più che un ponte automatico verso il futuro, la tecnologia si configura come un terreno da esplorare, un’alleanza da costruire passo dopo passo. È tanto più vero quando si passa dall’accostamento immediato tra futuro e tecnologia informatica (computer, AI, reti) a quello con la più ampia idea di innovazione, che esula da applicazioni informatiche ma resta determinante per garantire una migliore qualità della vita. Che sia legato all’informatica o meno, il rapporto con la tecnologia è ambivalente: da un lato viene colto e apprezzato l’aiuto che può dare nel semplificare la vita (soprattutto personale e professionale), dall’altro le impetuose evoluzioni degli ultimi anni hanno generato non poco timore. Per più di un intervistato su due, lo sviluppo tecnologico è, per quanto, utile, imposto e impossibile da evitare, con tutti i lati negativi che questo comporta.
Sguardo critico verso la tecnologia
Il progresso tecnologico è un impedimento o un aiuto per la terza età? Nella quotidianità, secondo gli intervistati da Eumetra, la tecnologia viene considerata un ostacolo per la società dal 56% dei soggetti coinvolti, solo il 30% la ritiene un aiuto. Le percentuali passano rispettivamente al 50 e al 35% quando si guarda alla propria vita sociale. Nelle riflessioni sulle possibili applicazioni, il primo posto spetta all’ambito salute. I primi campi d’uso suggeriti dal campione sono quelli medicali, mentre solo dopo si pensa ad altre possibilità.
Telemedicina (46%) e AI per la diagnosi medica (43%) sono al primo posto come tecnologie a servizio di un allungamento della vita, seguite dal lavoro da remoto (33%). Unendo questa percezione dell’innovazione come soprattutto legata alla sanità e della tecnologia come imposizione inevitabile a cui è necessario stare dentro, anche controvoglia, per non rimanere tagliati fuori dal mondo, non stupisce lo scarso ottimismo sull’impatto sulla qualità della vita: gli entusiasti sono pochissimi e non è indifferente (più di un terzo) la quota di persone che ritiene che l’avanzamento tecnologico peggiori invece che migliorare la qualità della vita.
L’inclusione digitale è una priorità
Il divario digitale rappresenta una sfida significativa per la popolazione anziana in Italia, evidenziando una disparità nell’accesso e nell’utilizzo delle tecnologie digitali tra diverse fasce d’età. Secondo l’Istat, nel 2023 solo il 19,4% degli adulti tra 65 e 74 anni possedeva competenze digitali almeno di base, rispetto al 59,1% dei giovani tra 16 e 24 anni. Tra il 2022 e il 2023, l’utilizzo della rete è aumentato di due punti percentuali, con incrementi significativi tra i 55-59enni e tra gli over 75 (+3,7 punti percentuali per entrambe le fasce). I dati sottolineano la necessità di strategie mirate per colmare il divario digitale tra le generazioni, promuovendo l’alfabetizzazione digitale e facilitando l’accesso alle tecnologie per gli anziani. Una strada fondamentale anche per avvicinare la popolazione silver all’idea di innovazione e abbattere le barriere legate a una percezione negativa del progresso tecnologico, favorendo l’inclusione e riducendo le distanze: un ponte verso nuove forme di autonomia, cura e partecipazione.
