Osservatorio sull'edilizia - Presentazione

La qualità dei contenuti de Il Sole 24 ORE insieme all’esperienza di BigMat - il più grande Gruppo europeo di Punti Vendita di materiali per costruire e ristrutturare - sono gli ingredienti fondamentali che hanno portato alla realizzazione dell’"Osservatorio sull’edilizia” che oggi siamo lieti di proporle. Uno strumento periodico di aggiornamento e informazione con una selezione di notizie ed approfondimenti del Gruppo 24 ORE dedicati al mondo dell’edilizia, con particolare attenzione agli aspetti normativi e agli aggiornamenti utili per lo svolgimento della sua professione.

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Edilizia privata, dal 30 giugno operativi i nuovi moduli unici

Nella conferenza unificata di ieri 4 maggio è stato sottoscritto l'accordo tra governo, regioni e comuni sui moduli standard uguali in tutta Italia da utilizzare sia per gli interventi di edilizia privata, sia per le richieste relative alle attività economiche e commerciali, sempre promosse dai privati, cittadini o imprese, per le quali sono necessari, a seconda dei casi, segnalazioni, comunicazioni e istanze.
Le regioni, in relazione alle specifiche normative regionali, possono adattare gli schemi entro il prossimo 20 giugno ed entro il 30 giugno i comuni dovranno recepire i moduli unificati e standardizzati e metterli a disposizione di cittadini e imprese.

Le principali novità della nuova modulistica in materia di attività edilizia
I moduli unificati e semplificati oggetto dell'accordo sono:
A. CILA;
B. SCIA e SCIA alternativa al permesso di costruire (nelle regioni che hanno disciplinato entrambi i
titoli abilitativi i due moduli possono essere unificati);
C. Comunicazione di inizio lavori (CIL) per opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti
e temporanee;
D. Soggetti coinvolti (allegato comune ai moduli CILA, SCIA e CIL);
E. Comunicazione di fine lavori;
F. SCIA per l'agibilità.
Con successivi accordi verranno adottati i moduli per le attività/procedimenti indicati nella Tabella A del D.Lgs. 222/2016. Inoltre, i moduli già adottati potranno essere, ove necessario, aggiornati.
Il modulo della SCIA (compresa la SCIA alternativa al permesso di costruire) è organizzato in due sezioni: la prima è dedicata ai dati, alla segnalazione e alla dichiarazione del titolare (proprietario, affittuario ecc.); la seconda parte è riservata alla relazione di asseverazione del tecnico: un percorso guidato indica tutte le possibili opzioni connesse alla realizzazione del progetto quando, contestualmente alla SCIA, è necessario presentare altre segnalazioni o comunicazioni (SCIA unica) o richiedere l' acquisizione degli atti di assenso (SCIA condizionata). Infine una lista di controllo: il quadro riepilogativo della documentazione, che può essere essere generato "in automatico" dal sistema informativo, consente di verificare la presenza degli allegati necessari. Questa modulistica, implementata su sistema informativo, consentirà a tecnici e cittadini di selezionare e compilare solo le opzioni di proprio interesse, creando un percorso telematico guidato e personalizzato.
I moduli della CILA e dell'agibilità sono più snelli e raccolgono in un unico documento le dichiarazioni del titolare, l'asseverazione del tecnico e la lista di controllo (quadro riepilogativo). Se, contestualmente alla CILA, sono necessarie altre comunicazioni, segnalazioni o autorizzazioni, i tecnici potranno compilare gli apposito campi (utilizzando le informazioni contenute nella relazione della SCIA e nella relativa lista di controllo).
Completano il quadro il modello della comunicazione di fine lavori e quello per l'inizio lavori (CIL) per le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee, che vanno rimosse entro 90 giorni.
Infine, vi è un allegato comune a CILA, SCIA e CIL per i "soggetti coinvolti" e cioè gli altri eventuali titolari (per esempio i comproprietari), il tecnico incaricato e il direttore dei lavori ove previsti.
La modulistica per i titoli abilitativi edilizi, già adottata con precedenti accordi, viene adeguata alle
novità introdotte dal D.Lgs. 126/2016 dal D.Lgs. 222/2016. Viene inoltre adottata la modulistica per SCIA ai fini dell'agibilità, che consentirà di eliminare i circa 150.000 certificati che ogni anno sono rilasciati in Italia.
Non è più richiesta la presentazione delle autorizzazioni, segnalazioni e comunicazioni preliminari all'avvio dell'attività. sarà lo sportello unico del comune ad acquisirle: è sufficiente presentare una domanda (CILA o SCIA più autorizzazioni) o le altre segnalazioni/comunicazioni in allegato alla SCIA unica (CILA e SCIA più altre segnalazioni o comunicazioni). In questo modo l'Italia si adegua al principio europeo secondo cui "l'amministrazione chiede una volta sola" ("Once only").

La nuova modulistica

Identikit con tre profili per gli abusi edilizi

di Carmen Chierchia e Guido Inzaghi di Carmen Chierchia e Guido Inzaghi

Dalle piccole difformità rispetto alle autorizzazioni edilizie alle costruzioni interamente irregolari. Il ventaglio di interventi e opere abusive è molto ampio e il Testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001) collega ad ogni tipologia un’articolata disciplina sanzionatoria. Nella pratica, però, l’individuazione dell’esatto tipo di abuso è tutt’altro che facile e il contrasto tra la valutazione comunale e quella del proprietario/responsabile arriva nelle aule giudiziarie. Il risultato è che spesso è il giudice amministrativo che interpreta i casi concreti.

Con la sentenza del 30 marzo 2017 n. 1484, il Consiglio di Stato, partendo dal caso dell’apertura di un lucernaio al posto di due aperture minori (che i giudici hanno considerato come un abuso sostanziale) ha definito una griglia di valutazioni interpretative per qualificare le tipologie delle difformità tra il costruito e l’autorizzato.

L’abuso edilizio è la difformità tra ciò che viene costruito e quanto è autorizzato (o autorizzabile). A seconda della gravità di questa differenza, si rinvengono le seguenti figure:

abuso totale, quando la costruzione avviene in assenza di qualsiasi titolo abilitativo;

abuso sostanziale, se il manufatto è completamente diverso - per caratteristiche costruttive o destinazione d’uso - rispetto a quanto oggetto di permesso e se vi sono variazioni essenziali;

abusi minori, ossia gli interventi realizzati con modalità diverse da quelle previste e autorizzate ma che incidono su elementi particolari e non essenziali.

Molte sono le disposizioni del Testo unico che disciplinano la materia in questione (articoli da 31 a 44), in cui la caratterizzazione degli abusi viene affidata a concetti di portata generale.

Abusi totali

Rientrano nella nozione di abuso totale sia le ipotesi di costruzioni realizzate in assenza di titolo sia quelle completamente diverse rispetto al permesso.

La costruzione in assenza di permesso di costruire si realizza quando il titolo non esiste “oggettivamente” (non è stato mai richiesto o rilasciato) ma anche quando un questo esista ma risulti privo di efficacia, sia in origine (ad esempio, permesso rilasciato da un settore comunale non competente) sia a seguito di un provvedimento di autotutela del Comune o una pronuncia di annullamento da parte del giudice amministrativo.

La totale difformità dal permesso di costruire si verifica in caso di realizzazione di manufatti completamente diversi per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso, e per l’esecuzione di volumi oltre i limiti indicati nel progetto e autonomamente utilizzabili.

Abusi sostanziali

Gli abusi sostanziali sono quelli che si verificano in presenza delle cosiddette “variazioni essenziali” e determinano una sostanziale differenza quali-quantitativa con il progetto autorizzato.

I criteri per la definizione delle variazioni essenziali sono indicati dall’articolo 32 del Testo unico dell’edilizia (si veda lo schema a fianco) e concernono il mutamento di destinazione d’uso con variazione degli standards, aumento della cubatura o della superficie, modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto e la violazione della normativa edilizia antisismica.

Le Regioni possono stabilire puntualmente i casi che determinano variazioni essenziali nel rispetto dei principi fissati dal legislatore nazionale.

Come si vede, le caratteristiche distintive tra “assenza di permesso”, “totale difformità” e “variazioni essenziali” sono - nei fatti - notevoli, ma ad esse il legislatore attribuisce la stessa disciplina sanzionatoria (amministrativa): le costruzioni realizzate in assenza di permesso o con variazioni essenziali devono essere demolite, essendo necessaria la riduzione in pristino del manufatto abusivo.

Abusi minori

Si verifica abuso minore in caso di “difformità parziale”, ossia quando gli interventi costruttivi, pur se autorizzati, sono realizzati con modalità diverse che incidono solo su elementi particolari e non essenziali della costruzione.

Come è stato chiarito dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato, sentenza del 1° giugno 2016, n. 2325) la parziale difformità occorre quando vengono in rilievo gli stessi lavori edilizi autorizzati dal titolo ma eseguiti unicamente in parziale difformità da esso, con la conseguenza che non è quindi possibile identificare una parziale difformità quando si tratta di opere realizzate senza titolo per ampliare un manufatto preesistente (ossia opere non previste dal titolo originario ma in ampliamento a quanto ivi autorizzato).

In questo senso, sono da qualificare come difformità parziale le opere che non comportano una snaturazione, per conformazione o struttura, dell’opera autorizzata, ma solo accorgimenti tecnici necessari ad evitare inconvenienti di comune esperienza. È il caso dell’innalzamento del solaio: quando questa attività occorre solo nella misura tesa a facilitare lo scorrimento delle acque meteoriche, secondo la giurisprudenza si tratta di difformità parziale (Consiglio di Stato, sentenza del 10 luglio 2013, n. 3676); viceversa l’incremento di cubatura di una porzione di sottotetto con contestuale mutamento di destinazione d’uso costituisce senza dubbio un abuso totale.

Difformità non rilevanti

Infine, nella scala gerarchica delle difformità, vi è un’ultima ipotesi: le violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedono per singola unità immobiliare il 2% delle misure progettuali non rientrano tra le ipotesi di difformità parziali. Si tratta di scostamenti dai parametri autorizzati di misura talmente contenuta da non potere essere considerati un illecito edilizio.

Niente demolizione per gli illeciti minori

Il principio di legalità delle costruzioni impone di non tollerare l’esistenza di abusi edilizi. Pertanto, la regola base dell’ordinamento italiano è che ogni eventuale difformità - “totale”, “sostanziale” o “parziale” - debba essere rimossa.

Nessuna eccezione per gli abusi più gravi, che devono essere necessariamente demoliti dietro ordine del competente ufficio comunale, mentre per gli abusi “minori” la demolizione può essere evitata in presenza di determinati requisiti.

Pertanto in assenza di permesso, totale difformità o difformità sostanziali, il Testo unico dell’edilizia impone l’obbligo della demolizione dell’abuso, a cui sono poi connesse sanzioni pecuniarie e penali (si veda lo schema a sinistra).

In tema di demolizioni è all’esame del Senato, in seconda lettura, un disegno di legge (AS 580-B) che fissa le priorità per l’esecuzone degli abbattimenti che mette al primo posto gli immobili con un rilevante impatto ambientale, quelli situati su area demaniale o vincolate o che possono rappresentare un pericolo (si veda Il Sole 24 Ore del 21 aprile 2017).

Anche in caso di parziale difformità dal permesso di costruire, la regola del Testo unico è la demolizione; tuttavia, se è oggettivamente impossibile procedere alla demolizione (ad esempio se demolire la parte difforme comprometterebbe la stabilità dell’edificio), l’ordinamento acconsente al mantenimento della parte difforme dietro pagamento di una sanzione pecuniaria pari al doppio del valore di quanto difforme.

La giurisprudenza (da ultimo il Consiglio di Stato, sentenza 1484/2017, ma anche sentenza 1912/2013) ribadisce che questa chacne è un’eccezione in quanto:

ha una valenza derogatoria unicamente connessa alla presenza di “parziale difformità” e non deve essere considerata come regola generale applicabile a tutte le forme di abuso;

anche nel caso di abusi “minori”, la possibilità di ricorrere al pagamento della sanzione non è sempre possibile, dovendo essere dimostrato in maniera inequivoca che la demolizione inficerebbe la statica dell’immobile.

A questo assetto sanzionatorio si deve aggiunge l’istituto dell’accertamento di conformità (articolo 36). In caso di interventi formalmente sprovvisti di titolo, ma che sono conformi alla disciplina edilizia (vigente sia al momento della realizzazione dell’abuso sia al momento della domanda), si può ottenere una sanatoria, pagando una oblazione pari al doppio del contributo di costrizione. In questo caso, l’ordinamento consente una sanatoria dell’abuso in ragione dell’accertata compatibilità della costruzione con la disciplina edilizia, sia in origine che successivamente.

Simile alla situazione della difformità parziale è il caso dell’abusività sopravvenuta, che occorre quando un’opera è realizzata in base a un permesso che poi viene annullato (ad esempio, dal Tar). In tal caso, l’abuso che ne deriva sottostà ad un trattamento normativo più favorevole rispetto all’abuso originario. Infatti, l’articolo 38 del Testo unico gradua le sanzioni in base alla gravita della violazione, prevedendo che:

in queste evenienze la prima cosa da verificare è se sia possibile eliminare i vizi della procedura amministrativa emanando un nuovo permesso che sani l’abuso derivato dall’annullamento;

se non è possibile resta ferma la regola della demolizione;

se però la riduzione in pristino non è tecnicamente eseguibile, il Comune può applicare una sanzione pecuniaria pari al valore delle opere abusivamente eseguite.

Si tratta di una disposizione più favorevole rispetto all’abuso originario in quanto non applica tout court la regola della demolizione ma prevede due possibili forme di sanatorie.

Il condominio paga per l’eternit caduto

La prima vera normativa che abbia seriamente trattato della capacità di creare posizioni di garanzia (nella specie di controllo delle fonti di pericolo di amianto ) è stata emanata con il Dlgs 277/99. Il Dlgs 257/2006 recepisce nel nostro ordinamento giuridico la direttiva 2003/18/CE sui rischi derivanti dall’esposizione all’amianto durante il lavoro. Queste norme, unitamente al Dlgs 81/2008, vietano di conservare all’interno del condominio materiale contenenti amianto.

La Corte di Cassazione (sentenza 6029/2017) ha rigettato il ricorso contro una sentenza che ha condannato i proprietari di un edificio al risarcimento del danno in favore di un Comune, corrispondente alla spesa per rimuovere il materiale di costruzione a base di amianto a seguito del distacco dall’edificio condominiale di numerose lastre di eternit che si erano riversate sulla pubblica strada.

La Corte ha condiviso il ragionamento del giudice di appello che, sulla base dell’istruttoria di primo grado, aveva stabilito che le lastre di eternit si fossero staccate dall’edificio condominiale non a causa di una tempesta di vento bensì per inadeguata copertura dell’edificio. Da tale assunto consegue la correttezza della sentenza impugnata la quale ha ritenuto provato il danno, consistente nell’occupazione della strada comunale e nella spesa necessaria per la loro rimozione, sulla base della determinazione del Comune e della fattura per la rimozione delle lastre.

La sentenza applica il principio “chi inquina paga” secondo quanto previsto dall’articolo 192 del Dlgs 152/2006 il quale, oltre a vietare l’abbandono di rifiuti sul suolo, statuisce che l’autore sia tenuto a procedere alla rimozione , all’avvio a recupero o allo smaltimento di rifiuti e al ripristino dello stato dei luoghi.

Le spese per il ripristino strutturale del parapetto del balcone «aggettante»

Sporgendo dalla facciata dell'edificio i balconi aggettanti si devono ritenere alla stregua di un mero prolungamento dell'appartamento dal quale protendono. Come tali sono di proprietà esclusiva dei relativi titolari. Inoltre, poiché non svolgono neppure una funzione d'interesse condominiale, le spese per la manutenzione sono accollate per intero al proprietario. Peraltro, tenendo conto di quanto descritto riguardo all'incidenza del distacco strutturale lamentato sulla facciata dell'edificio, la distribuzione delle spese per i lavori di ricostruzione del parapetto risponde a un regime diverso. Gli elementi che incidono sulla facciata dell'edificio, infatti, anche per il solo fatto di essere costruiti con caratteristiche uniformi per l'intero edificio, hanno un'indiscutibile funzione estetica, accrescendo il pregio architettonico dello stabile. Sono pertanto “parti comuni” ai sensi dell'art. 1117 c.c.. La riparazione o ricostruzione ricade su tutti i condomini, proporzionalmente al valore della proprietà di ciascuno. Rimane salva la prova contraria da cui risulti che trattandosi di un edificio scevro da qualsiasi uniformità architettonica, o che si trova in uno stato di scadimento estetico tale da rendere irrilevante un intervento arbitrario del singolo proprietario. Ne conseguirà in tal caso, per le ragioni dette, l'esclusività della spettanza delle spese in capo al proprietario dell'appartamento dal quale il balcone protende.

Nulla osta paesaggistici svincolati dai titoli edilizi

Raffaele Lungarella

Il nuovo regolamento sulle autorizzazioni paesaggistiche (Dpr del 13 febbraio 2017, n.31) per gli interventi di lieve entità ha individuato le opere che non necessitano del nulla osta e ampliato l’elenco di quelle per quali è prevista una procedura semplificata, con l’obiettivo di ridurre gli adempimenti e semplificare i procedimenti autorizzativi.

Chi intende eseguire dei lavori deve però prestare attenzione al fatto che fra autorizzazione paesaggistica e titolo abilitativo edilizio non c’è una corrispondenza assoluta: non è cioè per nulla scontato che un intervento che non richiede più il nulla osta paesaggistico rientri anche fra le opere in edilizia libera.

IL Dpr 31/2017

Sono 31 i gruppi di interventi edilizi, di arredo urbano, di manutenzione di alvei e impianti vari, localizzati nelle aree vincolate di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, che possono essere realizzati senza l’autorizzazione paesaggistica. Il loro elenco è riportato in uno dei due allegati al Dpr 31/ 2017, che contiene il regolamento con il quale sono stati individuati sia gli interventi esclusi dall’autorizzazione (allegato A), che quelli la cui realizzazione è sottoposta all’autorizzazione paesaggistica semplificata (allegato B).

Con l’entrata in vigore, lo scorso 6 aprile, di questo nuovo regolamento, va in pensione il Dpr 139/2010, che ha regolato, fino a quella data, il procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità. L’emanazione di un regolamento per l’individuazione degli interventi per i quali non è necessaria l’autorizzazione ordinaria e per lo snellimento e la semplificazione dei procedimenti, è prevista dal Codice dei beni culturali (il Dlgs 42/2004).

Considerati anche i 42 raggruppamenti per i quali è sufficiente l’autorizzazione semplificata diventano 73 i “gruppi di opere” realizzabili nelle aree di tutela senza l’autorizzazione paesaggistica ordinaria.

Il numero degli interventi puntuali che può essere classificato di lieve entità è, però, molto più ampio. Per esempio, tra gli interventi sui prospetti e sulle coperture degli edifici, esclusi dall’autorizzazione paesaggistica, sono compresi la coibentazione degli edifici per migliorare la loro efficienza energetica, la manutenzione di balconi, terrazze o scale esterne, la sostituzione di lucernai, comignoli, parapetti; gli interventi di sistemazione delle aree di pertinenza degli edifici esistenti, per i quali occorre l’autorizzazione semplificata, comprendono le nuove pavimentazioni, gli accessi pedonali e carrabili, la realizzazione di rampe e di opere fisse di arredo.

I titoli abilitativi

Questa pluralità di lavori puntuali, che si riscontra in varie descrizioni degli interventi riportati negli elenchi dei due allegati del Dpr 31/2017, rende difficile stabilire una corrispondenza stretta e univoca tra il regime di autorizzazione paesaggistica, esclusione o semplificazione, e il tipo di titolo abilitativo richiesto per la realizzazione dell’intervento edilizio, e, cioè, se l’intervento può essere realizzato in edilizia libera oppure se serve la comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila), la segnalazione certificata di inizio attività (Scia) o il permesso di costruzione. Vi sono interventi che possono essere realizzati con lo stesso titolo abilitativo, per non essendo esclusi dall’autorizzazione paesaggistica in determinati contesti, e avendo bisogno di quella semplificata in altre condizioni. Potrebbe essere questo il caso, per esempio, di alcune opere relative all’installazione di pannelli solari, oppure quello della realizzazione di alcuni interventi per il superamento delle barriere architettoniche.

Per abbinare autorizzazione paesaggistica e titolo edilizio occorre soffermarsi sulle caratteristiche dello specifico intervento.

Le opere escluse

Sugli aspetti tecnici di realizzazione degli interventi, l’articolo 4 del nuovo regolamento, prevede, limitatamente agli interventi e alle opere escluse dall’autorizzazione paesaggistica (quelli riportati nell’allegato A), che i piani paesaggistici possano dettare disposizioni e direttive per specificare, negli strumenti della pianificazione urbanistica comunale, le metodologie che devono essere applicate. Naturalmente, in attesa di indicazioni, da subito si applicano tutte le disposizioni del Dpr 31/2017.

Il rinnovo

Il procedimento di autorizzazione semplificato (previsto per gli interventi dell’allegato B) si applica pure alle richieste di rinnovo dell’autorizzazione paesaggistica, anche ordinaria rilasciata ai sensi dell’articolo 146 del Dlgs 42/2004. Devono però ricorrere diverse condizioni. La richiesta deve riguardare un’autorizzazione scaduta da non più di un anno e l’intervento almeno in parte non deve essere ancora realizzato; inoltre, il progetto per il quale si chiede il rinnovo deve essere conforme a quello originariamente autorizzato e alle altre eventuali prescrizioni.

Consiglio di Stato: il soppalco interno costruito senza Dia va demolito, impossibile una semplice multa

La realizzazione di un soppalco interno non comporta aumento della cubatura bensì della superficie utile. L'articolo 34 del Testo Unico edilizia (laddove prevede l'applicazione di una sanzione pecuniaria) è applicabile solo ove le opere contestate siano state realizzate in difformità dal titolo edilizio rilasciato; viceversa, ove sia stata presentata una Dia e vengano abusivamente realizzate opere soggette a permesso di costruire, si rende applicabile la sanzione (più grave) della demolizione.

I fatti contestati
I comproprietari di un'abitazione con adiacente fabbricato ad uso autorimessa presentano una Dia per il rifacimento della copertura dell'autorimessa A seguito di sopralluogo, il Comune accerta la realizzazione di opere edilizie in assenza di permesso di costruire, consistenti nella sopraelevazione dei muri perimetrali e del colmo del tetto raggiungendo un'altezza superiore ai limiti previsti dal piano regolatore, aumento della volumetria e realizzazione di un soppalco con conseguente aumento della superficie utile. Accertate tali violazioni, il Comune dispone la demolizione delle opere abusive.

Le ragioni della difesa
La difesa si articola su diversi fronti. In primo luogo, si lamenta la lesione del diritto alla difesa costituzionalmente garantito (ex artt. 24 e 111 Cost.) nonché la violazione dell'art. 22 della Legge 241/90. Nella sostanza, secondo i proprietari, il Comune non avrebbe notificato il rapporto stilato dalla Polizia Municipale e, di conseguenza, non sarebbe stato possibile contraddire i rilievi dell'Amministrazione. Quanto all'incremento di cubatura, i proprietari contestano l'esattezza delle misurazioni compiute dall'Amministrazione rilevando la legittimità degli intervenuti aumenti di cubatura in quanto contenuti nel 20% del volume esistente. Viene contestata anche la sanzione irrogata: i proprietari invocano l'articolo 34 del Dpr n. 380/2001 che prevede, per le opere realizzate in parziale difformità dal titolo autorizzativo edilizio, l'applicazione della sanzione pecuniaria mentre l'amministrazione avrebbe applicato la sanzione, ben più severa, della demolizione che, peraltro, nel caso in esame, non sarebbe stato possibile eseguire senza pregiudicare la parte realizzata in conformità.

L'esito del giudizio
Il giudizio si svolge praticamente a senso unico: il Tar Piemonte, con la sentenza del 23 novembre 2005 n. 3763, respinge il ricorso. La quarta sezione del Consiglio di Stato, in primo luogo, rileva che «… ad una sommaria delibazione, propria della fase cautelare, i motivi di appello, relativi soprattutto alla regolarità degli accertamenti, non appaiono fondati» per cui , con ordinanza cautelare n. 3583/2006 del 14 luglio 2006, respinge l'istanza di sospensione dell'esecutività della sentenza impugnata e quindi, con sentenza del 12 aprile 2017 n. 1699, respinge definitivamente il ricorso.

Rispettato il diritto di difesa
In primo luogo il giudice d'appello rileva che non c'è stata alcuna violazione del diritto di difesa. Da un lato il Comune aveva regolarmente comunicato agli interessati l'avvio del procedimento sanzionatorio, dall'altro, nulla e nessuno avevano impedito ai proprietari di presentare una istanza di accesso agli atti con la quale sarebbe stato possibile prendere contezza del rapporto della Polizia Municipale relativo all'abuso edilizio contestato.

Respinte le contestazioni generiche
Anche le doglianze in ordine ai rilievi tecnici effettuati dall'Amministrazione non appaiono fondate. I proprietari lamentano, in via generale, che le misurazioni compiute dal Comune sarebbero erronee ma non forniscono alcuna indicazione in merito agli eventuali errori compiuti dai tecnici dell'amministrazione per cui si risolvono in contestazioni generiche e prive di fondamento.

Vietato il soppalco
Ulteriore contestazione riguarda la realizzazione di un soppalco e, quindi, il relativo aumento di superficie utile. I proprietari cercano di glissare la contestazione spostando l'attenzione sul piano della cubatura sostenendo che l'aumento di volume sarebbe legittimo perché contenuto nel limite del 20% della preesistente. In realtà l'amministrazione non contesta l'aumento di volumetria ma l'aumento della superficie utile conseguente alla realizzazione del soppalco la cui realizzazione richiede il preventivo rilascio del permesso di costruire.

Perché non è applicabile l'art.34 del Tu
I proprietari invocano l'articolo 34 del d.P.R. n. 380/2001 che prevede l'applicazione della sanzione pecuniaria in luogo della più severa sanzione demolitoria ordinata ingiunta dall'amministrazione. Sta di fatto che l'art. 34 del T.U. è applicabile solo ove sia stata contestata la difformità delle opere rispetto al titolo abilitativo rilasciato mentre, nel caso in esame, viene contestata la realizzazione di opere totalmente abusive perché realizzate in assenza di permesso di costruire.

Immobili: Istat, primo rialzo dopo 5 anni indice prezzi abitazioni

I prezzi delle case tornano a salire per la prima volta dopo cinque anni. Lo segnala l'Istat nella rilevazione sui prezzi delle abitazioni acquistate dalle famiglie. Il dato si riferisce all'ultimo trimestre dello scorso anno. L'indice dei prezzi (Ipab) calcolato dall'Istat è invariato rispetto al trimestre precedente ma cresce dello 0,1% rispetto allo stesso trimestre del 2015. L'indice Ipab riguarda le abitazioni acquistate dalle famiglie per fini abitativi o di investimento. "Seppur di appena un decimo di punto, si tratta per l'Ipab della prima variazione positiva su base annua, dal quarto trimestre 2011" sottolinea l'istituto di statistica. Questa lieve crescita è dovuta principalmente ai prezzi delle abitazioni esistenti (+0,1%, da -0,6% del trimestre precedente), che invertono anch'essi la tendenza negativa iniziata cinque anni prima. I prezzi delle abitazioni nuove segnano invece una marcata attenuazione della flessione (-0,1%, da -2,0% del periodo precedente).

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