Assoholding
Chi siamo
Assoholding è un'associazione non profit, costituita ufficialmente in Milano, il 21 ottobre 1999.
Assoholding nasce con l'intento di aggregare le holding italiane. Al momento della costituzione le holding erano iscritte all'elenco di cui all'abrogato articolo 113 del D. Lgs. 1 settembre 1993 n.385 (Testo Unico Bancario – TUB). Il D.Lgs. 141 del 13 agosto 2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 207 del 4 settembre 2010, recependo la direttiva comunitaria n. 2008/48/CE, ha difatti operato una riorganizzazione organica del TUB, abrogando il menzionato art. 113.
Assoholding oggi rappresenta circa diecimila holding, identificate, per attività, secondo i relativi codici Ateco. L'Associazione persegue lo specifico obiettivo di manifestare e sottoporre all'attenzione delle autorità amministrative le istanze promosse dalle proprie associate con riferimento ai profili operativi dell'attività e alla regolamentazione del settore. Ciò in quanto, rispetto alle dimensioni strutturali, le holding sono assoggettate a norme speciali e, in taluni casi, alla vigilanza diretta della Banca d'Italia nel caso in cui operino nella qualità di istituti di pagamento oppure alla c.d. "vigilanza consolidata" quando tra le partecipate si vi è un intermediario finanziario o una banca.
Assoholding rappresenta, quindi, un punto di riferimento per l'universo delle holding finanziarie poiché costituisce la prima Associazione di categoria in grado non solo di assistere i suoi associati nell'interpretazione, nell'analisi e nell'applicazione della normativa di riferimento sia primaria che secondaria ma anche di tutelare gli interessi del comparto delle holding, a tutto campo, con interventi quindi a tutela anche dei soci dei dipendenti e delle società partecipate.
Tenuto conto della tipicità dell'attività svolta dai suoi associati, Assoholding segue da vicino anche la disciplina sugli intermediari finanziari; la normativa antiriciclaggio e antiusura; i parerei emessi dal Comitato antiriciclaggio presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze; e, più in generale, la normativa societaria e tributaria attinente le holding.
A latere di questa attività tecnico consultiva, Assoholding si ripropone di svolgere un ruolo di rappresentanza degli interessi della categoria nei confronti delle primarie Istituzioni, quali Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia Entrate, Consob e Banca d'Italia.
Per prendere contatti con noi potete rivolgerVi al numero 06.84.17.482 oppure inviare un messaggio alla nostra casella di posta elettronica: mail@assoholding.it.
Introduzione
1. Premessa
L’art. 1, commi da 24 a 31 della Legge di bilancio 2017 (L. 11.12.2016, n. 232) ha introdotto, con efficacia dal 1° gennaio 2018, l’istituto del gruppo IVA nel sistema tributario italiano, dando attuazione alle indicazioni contenute nell’art. 11 della Direttiva 2006/11/CE, il quale stabilisce che, previa consultazione del Comitato consultivo dell’IVA, ogni Stato membro può considerare come un unico soggetto passivo le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi (1). La disciplina del nuovo istituto è contenuta negli artt. da 70-bis a 70-duodecies del DPR n. 633/1972 (d’ora in avanti anche solo “Decreto IVA”). Il 18 aprile 2018 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DM 6 aprile 2018 (d’ora in poi anche solo “Decreto”) recante le disposizioni attuative della disciplina in tema di Gruppo IVA, in conformità al disposto dell’art. 70-duodecies, comma 6, del Decreto IVA. Tale decreto ha di fatto traslato il primo anno di applicazione del nuovo istituto al 2019, atteso che l’art. 7 del citato Decreto prevede che, in sede di prima applicazione, la dichiarazione del Gruppo IVA ha effetto dal 2019 se presentata entro il 15 novembre 2018, “al fine di consentire ai soggetti interessati di valutare le condizioni per l’esercizio di detta opzione”.
Prima dell’entrata in vigore di tale disciplina, la normativa nazionale prevedeva, all’art. 73, ultimo comma, del DPR n. 633/1972 esclusivamente un sistema di compensazione che agevolava i gruppi societari. Tale disciplina è diversa dalle disposizioni comunitarie contenute nell’art. 11 della Direttiva 2006/112: infatti nella Direttiva comunitaria è previsto un unico soggetto passivo ai fini IVA, pur in presenza di soggetti giuridici distinti, mentre nell’art. 73 del decreto IVA si mantiene l’autonomia delle singole società interessate, le quali:
- partecipano alla compensazione, ma conservano sempre e comunque la propria autonomia giuridica fiscale;
- sono singolarmente soggette a tutti gli obblighi di legge in qualità di soggetti passivi d’imposta;
- restano sotto l’esclusiva competenza degli Uffici delle entrate nella cui circoscrizione hanno il loro domicilio fiscale per quanto concerne il controllo delle dichiarazioni, le rettifiche e l’irrogazione delle sanzioni.
Tale normativa, comunemente nota come liquidazione IVA di gruppo offre solo, alle società interessate uno strumento per il recupero delle eccedenze di credito mediante la compensazione tra debiti e crediti a livello infragruppo, ma non riconosce unitarietà al soggetto passivo rappresentato dal gruppo.
Al contrario il nuovo istituto del gruppo IVA riconosce soggettività passiva IVA alle società appartenenti al medesimo: quindi, tali soggetti, non possono più essere individuati, sia all’interno che all’esterno del gruppo, come soggetti passivi indipendenti, non possono presentare autonome dichiarazioni, atteso che unicamente il soggetto passivo unico è autorizzato a presentare le dichiarazioni d’imposta. Occorre assegnare al gruppo un unico numero di partita IVA e le operazioni effettuate all’interno del gruppo divengono irrilevanti ai fini IVA.
La disciplina presenta interesse soprattutto per quelle imprese che, come le banche, gli intermediari finanziari iscritti all’albo di cui all’articolo 106 del TUB, i Confidi e le imprese assicurative, svolgono operazioni per lo più esenti da IVA: l’inapplicabilità del tributo all’interno del gruppo consente, infatti, di contenere gli effetti negativi derivanti dalla impossibilità di recuperare l’IVA applicata sugli acquisiti, soprattutto laddove i soggetti in parola abbiano esercitato l’opzione di cui all’art. 36-bis del DPR n. 633/1972, da cui deriva, a fronte di una semplificazione degli adempimenti amministrativi connessi alla gestione “ordinaria” dell’IVA la totale indetraibilità dell’IVA assolta sugli acquisti di beni e servizi, ragione per cui l’IVA a credito diventa a tutti gli effetti un costo gravante sull’attività dell’impresa.
Alla luce di tali considerazioni, non sfugge quindi il fatto che l’introduzione del gruppo IVA nel senso “comunitario” del termine costituisce, non solo un risparmio in termini di costi per l’azienda, ma anche un strumento di competitività per la medesima, atteso che l’utilizzo del gruppo IVA è molto diffuso negli altri Paesi dell’Unione Europea.
Gruppo
2. Il gruppo IVA
Come specificato in premessa la L. n. 232/2016 ha previsto l’inserimento di un nuovo Titolo, il V-bis, al DPR n. 633/1972 sulla disciplina del gruppo IVA composto di undici nuovi articoli, dal 70-bis al 70-duodecies, che regolano tutti gli aspetti del nuovo istituto. In sostanza, è riconosciuto alle persone, giuridicamente indipendenti, operanti nel territorio dello Stato, ma tra loro vincolate da rapporti finanziari, economici ed organizzativi, la possibilità di essere considerati ai fini IVA un unico soggetto passivo.
Requisiti
3. Requisiti soggettivi e vincoli
Possono partecipare al gruppo IVA, soggetti passivi che esercitano attività di impresa, arte o professione, stabiliti in Italia, purché ricorrano congiuntamente vincoli finanziari, economici ed organizzativi (art. 70-bis, comma 1, DPR n. 633/1972).
Sono esclusi:
- le sedi e le stabili organizzazioni all’estero;
- i soggetti titolari di aziende sottoposte a sequestro giudiziario;
- i soggetti sottoposti a procedure concorsuali (1), e
- quelli posti in liquidazione ordinaria.
E’ preclusa la partecipazione al gruppo IVA:
- alle sedi ed alle stabili organizzazioni situate all’estero;
- ai soggetti la cui azienda è sottoposta a sequestro giudiziario ex art. 670 cpc; nel caso una pluralità di aziende la preclusione opera anche nel caso in cui sia soggetta a sequestro una sola di esse;
- ai soggetti sottoposti a procedura concorsuale;
- ai soggetti posti in liquidazione ordinaria.
Per esercitare l’opzione tra i soggetti interessati devono sussistere contestualmente i predetti vincoli (art. 70-ter, DPR n. 633/1972).
Vincolo finanziario
Esso sussiste quando, almeno dal 1° luglio dell’anno solare precedente a quello in cui si esercita l’opzione, vi sia un controllo, diretto o indiretto, ai sensi dell’art. 2359, comma 1, n. 1), c.c., oppure gli stessi siano controllati da un medesimo soggetto purché residente in Italia o in uno Stato con il quale vige un accordo che assicura un effettivo scambio di informazioni.
Vincolo economico
Si considera sussistente se i soggetti svolgono:
- un’attività principale dello stesso genere; o
- attività complementari o interdipendenti; o,
- attività che avvantaggiano sostanzialmente uno o più di essi.
Vincolo organizzativo
E’ presente quando esiste un coordinamento di diritto ex artt. 2497 e ss. del codice civile o un coordinamento di fatto “fra gli organi decisionali degli stessi, ancorché tale coordinamento sia svolto da un altro soggetto”.
In genere il rapporto di controllo (vincolo finanziario) fa presumere l’esistenza anche degli altri due vincoli - economico e organizzativo - di conseguenza, per superare tale presunzione, è richiesta una procedura di interpello probatorio ai sensi dell’art. 11, comma 1, lett. b), della Legge n. 212/2000, al fine di dimostrare l’insussistenza o del vincolo economico o di quello organizzativo. La norma è un po’ criptica: quel tipo di interpello è usato per beneficiare di regimi speciali nel senso che si attiva per dimostrare la sussistenza di determinati requisiti, qui si dovrebbe, a leggere il testo della norma e la relazione illustrativa, attivarlo per dimostrare l’insussistenza del vincolo economico o organizzativo, che costituiscono i requisiti che devono sussistere insieme al vincolo finanziario per esercitare legittimamente l’opzione per il gruppo IVA, quindi si eserciterebbe l’interpello per non essere ammessi all’opzione!! Il senso della norma presumibilmente sta nel fatto che in presenza di vincoli finanziari che giustificano l’entrata di tutte le società nel gruppo IVA, si ha interesse a tenerne qualcuna fuori: in questo contesto, atteso che l’esistenza del vincolo finanziario presuppone l’esistenza degli altri due (economico ed organizzativo), il ricorso all’interpello probatorio costituisce lo strumento giuridico per operare l’esclusione di uno o più soggetti dal gruppo, onde mitigare il principio di all in all out.
La norma chiude prevedendo che non sussiste vincolo economico per i soggetti il cui vincolo finanziario discende da partecipazioni acquisite nell’ambito degli interventi finalizzati al recupero dei crediti o derivanti dalla conversione in azioni di nuova emissione di crediti verso imprese in temporanea difficoltà finanziaria (2): per dimostrare la sussistenza del vincolo economico il contribuente presenta istanza di interpello ex art. 11, comma 1, lett. b) della citata L. n. 212/2000.
-----
(1) Viene considerato tale dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento o del provvedimento che ordina la LCA o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto che dispone la procedura ai amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
(2) Cfr. Art. 113 del TUIR: “1. Gli enti creditizi possono optare per la non applicazione del regime di cui all'articolo 87 alle partecipazioni acquisite nell'ambito degli interventi finalizzati al recupero di crediti o derivanti dalla conversione in azioni di nuova emissione dei crediti verso imprese in temporanea difficoltà finanziaria, nel rispetto delle diposizioni di vigilanza per le banche emanate da parte di Banca d'Italia ai sensi dell'articolo 23 della legge 28 dicembre 2005 n. 262.
2. L'opzione di cui al comma 1 può essere esercitata quando sussistono:
a) nel caso di acquisizione di partecipazioni per il recupero dei crediti, i motivi di convenienza rispetto ad altre forme alternative di recupero dei crediti, le modalità ed i tempi previsti per il recupero e, ove si tratti di partecipazioni dirette nella società debitrice, che l'operatività di quest'ultima sarà limitata agli atti connessi con il realizzo e la valorizzazione del patrimonio;
b) nel caso di conversione di crediti, gli elementi che inducono a ritenere temporanea la situazione di difficoltà finanziaria del debitore, ragionevoli le prospettive di riequilibrio economico e finanziario nel medio periodo ed economicamente conveniente la conversione rispetto ad altre forme alternative di recupero dei crediti; inoltre il piano di risanamento deve essere predisposto da più enti creditizi o finanziari rappresentanti una quota elevata dell'esposizione debitoria dell'impresa in difficoltà.
3. L'opzione di cui al comma 1 comporta, nei confronti della società di cui si acquisisce la partecipazione, la rinuncia ad avvalersi delle opzioni di cui alle sezioni II e III del presente capo e della facoltà prevista dall'articolo 115 fino all'esercizio in cui mantenga il possesso delle partecipazioni di cui sopra.
4. Ove sussistano le condizioni di cui ai commi 1, 2 e 3, l'opzione di cui al comma 1 comporta, ai fini dell'applicazione degli articoli 101, comma 5, e 106, da parte degli originari creditori, l'equiparazione ai crediti estinti o convertiti delle partecipazioni acquisite e delle quote di partecipazioni successivamente sottoscritte per effetto dell'esercizio del relativo diritto d'opzione, a condizione che il valore dei crediti convertiti sia trasferito alle azioni ricevute.
5. Gli enti creditizi possono interpellare l'amministrazione ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo Statuto dei diritti del contribuente. La relativa istanza deve indicare le condizioni di cui ai commi 2 e 3.
6. L'ente creditizio che non intende applicare il regime di cui all'articolo 87 ma non ha presentato l'istanza di interpello prevista dal comma 5, ovvero, avendola presentata, non ha ricevuto risposta positiva deve segnalare nella dichiarazione del redditi gli elementi conoscitivi essenziali indicati con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate”.
Costituzione
4. Costituzione del Gruppo IVA
Come detto in premessa, il 18 aprile 2018 è entrato in vigore il DM 6 aprile 2018 recante le disposizioni di attuazione del gruppo IVA. La costituzione del gruppo IVA richiede un’opzione che deve essere esercitata da tutti i soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato per i quali ricorrano congiuntamente i predetti vincoli (art. 70-quater del DPR n. 633/1972). Come detto in precedenza, stante la presunzione dell’esistenza dei vincoli economici ed organizzativi in presenza del vincolo finanziario, il regime è opzionale, ma opera necessariamente con un criterio all in/all out, salvo proposizione dell’interpello probatorio richiamato al comma 4 dell’art. 70-ter. Infatti, in assenza di interpello, se viene riscontrato in sede di successivo controllo che qualcuno dei soggetti aventi diritto non ha esercitato l’opzione, viene in ogni caso recuperato a carico del gruppo “l’effettivo vantaggio fiscale conseguito” ed, in aggiunta, il gruppo IVA cessa a partire dall’anno successivo, a meno che tali soggetti non aderiscano anch’essi al gruppo. Diversamente nella liquidazione IVA di gruppo è possibile per la controllante decidere di inserire solo alcune delle società controllate (principio del cherry picking).
Il rappresentante del gruppo IVA presenta in via telematica la dichiarazione di costituzione del gruppo IVA, sottoscritta da tutti i partecipanti (art. 1 del DM 6.4.2018).
In sede di prima applicazione, la dichiarazione per la costituzione del gruppo IVA ha effetto dall'anno 2019 se presentata entro il 15 novembre 2018, al fine di consentire ai soggetti interessati di valutare le condizioni per l'esercizio di detta opzione (art. 7 del DM 6.4.2018).
La dichiarazione di opzione, presentata in via telematica, identifica il soggetto che assume il ruolo di rappresentante di gruppo e tutti gli altri soggetti partecipanti, oltre ad indicare le attività che saranno svolte dal gruppo IVA e, ovviamente, attesta la sussistenza congiunta dei vincoli sopra richiamati. Infine vi è contenuta l’elezione di domicilio presso il rappresentante del gruppo da parte di ciascun soggetto partecipante e la sottoscrizione di tutti i soggetti interessati. La dichiarazione contiene anche le opzioni di cui agli artt. 36 (1) e 36-bis (2) c del DPR n. 633/1972; a tal fine la dichiarazione può essere integrata entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello in cui ha effetto la costituzione del Gruppo IVA.
Non è riconosciuto il comportamento concludente: pertanto non trovano applicazione le disposizioni di cui al DPR n. 442/1997 (art. 70-nonies del DPR n. 633/1972).
L’opzione per il gruppo IVA è vincolante per tre anni, trascorsi i quali si rinnova automaticamente di anno in anno, fintantoché non viene esercitata la facoltà di revoca. Tuttavia, l’opzione per il gruppo, che presuppone la sussistenza di un rapporto di controllo almeno dal 1° luglio dell’anno solare precedente, ha effetto a decorrere dall’anno successivo, se è presentata dal 1° gennaio al 30 settembre, mentre esplica efficacia solo a partire dal secondo anno successivo se la dichiarazione viene presentata dal 1° ottobre al 31 dicembre.
Parimenti, la revoca dell’opzione ha effetto dall’anno successivo se presentata dal 1° gennaio al 30 settembre, ovvero dal secondo anno successivo se presentata dal 1° ottobre al 31 dicembre. A queste decorrenze vanno aggiunte anche quelle che ricorrono nel caso di aggregazione al gruppo di soggetti per i quali originariamente era stata esclusa la sussistenza dei vincoli economico e organizzativo o per i quali il vincolo finanziario (controllo) si è determinato successivamente all’atto dell’esercizio della opzione, ad esempio per effetto dell’acquisizione di controllo di uno o più soggetti da parte di uno dei partecipanti originari del gruppo IVA; oppure nel caso in cui l’Agenzia, in sede di interpello aveva riconosciuto l’insussistenza del vincolo organizzativo e/o economico, che, successivamente, vengono in essere. In questi casi tali soggetti parteciperanno al gruppo IVA a partire dall’anno successivo in cui si realizzano i presupposti, ma dovranno effettuare la dichiarazione relativa entro novanta giorni dal verificarsi delle predette condizioni.
Al Gruppo IVA viene attribuito un numero di partita IVA cui è associato ciascun partecipante e che deve essere riportato sia nelle dichiarazioni che in ogni altro atto o comunicazione relativi all’applicazione dell’IVA.
(1) Si tratta della norma recante la disciplina per l’esercizio di più attività.
(2) La norma consente la dispensa dagli adempimenti di fatturazione e registrazione per i soggetti che effettuano operazioni esenti.
Effetti
5. Effetti della partecipazione ad un gruppo IVA
Veniamo ora all’aspetto sostanziale più qualificante e di maggiore rilevanza del nuovo istituto:
- le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra i partecipanti al gruppo non sono considerate cessioni di beni o prestazioni di servizi ai sensi degli artt. 2 e 3 del DPR n. 633/1972 e quindi non producono effetti ai fini IVA;
- le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da un soggetto partecipante al gruppo IVA nei confronti di un soggetto che non ne fa parte si considerano cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate dal gruppo IVA;
- le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate ad un soggetto partecipante al gruppo IVA da parte di un soggetto che non ne fa parte si considerano cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti del gruppo IVA.
Da ciò deriva che anche tutti gli obblighi e i diritti della disciplina IVA fanno capo al gruppo e sono gestiti nei modi ordinari dal rappresentante del gruppo il quale ne assume la responsabilità: in via esclusiva, per quanto concerne gli adempimenti degli obblighi connessi all’esercizio dell’opzione, solidalmente con gli altri partecipanti per imposte, interessi e sanzioni che risultassero dovute a seguito delle attività di liquidazione e controllo svolte dall’Agenzia delle entrate attraverso le strutture dedicate (art. 70-quinquies del DPR n. 633/1972).
In via esemplificativa, spetta al gruppo IVA procedere all’applicazione dell’IVA sulle operazioni imponibili poste in essere, alla determinazione dell’IVA detraibile, al calcolo dell’eventuale rettifica della detrazione, al pagamento dell’imposta, alle richieste di rimborso, all’assolvimento degli obblighi di fatturazione, annotazione e dichiarazione, all’esercizio delle opzioni previste in materia IVA. I soggetti costituenti il gruppo IVA, perdendo la soggettività passiva autonoma ai fini IVA, non potranno partecipare alla liquidazione IVA di gruppo di cui al citato art. 73 del DPR n. 633/1972.
Nel caso di acquisto di beni senza pagamento di IVA ai sensi dell’art. 8 del DPR n. 633/1972, l’esercizio di tale diritto spetta:
- al Gruppo, anche se maturato dai singoli partecipanti al gruppo nell’anno precedente all’ingresso nel Gruppo IVA;
- ai singoli partecipanti, dopo la cessazione del Gruppo, in proporzione alle operazioni a ciascuno di essi riferibile.
Il credito di imposta maturato ma non utilizzato nel periodo di vigenza del Gruppo IVA, dopo la cessazione, può essere chiesto a rimborso ex art. 30 del DPR n. 633/1972 ovvero computato in detrazione dal soggetto rappresentante del Gruppo, nelle liquidazioni o nella dichiarazione annuale.
Tali aspetti, sono quelli che rendono il nuovo istituto uno strumento di semplificazione amministrativa, oltre che un modo per rendere il più possibile neutrale il costo eventualmente derivante dall’IVA indetraibile per i soggetti passivi che svolgono attività esenti.
In coerenza con tale assunto, viene anche disposta la neutralità del gruppo IVA ai fini dell’imposta di bollo: le fatture ed i documenti scambiati tra i partecipanti, riferibili ad operazioni interne al gruppo che sono fuori campo IVA mantengono comunque l’esenzione dall’imposta di bollo cui avrebbero diritto se fossero dirette all’esterno e risultassero imponibili ai fini IVA.
Allo stesso modo, per quanto riguarda la registrazione e la tassazione degli atti ai fini dell’imposta di registro, viene stabilito che le sottostanti operazioni interne al gruppo si considerano soggette all’IVA e, quindi, escluse dall’obbligo di registrazione in termine fisso e dall’imposizione proporzionale in base al noto principio di alternatività tra IVA e registro di cui agli artt. 5 e 40 del DPR n. 131/1986. Fanno eccezione solo le operazioni che, se effettuate verso terzi, sarebbero escluse dall’applicazione di tale principio, come ad esempio le operazioni immobiliari esenti e le locazioni infragruppo di immobili strumentali per natura che saranno soggette all’imposta di registro prevista per tali operazioni se effettuate al di fuori del gruppo.
L’opzione per il gruppo IVA può anche offrire vantaggi di tesoreria per le imprese, rendendo possibile un’ottimizzazione della gestione finanziaria all’interno del gruppo.
L’art. 70-quinquies del DPR n. 633/1972 ha poi disciplinato anche i rapporti del gruppo IVA italiano sia con i gruppi IVA esteri che con le sedi e stabili organizzazioni all’estero, atteso che queste ultime, secondo quanto già segnalato nel precedente paragrafo 3, non possono far parte del Gruppo IVA. Pertanto:
- le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da una sede o da una stabile organizzazione partecipante a un gruppo IVA nei confronti di una sua stabile organizzazione o della sua sede situata all'estero si considerano effettuate dal gruppo IVA nei confronti di un soggetto che non ne fa parte;
- le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di una sede o di una stabile organizzazione partecipante a un gruppo IVA da una sua stabile organizzazione o dalla sua sede situata all'estero si considerano effettuate nei confronti del gruppo IVA da un soggetto che non ne fa parte;
- le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di una sede o di una stabile organizzazione partecipante a un gruppo IVA, costituito in un altro Stato membro dell'Unione europea, da una sua stabile organizzazione o dalla sua sede situata nel territorio dello Stato si considerano effettuate nei confronti del gruppo IVA costituito nell'altro Stato membro da un soggetto che non ne fa parte;
- le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da una sede o da una stabile organizzazione partecipante a un gruppo IVA, costituito in un altro Stato membro dell'Unione europea, nei confronti di una sua stabile organizzazione o della sua sede situata nel territorio dello Stato si considerano effettuate dal gruppo IVA costituito nell'altro Stato membro nei confronti di un soggetto che non ne fa parte.
Per la determinazione della base imponibile delle suddette operazioni si fa riferimento a quanto previsto dalla norma generale contenuta nell’art. 13 del DPR n. 633/1972.
Per quanto riguarda l’eventuale eccedenza di imposta detraibile risultante dalla dichiarazione annuale relativa all’anno precedente al primo anno di partecipazione al gruppo IVA: la stessa non può essere trasferita al gruppo, ma può essere chiesta a rimborso anche in mancanza delle condizioni di cui all’art. 30 del DPR n. 633/1972 ovvero utilizzata dal soggetto che la ha maturata in compensazione orizzontale (con altre imposte). Questa previsione è analoga a quanto previsto nella liquidazione IVA di gruppo di cui all’art. 73, comma 3, del DPR n. 633/1972 e con quanto disposto ad esempio in tema di perdite pregresse e eccedenza di interessi passivi non dedotte, nell’ambito del consolidato fiscale nazionale.
Anche la disciplina relativa alla liquidazione IVA di gruppo viene riformulata (1) in modo da allinearla a quella prevista per il gruppo IVA: si chiarisce che possono accedere a tale procedura tutti gli enti e le società commerciali, anche le società di persone e gli enti soggetti passivi IVA; il requisito del controllo deve sussistere a partire dal 1° luglio dell’anno precedente a quello di esercizio dell’opzione e non più dal 1° gennaio dell’anno precedente secondo una disposizione analoga a quella prevista per il Gruppo IVA; i versamenti in acconto e saldo dell’Iva dovuta, effettuati dagli enti e dalle società controllanti, devono essere determinati al netto delle eccedenze a credito previste dall’articolo 30, comma 2 del DPR n. 633/1972. E’ stata modificata anche la disciplina relativa all’esercizio dell’opzione: non più con il Modello IVA26 ma con la dichiarazione annuale IVA in cui è stato inserito l’apposito Quadro VG e l’opzione ha durata triennale. Sono soppressi gli obblighi di presentazione delle dichiarazioni annuali delle società controllate da parte della controllante.
(1) Cfr. D.M. 13 febbraio 2017 e Comunicato stampa del 10 febbraio 2017.
Rappresentante
6. Adempimenti e responsabilità del rappresentante del gruppo IVA
E’ il rappresentante di gruppo, che dovrà adempiere gli obblighi ed esercitare i diritti del nuovo soggetto passivo collettivo, ivi comprese: le liquidazioni periodiche, le comunicazioni dei dati delle fatture emesse e ricevute, le comunicazioni delle liquidazioni periodiche, la dichiarazione IVA ed i rimborsi IVA (art. 70-septies del Decreto IVA e artt. 4, 5 e 6 del Decreto). Esso viene individuato ope legis nel soggetto che esercita il controllo di diritto oppure, se per tale soggetto sussistono cause ostative all’esercizio dell’opzione o non è residente nel territorio dello Stato, il soggetto partecipante con volume d’affari o ammontare di ricavi più elevato nel periodo precedente alla costituzione del gruppo IVA.
Con criterio analogo si identifica il nuovo rappresentante nel caso in cui cessi di far parte del gruppo l’originario rappresentante, ma non vengano meno gli effetti dell’opzione per gli altri partecipanti. In questo caso la sostituzione viene comunicata dal nuovo rappresentante di gruppo entro 30 giorni utilizzando il modello approvato con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate ed ha effetto dal giorno successivo a quello di cessazione del precedente rappresentante, onde preservare la continuità del gruppo in termini di adempimenti.
Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi sono documentate tramite fattura o secondo le altre modalità previste nel decreto IVA, indicando il numero di Partita IVA del Gruppo ed il codice fiscale del soggetto partecipante al Gruppo che ha realizzato l’operazione: sul punto il decreto lascia al contribuente la scelta su chi debba emettere il documento: il rappresentante del Gruppo o i partecipanti; stesso discorso vale per la comunicazione ai fornitori della Partita IVA del gruppo e del codice fiscale dell’acquirente. In altre parole, sarà il Gruppo Iva a stabilire se tali adempimenti siano accentrati presso il rappresentante ovvero siano attribuiti alle singole entità giuridiche facenti parte del Gruppo. E’ probabile sia più frequente che tali obblighi rimangano in carico alla singola società appartenente al Gruppo, atteso che il gruppo IVA non ha un equivalente nell’ambito delle imposte sui redditi, per cui la singola società appartenente al gruppo è comunque tenuta a documentare costi e ricavi di sua competenza. Proprio in virtù della valenza del Gruppo ai soli fini IVA, l’art. 3, comma 3 del Decreto, precisa che le operazione infragruppo, pur non essendo più rilevanti ai fini IVA devono comunque essere rilevate nelle scritture contabili di cui al DPR n. 600/1973; tale obbligo sussiste anche per le imprese in contabilità semplificata che, dovranno comunque rilevare tali operazioni in ordine cronologico.
La gestione del Gruppo IVA rimane “segregata” in termini di compensazioni: non è possibile infatti, ai fini del versamento, compensare il debito del Gruppo IVA con crediti relativi ad altre imposte o contributi; come pure il credito, annuale o infrannuale, del Gruppo IVA non è utilizzabile in compensazione con debiti relativi ad altre imposte e contributi (art. 4, commi 3 e 4 del Decreto). Tale conclusione, seppure giustificata dalla circostanza che il Gruppo ha valenza come soggetto fiscalmente unico solo ai fini IVA, d’altro canto potrebbe costituire un limite all’utilizzo dell’istituto.
I regimi IVA speciali (artt. 22, 73 e 74 del Decreto IVA) trovano applicazione anche nel gruppo IVA, come pure la normativa prevista in tema di IVA per le banche (DM 12.2.2004, n. 75), le assicurazioni (DM 30.5.1989) o i fondi di gestione immobiliare (art. 8 del DL 351/2001), quando tali soggetti partecipino al Gruppo IVA.
Come detto in precedenza, tra i compiti del rappresentante di gruppo vi è anche quello di comunicare la revoca dell’opzione mediante apposita dichiarazione sottoscritta anche dagli altri soggetti partecipanti. La revoca opera nei riguardi di tutti i soggetti al gruppo IVA. Se un soggetto effettua l’esercizio dell’opzione per il gruppo IVA, ciò determina il venire meno delle eventuali altre opzioni dallo stesso previamente esercitate anche se non è decorso il periodo minimo di permanenza nel particolare regime (art. 70-novies del Decreto IVA).
Gli altri soggetti partecipanti al gruppo Iva sono responsabili in solido con il rappresentante del gruppo per le somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni a seguito della attività di liquidazione e controllo (art. 70-octies del Decreto IVA). Si tratta di una responsabilità solidale e paritetica a carico di tutti i soggetti partecipanti al gruppo IVA, tenuto conto della unitarietà del soggetto passivo.
Esclusione
7. Esclusione dalla partecipazione al gruppo IVA e cessazione del gruppo
Dispone l’art. 70-decies del Decreto IVA che quando non sussistono o vengono meno i requisiti per far parte del gruppo l’esclusione opera limitatamente a tale soggetto: il nuovo istituto, in sostanza, applica un ampio principio di conservazione alle opzioni esercitate da tutti quanti gli altri che siano confluiti nel nuovo soggetto gruppo IVA. Infatti, al di fuori del caso di revoca dell’opzione comunicata dal rappresentante e sottoscritta anche dagli altri soggetti partecipanti, nonché della cessazione per mancato esercizio dell’opzione da parte di soggetti per i quali ricorrano le condizioni e che nemmeno tardivamente intendono farlo, l’unica fattispecie in cui il gruppo IVA si estingue è quando viene meno la pluralità dei soggetti partecipanti. Se si effettua l’opzione per il gruppo Iva questa prevale sulle altre e quindi comporta il venire meno degli effetti delle altre opzioni in materia di Iva esercitate in precedenza, ad esempio se in precedenza sia stata esercitata l’opzione per la liquidazione Iva di gruppo.
Le fattispecie che determinano la cessazione del gruppo IVA sono comunicate dal rappresentante del gruppo entro trenta giorni dalla data in cui si è verificato l’evento che ha determinato l’esclusione o la cessazione del gruppo.
Controllo
8. Attività di controllo
Durante il periodo di validità dell’opzione, i poteri di accertamento e controllo sono demandati alle strutture già esistenti individuate con il regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate di cui all’art. 71 del DLGS n. 300/1999 (art. 70-undecies del DPR n. 633/1972). Se in sede di controllo viene disconosciuta la validità dell’opzione il recupero dell’imposta avviene nei limiti dell’effettivo vantaggio fiscale conseguito.
Si demanda ad un successivo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate la specificazione degli adempimenti volti ad assicurare l’efficacia delle attività di controllo.
Conclusioni
9. Punti di forza e di debolezza
L’introduzione di un concetto di gruppo nella disciplina dell’IVA, formulato nel disegno di Legge di bilancio per il 2017, dà attuazione ad una possibilità prevista nella Direttiva IVA e rende il sistema nazionale competitivo con quello di altri Paesi che già conoscono questo istituto.
La nuova disciplina introduce nell’ordinamento tributario italiano un concetto di gruppo, più vicino alla realtà economica tipica delle aziende moderne. Un primo passo in tal senso era già stato fatto con la disciplina della cooperative compliance, per l’accesso alla quale è stato dato rilievo a concetti quali l’esercizio di funzioni di indirizzo ovvero all’attività di direzione e coordinamento, con accezione ampia e flessibile e non limitata al disposto degli artt. 2497 e seguenti del Codice civile (1).
Per le società, quali ad esempio le holding di partecipazione, che oltre alla detenzione di partecipazione svolgono nei confronti delle proprie controllate sia attività di natura commerciale imponibili ai fini IVA (es. servizi amministrativi) che attività esenti (es. servizi finanziari) la possibilità di dar vita ad un gruppo IVA costituisce una valida opportunità per evitare la limitazione del diritto alla detrazione dell’IVA sugli acquisti di cui all’art. 19 comma 5 del Decreto IVA. Infatti, qualora le operazioni esenti che limitano al diritto alla detrazione sono svolte solo nei confronti della controllate per effetto dell’opzione per il Gruppo IVA dette operazioni divengono irrilevanti ai fini del tributo e quindi non costituiscono un limite al diritto alla detrazione dell’IVA sugli acquisti.
Tuttavia, accanto a questi elementi positivi, non si possono sottacere eventuali criticità nel caso in cui un gruppo volesse accedere contestualmente alla disciplina del gruppo IVA ed a quella del consolidato ai fini IRES. Pur volendo trascurare le differenze quanto ai presupposti applicativi tra le due discipline, che potrebbero in alcuni casi portare anche ad una mancata coincidenza della controllante consolidante IRES e del rappresentante IVA di gruppo, ben più importante appaiono le difformità sotto un profilo sostanziale: infatti nel consolidato IRES, la consolidante non fa che liquidare algebricamente le basi imponibili positive o negative dei vari soggetti controllati aderenti a tale regime opzionale, senza minimamente intaccare la distinta soggettività di ciascuno dei partecipanti, mentre il rappresentante Iva di gruppo opera in ambito IVA come un unico soggetto passivo. Anche sotto il profilo degli scambi infragruppo, l’irrilevanza ai fini Iva è cosa ben diversa dal regime di neutralità per i trasferimenti infragruppo - peraltro limitato alle cessioni di beni diversi da quelli che generano ricavi e plusvalenze esenti – di cui all’art. 123 del TUIR.
Da qui discende ovviamente un diverso grado di responsabilità che la controllante assume nei due istituti, ma da qui potrebbero discende problemi organizzativi nell’ipotesi in cui il soggetto volesse accedere ad entrambi gli istituti: infatti diversamente da quanto previsto dallo scenario normativo attuale, in cui tanto nel consolidato IRES quanto nella liquidazione Iva di gruppo si assiste ad una compensazione delle basi imponibili (nel consolidato) ovvero delle liquidazioni IVA (nell’IVA di gruppo) di soggetti che rimangono fiscalmente distinti, con il nuovo istituto si crea una asimmetria tra redditi e IVA che potrebbe portare problemi operativi ed una lievitazione dei costi amministrativi per i soggetti che accedono ad entrambi i regimi, problemi e costi che potrebbero inficiare una adesione diffusa all’opzione in parola.
Altro elemento di debolezza del Gruppo IVA rispetto ad esempio alla liquidazione IVA di gruppo è rappresentato dalla circostanza che nel Gruppo vige il principio all in/all out, diversamente nella liquidazione Iva di gruppo la controllante può decidere di non ricomprendere tutte le società controllate nella citata liquidazione (principio del cherry picking).
Ultimo profilo da tenere in considerazione, specie per i gruppi multinazionali che operano in vari Paesi mediante stabili organizzazioni è il diverso trattamento che sussiste tra l’ipotesi in cui:
- la società madre controllante abbia optato per il gruppo IVA: in questo caso la stabile organizzazione non può far parte del Gruppo IVA, per cui le operazioni tra società e branch estera sono imponibili ai fini IVA, se rispettano il requisito oggettivo e territoriale, in virtù del disposto dell’art. 70-bis, comma 2, lett. a) del Decreto IVA (2)
- la società madre controllante non abbia optato per il gruppo IVA: in questo caso le operazioni poste in essere tra società e branch estera non sono imponibili ai fini IVA secondo quanto statuito dalla Corte UE nella sentenza FCE Bank (causa C-201/04) in base alla quale “un centro di attività stabile, che non sia un ente giuridico distinto dalla società di cui fa parte, stabilito in un altro Stato membro e al quale la società fornisce prestazioni di servizi, non deve essere considerato un soggetto passivo in ragione dei costi che gli vengono imputati a fronte di tali prestazioni”, principio condiviso dall’Amministrazione finanziaria nella R.M. 16.6.2006, n. 81/E.
-----
(1) Cfr. Provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 14.6.2016, Prot. n. 54237/2016 e Prot. n. 54749/2016, D.M. 15.6.2016 e C.M. 16.9.2016, n. 38/E.
(2) Cfr. in senso conforme sentenza Skandia (Causa C-7/13 del 17.9.2014).