Osservatorio sull'edilizia - Presentazione

La qualità dei contenuti de Il Sole 24 ORE insieme all’esperienza di BigMat - il più grande Gruppo europeo di Punti Vendita di materiali per costruire e ristrutturare - sono gli ingredienti fondamentali che hanno portato alla realizzazione dell’"Osservatorio sull’edilizia” che oggi siamo lieti di proporle. Uno strumento periodico di aggiornamento e informazione con una selezione di notizie ed approfondimenti del Gruppo 24 ORE dedicati al mondo dell’edilizia, con particolare attenzione agli aspetti normativi e agli aggiornamenti utili per lo svolgimento della sua professione.

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Non serve il nulla osta per opere interne e tende

Addio all’autorizzazione paesaggistica per le opere interne anche con modifica della destinazione d’uso, per gli interventi di miglioramento energetico, sismico o destinati all’eliminazione di barriere architettoniche (inclusi gli ascensori) che non alterano l’aspetto degli edifici. Niente nullaosta anche per tende o insegne di negozi, opere in sottosuolo, installazione di pannelli solari/fotovoltaici e ancora sostituzione di cancelli e recinzioni o realizzazione di strutture temporanee per eventi inferiori a 120 giorni.

Con la pubblicazione in Gazzetta (numero 68 del 22 marzo) del nuovo regolamento sulle autorizzazioni paesaggistiche (Dpr 31 del 13 febbraio 2017) arriva finalmente a traguardo l’obiettivo di liberalizzare (assoggettandoli solo alla richiesta di titolo edilizio, Cila o Scia, quando serve) tutta una serie di piccoli interventi di nessun impatto per il paesaggio e che invece erano sottoposti a defatiganti procedure.

Dal 6 aprile - giorno in cui le nuove misure entreranno in vigore - tutta un’altra serie di interventi «di lieve entità» viene invece assoggettata a un nullaosta paesaggistico semplificato, da rilasciare nel termine «tassativo» di 60 giorni. In tutto si tratta di 31 interventi completamente liberalizzati (elencati nell’«allegato A» del decreto) e di 42 tipologie di opere promosse a un iter rapido («allegato B»), per le quali insieme alla corsia preferenziale vengono anche previsti i modelli di richiesta standard e di relazione paesaggistica semplificata (a cura di un tecnico abilitato).

Tra i principali interventi sottoposti al regime semplificato figurano anche le opere che comportano aumenti di volume fino al 10% degli edifici che non alterano le caratteristiche del fabbricato (massimo 100 metri cubi), gli interventi antisismici, di miglioramento energetico o anti barriere-architettoniche che impattano sulla sagoma dell’edificio e anche la realizzazione di tettoie, porticati, chiostri da giardino permanenti, purché non superino la superficie di 30 mq. Nell’elenco anche opere a servizio di capannoni (tettoie, collegamenti, strutture di stoccaggio) o dehors di bar e ristoranti.

Le istanze andranno presentate agli sportelli unici per l’edilizia (Sue) o delle attività produttive (Suap). Saranno gli enti stessi a dover avvertire chi presenta la domanda nei casi in cui si accorgano che l’intervento ricade invece nel regime libero o in quello ordinario. Gli uffici potranno chiedere solo una volta integrazioni documentali con sospensione del termine. Le Sovrintendenze avranno 20 giorni (dalla richiesta di Sue o Suap) per dare l’ok o rifiutarlo. Poi scatta il silenzio assenso «e l’amministrazione procedente provvede al rilascio dell’autorizzazione». L’intero procedimento deve concludersi in 60 giorni, contro i 105 della procedura ordinaria.

Oltre agli «interventi di lieve entità», il regime semplificato riguarderà anche le domande di rinnovo per le autorizzazioni scadute da non più di un anno. Anche queste avranno un’efficacia di cinque anni, con possibilità di chiudere i lavori entro l’ anno successivo alla scadenza.

I decreto si occupa poi anche dei casi in cui l’autorizzazione paesaggistica si accompagni alla richiesta di un titolo edilizio (Cila, Scia o permesso di costruire) oppure al caso in cui il nullaosta riguardi un bene tutelato. In questi casi si presenterà una domanda unica e la risposta della Pa dovrà esaurire tutti i procedimenti in un colpo solo. In caso di “trasgressioni” (ad esempio interventi di lieve entità eseguiti senza autorizzazione, neppure semplificata) la «remissione in pristino» sarà l’ultima ratio. Prima bisognerà valutare la possibilità di interventi correttivi capaci di guadagnarsi l’autorizzazione.

ll nuovo regolamento (che abroga il precedente Dpr 139/2010) si applicherà da subito nelle Regioni a statuto ordinario. Quelle a statuto speciale avranno 180 giorni per emanare regole proprie ispirate ai principi del decreto. Le norme sugli interventi liberi si applicano comunque da subito «in tutto il territorio nazionale».

Pagamenti semplificati per i bonus sui lavori

Michele Brusaterra

Ai fini della detrazione per il recupero del patrimonio edilizio e la riqualificazione energetica, il bonifico è valido anche se non riporta tutti i dati richiesti, a condizione che il beneficiario rilasci un’apposita dichiarazione, e sempre che non sia possibile ripetere il pagamento.

Sul tema delle agevolazioni collegate agli interventi edilizi e di efficientamento, l’amministrazione finanziaria è tornata più volte nel corso dell’ultimo anno, semplificando - almeno in parte - le modalità di pagamento, oltre che toccando altri aspetti a 360 gradi, che interessano ad esempio il cosiddetto bonus mobili.

Rimediare al bonifico errato

Il decreto 41/1998 ha prescritto, agli albori della detrazione sul recupero dei fabbricati, introdotta dalla legge 449/1997, l’obbligo di effettuare il pagamento delle spese agevolabili attraverso il bonifico parlante. Tra i dati da indicare al suo interno c’è anche la causale che deve consentire, dal 2010, di far applicare all’intermediario, banca o posta, la ritenuta prevista dal Dl 78/2010 del medesimo anno, attualmente fissata nella misura dell’8 per cento.

Proprio con riferimento all’applicazione della ritenuta e ai requisiti del bonifico, l’agenzia delle Entrate - attraverso la circolare 43/E del 2016 e le ulteriori precisazioni fornite a Telefisco 2017 - ha dapprima ricordato che la detrazione non può venire riconosciuta in presenza di pagamenti effettuati con modalità diverse da quella appena indicata. Poi, però, ha affermato che tale preclusione può essere superata «anche nei casi in cui non sia possibile ripetere il pagamento mediante bonifico qualora risulti comunque soddisfatta la finalità della norma agevolativa», che è quella di addivenire alla corretta tassazione del reddito derivante dalla esecuzione delle opere di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica.

Il contribuente, può, quindi usufruire dell’agevolazione anche in presenza di un bonifico che non abbia consentito a banche e Poste italiane di adempiere correttamente all’obbligo di versamento della ritenuta, qualora il beneficiario del bonifico rilasci una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attraverso la quale attesti di aver ricevuto le somme e che i corrispettivi accreditati a suo favore «sono stati inclusi nella contabilità dell’impresa ai fini della loro concorrenza alla corretta determinazione» del proprio reddito.

Questo, deve ritenersi, sia nel caso in cui sia stato utilizzato un bonifico “ordinario”, sia nel caso in cui stato compilato erroneamente un bonifico “parlante”. Il problema, se mai, è che non sono chiare le situazioni in cui è “impossibile” rifare il pagamento. Questo è un passaggio chiave, perché è l’impossibilità a consentire l’utilizzo dell’attestazione prevista dalla circolare 43/E. Se il beneficiario ha cessato l’attività, è fallito o è deceduto, la ripetizione è impossibile. Ma ci sono molti casi più ambigui, come il rifiuto da parte del beneficiario di restituire le somme ricevute (si veda Il Sole 24 Ore del 6 febbraio). Ad esempio, l’impresa che ha ricevuto il pagamento potrebbe addurre anche motivazioni legate alle registrazioni degli incassi e delle uscite, se adotta il regime per cassa introdotto dal 1° gennaio 2017.

L’acquisto del box auto

La circolare 43/E ha chiarito anche che per poter usufruire della detrazione collegata all’acquisto di un box auto il pagamento può avvenire anche prima del preliminare o del rogito notarile, purché uno dei due atti venga comunque stipulato prima della presentazione della dichiarazione dei redditi del cessionario, fermo restando il rimedio dell’attestazione in presenza di bonifico non corretto.

I pagamenti per i mobili

Sempre in tema di pagamenti, sul fronte del bonus mobili la circolare 7/E/2016 ha chiarito, ricordando dapprima che gli strumenti utilizzabili per il pagamento sono il bonifico o la carta di debito o di credito, che in presenza di bonifico non è necessario che esso sia parlante, non rendendosi più necessario applicare, al contrario di quanto affermato nella circolare 29/E/2013, la ritenuta d’acconto.

Un chiarimento, quest’ultimo, reso in relazione al bonus mobili abbinato ai lavori di ristrutturazione, che però è applicabile anche agli acquisti effettuati da giovani coppie.

L’appaltatore «paga» per le ristrutturazioni

La responsabilità aggravata dell’appaltatore (articolo 1669 del codice civile) scatta non solo se i gravi difetti riguardano una nuova costruzione ma anche quando si manifestano dopo una ristrutturazione. Le Sezioni unite della Cassazione (sentenza 7756), scelgono, tra due indirizzi contrastanti, quello meno restrittivo.

Sulla questione anche la dottrina si era divisa. Data per scontata l’applicabilità dell’articolo 1669 ai casi di costruzione ex novo o di ricostruzione di parte dell’immobile, come ad esempio una sopraelevazione, il problema di interpretazione era sorto per le ristrutturazioni. I giudici ricordano che la giurisprudenza prevalente si è espressa per l’estensibilità della norma anche alle ipotesi di interventi di tipo “manutentivo-modificativo “ destinati ad avere una lunga durata nel tempo.

Per la tesi minoritaria, invece, l’articolo 1669 sarebbe applicabile solo alle opere eseguite ex novo dalle fondamenta o a quelle dotate di propria autonomia in senso tecnico. ?

Le Sezioni unite chiariscono che anche opere più limitate, oggetto di riparazioni straordinarie, ristrutturazioni, restauri o altri interventi di natura immobiliare possono “rovinare” o presentare evidente pericolo di rovina del manufatto, tanto nella parte riparata o modificata quanto in quella diversa e preesistente che sia coinvolta per ragioni di statica. L’attenzione dei giudici si sofferma però principalmente sull’ipotesi dei gravi difetti. Più volte la Cassazione ha applicato l’articolo 1669 anche in caso di opera limitate quando i gravi difetti, interessavano parti limitate o accessorie all’edificio ma tali da compromettere la funzionalità globale dell’opera. Gli esempi della Cassazione spaziano dallo scollamento, in misura notevole, delle mattonelle del pavimenti dei singoli appartamenti, alle infiltrazioni di acqua nelle murature, dall’inadeguatezza delle fosse biologiche, al disfacimento dell’intonaco esterno dell’edificio.

Per le Sezioni unite è il giusto approccio. Non è necessario che la norma sia applicata solo in caso di prima realizzazione dell’immobile, ma è possibile che l’opera oggetto dell’appalto consista e si esaurisca in alcuni elementi. Per i giudici bisogna prendere atto di un cambio di prospettiva, spostando il baricentro dell’articolo 1669 dall’incolumità di terzi, come in origine, alla compromissione del godimento normale del bene e «dunque da un’ottica pubblicistica ed aquiliana ad una privatistica contrattuale».

Vincono dunque la causa i condomini che avevano chiamato in giudizio l’appaltatore per delle fessurazioni interne ed esterne al fabbricato.

Barriere architettoniche, l’anziano del superattico ha diritto all'ascensore al piano

L'abbattimento delle barriere architettoniche legittima la sopraelevazione dell'impianto dell'ascensore, e l'ampliamento della scala padronale, da parte del proprietario del superattico, anche se il regolamento dell'edificio subordina all'autorizzazione del condominio qualunque opera che interessi le strutture portanti o l'estetica dell'edificio.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 28 marzo 2017 n. 7938, accogliendo il ricorso degli eredi di una signora di 87 anni, e chiarendo che il relativo diritto non si estingue con la morte della persona.
Dopo il via libera da parte del Tribunale di Roma, su ricorso del condominio, la Corte di appello aveva condannato gli eredi alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi. Per i giudici di secondo grado infatti non era stata fornita alcuna prova delle difficoltà di deambulazione della proprietaria, nel frattempo deceduta, per cui non trovava applicazione la normativa sulla eliminazione delle barriere architettoniche. Non solo, le opere contrastavano con le indicazioni particolarmente restrittive contenute nel regolamento condominiale. Proposto ricorso, gli eredi hanno invece sostenuto la legittimità delle opere realizzate, sia in relazione alla normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche, che dell'articolo 1102 c.c. riguardo l'uso della cosa comune.
La Suprema corte ricorda che, come evidenziato dalla Corte costituzionale (sentenza n.167/1999), la legislazione sui portatori di handicap «non si è limitata ad innalzare il livello di tutela, ma ha segnato un radicale mutamento di prospettiva rispetto al modo stesso di affrontare i problemi delle persone affette da invalidità, tali da dover essere assunti dall'intera collettività». In particolare, prosegue la sentenza, «si sono introdotte disposizioni generali per la costruzione di edifici privati e per la ristrutturazione di quelli preesistenti, intese alla eliminazione delle barriere architettoniche, indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte delle persone disabili».
Nella valutazione del legislatore, quale si desume dall'articolo 1 della legge n. 13/1989, dunque, «l'installazione dell'ascensore o di altri congegni … idonei ad assicurare l'accessibilità, adattabilità e visitabilità degli edifici, costituisce elemento che deve necessariamente essere previsto dai progetti relativi alla costruzione di nuovi edifici, ovvero alla ristrutturazione di interi edifici». Sulla base della legislazione vigente «l'esistenza dell'ascensore assicura la vivibilità dell'appartamento e riveste pertanto carattere essenziale».
E se anche queste indicazioni, argomentano i giudici, riguardano le nuove costruzioni o le ristrutturazioni integrali degli edifici, esse devono fungere da criterio guida, vista la loro «assolutezza», anche nel caso di ristrutturazioni parziali (ex articolo 2). Nel caso esaminato, dunque, i divieti posti dal regolamento condominiale, ulteriori rispetto limiti stabiliti dall'art. 1102 c.c., «appaiono recessivi rispetto all'ipotesi di realizzazione di opere, quale ampliamento delle scale ed adeguamento dell'ascensore, che devono ritenersi indispensabili ai fini di una effettiva abitabilità dell'immobile», dovendo ritenersi che «le disposizioni in materia di eliminazione di barriere architettoniche costituiscono norme imperative ed inderogabili, direttamente attuative degli artt. 32 e 42 Costituzione».
Inoltre, prosegue la Corte, «tali disposizioni devono ritenersi vigenti indipendentemente dall'effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte di persone disabili». Mentre il «concetto di disabilità va interpretato in senso ampio, anche alla luce della nuova dimensione che ha assunto il diritto alla salute, non più intesa come semplice assenza di malattia, ma come stato di completo benessere fisico e psichico», al punto che la disciplina sulle barriere architettoniche
deve ritenersi applicabile «anche alle persone che, a causa dell'età avanzata, pur non essendo portatori di handicap, abbiano comunque disagi fisici e difficoltà motorie».
Non solo, «il diritto al mantenimento ed all'uso dei dispositivi antibarriera (nella specie, un dispositivo servo scale), non costituisce un diritto personale ed intrasmissibile del condomino disabile, che si estingue con la morte dello stesso», per cui non ha alcun rilievo la circostanza che la proprietaria, sia deceduta nelle more del giudizio.
La sentenza è stata dunque cassata e rinviata ad altra Sezione della Corte di appello che dovrà verificare se le opere realizzate, a spese del condomino interessato, «rispettino i limiti dell'articolo 1102 c.c.». E nel far ciò dovrà tenere conto del principio di «solidarietà condominiale» secondo il quale «la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto di un diritto fondamentale, che prescinde dall'effettiva dell'utilizzazione da parte di costoro degli edifici interessati».

Edifici in classe A e B, vecchio Ape valido per la detrazione Iva

Riduzione dei consumi medi abitativi, riqualificazione del tessuto urbano. Con questi obiettivi, in sede di conversione del decreto Milleproroghe (Dl 244/2016, convertito dalla legge 19/2017) è stato confermato per quest’anno il bonus per l’acquisto di abitazioni nuove ad alta efficienza energetica.

Gli acquisti con rogiti stipulati entro il 31 dicembre 2017 potranno quindi beneficiare della detrazione Irpef pari al 50% dell’Iva versata sulla compravendita (che va divisa in dieci quote annuali) se riguardano abitazioni in classe energetica A o B «cedute dalle imprese costruttrici delle stesse» (legge 208/2015, articolo 1, comma 56), a prescindere dall’uso che ne verrà fatto e a prescindere anche dalla loro categoria catastale.

Dal 1° ottobre 2015 , con l’arrivo dei decreti interministeriali del 26 giugno 2015, la classe energetica – riportata nell’attestato di prestazione (Ape) necessario alla compravendita – viene individuata su una scala che va da A4 (massima efficienza) a G (minima).

Confrontando la prestazione energetica dell’immobile con il valore dell’indice di prestazione globale di un edificio di riferimento: un edificio “virtuale”, identico in termini di geometria, orientamento, eccetera, ma con determinati parametri tecnici e di consumo.

I dieci intervalli di prestazione energetica rappresentati dalle classi sono ricavati attraverso coefficienti di riduzione/maggiorazione di tale valore di riferimento, che determina il limite tra le classi A1 e B, e viene calcolato senza tener conto degli «eventuali impianti a fonti rinnovabili presenti nell’edificio reale» (secondo quanto previsto dalle Linee guida contenute nel Dm 16 giugno 2015). Il nuovo sistema si basa dunque su classi “scorrevoli”, guardando al fabbisogno annuo di energia primaria non rinnovabile, relativa a tutti i servizi presenti (climatizzazione invernale ed estiva, ventilazione, acqua calda sanitaria, illuminazione, trasporto di persone o cose).

Il vecchio sistema (prima dell’ottobre 2015) prevedeva invece classi energetiche diversamente distribuite, con otto livelli da A+ a G, e soprattutto “fisse”: la prestazione veniva individuata in base al consumo di combustibile necessario in un anno per riscaldare un metro quadrato (la classe A richiedeva, ad esempio, un rapporto kWh/mq annuo inferiore a 30).

L’attestato resta però valido dieci anni. Gli acquirenti di nuove case in classe A o B potrebbero quindi veder misurata l’efficienza secondo queste regole, se l’edificio è stato terminato (o ristrutturato) prima dell’arrivo del nuovo Ape. E ciò vale anche per la detrazione del 50% dell’Iva, considerato che la norma della legge di Stabilità 2016 che ha introdotto l’agevolazione parla solo di classe energetica e non impone alcuna data di termine dei lavori. Così il bonus potrebbe anche esser riconosciuto per acquisti di case edificate da oltre cinque anni, se il costruttore manifesta l’opzione Iva.

Bonus ristrutturazioni, 8,2 milioni di contribuenti scalano le detrazioni nel 730

L’anno scorso 8,2 milioni di contribuenti hanno usato la detrazione sul recupero edilizio nella dichiarazione dei redditi. Basta questa cifra, ricavata dalle statistiche delle Finanze, a spiegare perché è importante sapere cosa succede quando si acquista una casa ristrutturata. La possibilità di imbattersi in un venditore che sta sfruttando i bonus sui lavori è tutt’altro che remota. E il destino della detrazione andrebbe affrontato in anticipo per evitare brutte sorprese o discussioni.

La regola è dettata dall’articolo 16-bis del Tuir, norma-base della detrazione del 36% (maggiorata al 50% fino a fine 2017). Al comma 8 si dice che in caso di vendita dell’unità immobiliare «la detrazione non utilizzata in tutto o in parte è trasferita per i rimanenti periodi di imposta, salvo diverso accordo delle parti, all’acquirente persona fisica dell’unità immobiliare».

In generale, il fatto che il bonus segua la casa pone il venditore in una posizione di debolezza negoziale, perché deve esplicitare la presenza di un rimborso fiscale che la legge – in assenza di accordi diversi – attribuisce al compratore. E questo potrebbe dare agli acquirenti più attenti una leva da azionare nella trattativa, reclamando ad esempio una riduzione del prezzo. Il venditore, comunque, non è tenuto a specificare gli importi in ballo, né il numero di rate rimaste.

Le rate trasferite

Vediamo le cifre in gioco con un esempio, partendo da un appartamento di 90 metri quadrati a Milano, in zona Città studi-Gorini, per il quale Tecnocasa rileva un prezzo di 3mila euro al metro quadrato, 270mila in totale. Immaginiamo che il proprietario abbia speso 50mila euro per ristrutturarlo nell’autunno del 2012. La detrazione, pari al 50%, vale in tutto 25mila euro, da dividere in dieci rate annuali da 2.500 euro a partire dalla dichiarazione dei redditi presentata nel 2013.

Se la casa viene venduta quest’anno, il venditore avrà fatto in tempo a sfruttare cinque rate (dal 2013 al 2017). Le altre cinque, per una detrazione totale di 12.500 euro, sono quelle rispetto alle quali si può “trattare”, e valgono – di fatto – il 4,6% del prezzo. Se pensiamo che lo sconto medio rilevato da Nomisma sul mercato milanese è il 12%, si capisce bene quanto possa pesare la variabile dei bonus. Naturalmente, è decisivo che il compratore abbia “capienza fiscale”, cioè un reddito abbastanza alto da generare un’Irpef maggiore dei bonus fiscali.

Attenzione: ai fini del passaggio, la data del rogito è ininfluente. Anche se l’alloggio venisse venduto il 30 dicembre 2017, in assenza di accordi specifici, la detrazione relativa al 2017 (e agli anni successivi) passerebbe all’acquirente, che la potrebbe usare dal modello Redditi Pf o 730 presentato nel 2018.

I lavori

Le detrazioni trasferibili riguardano gli interventi agevolati dal 36-50% che il proprietario può eseguire nelle singole unità abitative (il comma 8 richiama le opere indicate al comma 1 dello stesso articolo 16-bis del Tuir): dalla manutenzione straordinaria, (come lo spostamento di una parete), fino alle opere per la prevenzione di atti illeciti (come l’installazione di inferriate), la costruzione di box auto pertinenziali e la bonifica dell’amianto.

La legge cita la vendita dell’unità «sulla quale sono stati realizzati gli interventi», ma nella lista dei lavori ammessi sono compresi gli interventi sulle parti comuni (alla lettera a) del comma 1). Si deve ritenere, quindi, che chi compra un appartamento – salvo diverso accordo con il venditore – acquisisca anche le rate residue della detrazione per lavori condominiali. In questo caso, sarà l’amministratore di condominio a dover dare al compratore una copia della certificazione per i lavori che aveva rilasciato a suo tempo al venditore.

In virtù del rimando generale al 36%, tutte le regole viste fin qui si applicano anche alla detrazione sulla riqualificazione energetica del 55%, ora al 65%, aumentabile fino al 75% per lavori ad alta efficienza (circolare 19/E, par. 1.7). Non si trasferisce, invece, il bonus del 50% per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici abbinato ai lavori. Le Entrate l’hanno detto rispondendo a un quesito che riguardava il decesso del beneficiario e il trasferimento dell’immobile mortis causa (circolare 17/E/2015, par. 4.6) . Secondo l’Ance, però, la motivazione vale anche per la cessione per atto tra vivi: il motivo per cui il bonus mobili non si trasferisce, infatti, è che l’articolo 16-bis riguarda solo le agevolazioni per il recupero edilizio e la riqualificazione energetica degli edifici.

Le cessioni

L’espressione «vendita» non va presa alla lettera. Il trasferimento dei bonus si applica a tutte le ipotesi di cessione, comprese quindi le permute e le donazioni (circolare 57/1998 delle Finanze). Se invece viene venduta solo una quota della proprietà, o la nuda proprietà, la detrazione resta al venditore (circolare 24/E/2004), a meno che la quota ceduta non ricomponga la piena proprietà in capo all’acquirente: in quest’ultimo caso l’operazione è assimilata alla cessione vera e propria.

Due criteri per il rischio sismico

Dario Aquaro

Dal 1° marzo sono operativi i nuovi criteri di classificazione del rischio sismico degli edifici che rendono operativi i nuovi maxibonus fiscali per gli interventi antisismici. Il Dm firmato il 28 febbraio scorso dal ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio riporta le linee guida «per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni» dando così attuazione alla legge di Bilancio 2017 (legge 232/2016, articolo 1, comma 2, lettera c). I maxibonus dal 70 all’85%, infatti, si ottengono solo se l’intervento che beneficia della detrazione permette di migliorare la classe di rischio di una o due posizioni. Come precisa lo stesso Dm (articolo 5, comma 2) le norme sono in vigore dal giorno seguente alla loro pubblicazione sul sito del ministero, cioè dal 1° marzo scorso.

Mutuando la scala dal sistema di certificazione energetica, il decreto individua otto classi di rischio che vanno da A+ (massima) a G (minima). Per determinare il livello di un edificio si possono seguire due metodi alternativi:

convenzionale;

semplificato (applicabile solo agli edifici in muratura).

Il metodo convenzionale può essere usato su qualsiasi edificio, si svolge secondo i normali criteri di analisi delle Norme tecniche di costruzione e consente di valutare la classe di rischio «sia nello stato di fatto sia nello stato conseguente all’eventuale intervento».

La classe sismica viene assegnata in funzione di due parametri:

l’indice di sicurezza della struttura (o anche indice di rischio, IS-V);

la Perdita annuale media attesa (Pam), che corrisponde al costo di riparazione dei danni provocati dagli eventi sismici durante la vita dell’edificio, diviso annualmente ed espresso in percentuale rispetto al costo di ricostruzione.

Una volta inquadrati i parametri Pam e IS-V in cui ricade l’edificio, la classe di rischio si individua prendendo la peggiore delle due: anche se – si legge nelle linee guida – tale livello non offre una rappresentazione corretta, «specie se i valori dei parametri che definiscono le due tipologie di classi (…) cadono in prossimità degli estremi degli intervalli».

La classe di rischio della singola unità immobiliare coincide con quella dell’intero edificio. Negli aggregati edilizi dove «l’individuazione dell’unità strutturale è più complessa», è però consentito far riferimento al metodo semplificato.

Il metodo semplificato si fonda su una classificazione macrosismica dell’edificio ed è indicato «per una valutazione speditiva della classe di rischio dei soli edifici in muratura». Può essere usato sia per una diagnosi preliminare indicativa, sia per attribuire la classe «in relazione all’adozione di interventi di tipo locale» (l’elenco è compreso nelle linee guida).

La classe di rischio assegnata in via semplificata rappresenta comunque una stima attendibile ma non sempre coerente con quella ottenuta con il metodo convenzionale.

Con il calcolo semplificato, la classe di rischio si determina a partire dalla Scala macrosimica europea (Ems), che individua sette tipologie di edifici in muratura e per ognuna fissa la classe di vulnerabilità (ce ne sono sei, da non confondersi con quelle di rischio).

Per definire la classe di rischio bisogna incrociare la classe di vulnerabilità con la «pericolosità del sito in cui è localizzato l’edificio», cioè la zona sismica di appartenenza(ex Ordinanza della presidenza del Consiglio dei ministri 3274 del 20 marzo 2003) sulla base della griglia riportata nelle linee guida.

Per mitigare il rischio sismico, i professionisti devono progettare interventi (con effetti sulla Pam e sull’indice IS-V) che possono interessare elementi strutturali e non. Quando si segue il metodo convenzionale, non è previsto alcun limite ai passaggi di classe dell’immobile.

Al contrario, con il metodo semplificato - impiegabile solo se si tratta di interventi di rafforzamento locale, riferiti alle murature (e indicati nel Dm) – è ammesso il “salto” di una sola classe. Indipendentemente da come si inquadrano le opere all’interno delle Norme tecniche (adeguamento, miglioramento o intervento locale), occorre sempre valutare il comportamento globale della costruzione. Anche se si eseguono lavori di rafforzamento locale, dunque, la verifica globale va comunque svolta, «senza in alcun modo incidere sulle procedure amministrative previste per tali interventi»: in questo caso, si potranno eseguire meno indagini rispetto a quelle previste dalle Norme tecniche.

Immobili: nel 2016 oltre 1 milione di transazioni (+18,4%)

Terzo anno consecutivo in positivo per il mercato del mattone che supera, nel 2016, il milione di immobili compravenduti (1,141 milioni) con un aumento del 18,4%: un risultato che non veniva raggiunto dal 2011. Nell'ultimo trimestre dell'anno scorso l'incremento degli scambi è stato del 16,4%. Lo rileva la Nota dell'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia delle entrate pubblicata il 1° marzo. La crescita più elevata ha riguardato il settore produttivo (+22,1%), seguito dalle pertinenze (+19,2%), dal residenziale (+18,9%), dal commerciale (+16,6%) e dal terziario (+12,5%). Tra le grandi città il mercato delle abitazioni è stato più vivace a Torino, che incrementa le compravendite del 26,4% rispetto al 2015, a Bologna (+23,7%), Genova (+22,9%) e Milano (+21,9%); Roma registra +10,6%. Nonostante un leggero rallentamento nella seconda parte dell'anno, specie al centro e al sud, il 2016 conta 528.865 transazioni di case nel 2016, con una crescita omogenea nei comuni capoluogo (+18,7%) e in quelli non capoluogo (+19,1%). Rispetto al 2015 aumenta l'acquisto della nuda proprietà (+11,5%) e quello tramite mutuo ipotecario (+27,3%). In linea con la diminuzione dei tassi d'interesse e la stabilità del capitale erogato medio per unità, scende del 4% sul 2015 la rata mensile iniziale, portandosi al livello medio di € 570. Le compravendite delle pertinenze, riconducibili in larga parte a immobili al servizio delle abitazioni, come cantine, box e posti auto, hanno raggiunto le 411.003 transazioni, mentre uffici e istituti di credito toccano le 9.946, il settore commerciale le 30.586 unità scambiate e il settore produttivo (capannoni e industrie) è arrivato a 11.287.

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