Osservatorio sull'edilizia - Presentazione

La qualità dei contenuti de Il Sole 24 ORE insieme all’esperienza di BigMat - il più grande Gruppo europeo di Punti Vendita di materiali per costruire e ristrutturare - sono gli ingredienti fondamentali che hanno portato alla realizzazione dell’"Osservatorio sull’edilizia” che oggi siamo lieti di proporle. Uno strumento periodico di aggiornamento e informazione con una selezione di notizie ed approfondimenti del Gruppo 24 ORE dedicati al mondo dell’edilizia, con particolare attenzione agli aspetti normativi e agli aggiornamenti utili per lo svolgimento della sua professione.

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Come cambiano le detrazioni in base all’anno in cui viene sostenuta la spesa

Estratto da "Quotidiano del Condominio"

RISTRUTTURAZIONI

Il disegno di legge di Bilancio 2018 proroga di un anno la detrazione Irpef del 50% “standard” sui lavori edilizi indicati all’articolo 16-bis del Tuir, che altrimenti tornerebbe al 36 per cento.

2017: detrazione 50%, spesa massima 96mila euro

2018: bonus confermato

ACQUISTO ARREDI

Prevista la conferma della detrazione sull’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici (classe non inferiore alla A+), abbinata alla detrazione Irpef del 50% relativa a lavori edilizi.

2017: detrazione 50%, spesa 10mila euro, purché abbinata a lavori avviati dal 2016

2018: bonus confermato, ma i lavori devono essere iniziati dal 1° gennaio 2017

BONUS GIARDINI

Il Ddl di Bilancio introduce per il 2018 una detrazione Irpef per la sistemazione a verde di terrazzi e balconi o la realizzazione di coperture e giardini pensili. La detrazione spetta anche per opere su parti comuni condominiali, oltre che per la manutenzione e la progettazione.

2017: nessuna detrazione (a meno che i lavori non siano già agevolati con il 50% “standard” es. recinzioni per la sicurezza)

2018: 36% su una spesa massima di 5mila euro

SISMABONUS

Resta identico il sismabonus per edifici in zona sismica 1, 2 e 3. Saranno agevolati rispettivamente al 70 e all’80% gli interventi di messa in sicurezza che portano al miglioramento di una o due classi di rischio sismico. In caso di investimenti su parti comuni di un edificio si incassa uno sconto fiscale extra del 5 per cento.

2017: detrazione minima del 70% su una spesa massima di 96mila euro

2018: bonus confermato

ECOBONUS

Il Ddl di Bilancio prolunga fino al 31 dicembre 2018 l’ecobonus Irpef e Ires su singole unità e quello per schermature solari e generatori a biomasse (altrimenti in scadenza a fine 2017), lasciando invariata la scadenza dell’ecobonus per i lavori su parti comuni (31 dicembre 2021). Prevista anche l’introduzione di un fondo di garanzia per i prestiti bancari. Viene rimodulata, però, la detrazione di alcuni interventi, sia in condominio che su singole unità.
Nel dettaglio:

– cambio di finestre comprensive di infissi

2017: 65% su una spesa massima di 92.307,69 euro

2018: 50% su una spesa massima di 120mila euro (in alternativa, si può far confluire la spesa nel plafond del 50% sul recupero edilizio entro il massima di 96mila euro senza pratica all’Enea)

– cambio di caldaie con impianti a condensazione o installazione di impianti alimentati a biomasse

2017: 65% su una spesa massima di 46.153,85 euro

2018: 50% su una spesa massima di 60mila euro (anche in questo caso, in alternativa, si può far confluire la spesa nel bonus ristrutturazioni “standard”)

– acquisto e posa in opera di schermature solari

2017: 65% su una spesa massima di 92.307,69 euro

2018: 50% su una spesa massima di 120mila euro

– altri interventi agevolati con l’ecobonus : riqualificazione globale, interventi sull’involucro, pannelli solari per acqua calda, pompe di calore

2017: detrazione del 65% che sale al 70 o 75% per interventi “pesanti” in condominio (es. capotto termico), con tetti di spesa differenziati

2018: bonus confermati

Il vicino va risarcito per i cattivi odori della canna fumaria

Anna Nicola, Estratto da "Quotidiano dl Condominio"

Per quanto concerne l'uso del tetto da parte del singolo condomino, si ritiene lecito il posizionamento di una canna fumaria ove questo non leda il decoro dell'edificio.

<<Al fine di stabilire se le opere modificatrici della cosa comune (in fattispecie, posizionamento di una canna fumaria sul tetto condominiale) abbiano pregiudicato il decoro architettonico di un fabbricato condominiale, devono essere tenute presenti le condizioni in cui quest'ultimo si trovava prima della esecuzione delle opere stesse, con la conseguenza che una modifica non può essere ritenuta pregiudizievole per il decoro architettonico se apportata ad un edificio la cui estetica era stata già menomata a seguito di precedenti lavori ovvero che sia di mediocre livello architettonico.>> (Trib. Monza, 01/12/2005).

E' anche possibile realizzare una canna fumaria ove non crei lesione o turbativa alcuna, semprechè non si violi il regolamento
<<Nei rapporti condominiali, l'avvenuta sostituzione delle canne fumarie con sbocco sul lastrico solare non può dirsi fatto lesivo integrante la violazione del diritto alla veduta, ex art. 907 c.c. La richiamata opera, infatti, rendendosi necessaria in considerazione del cattivo stato delle preesistenti manifatture delle caldaie del sistema di riscaldamento centralizzato, non è idonea neanche a determinare una immissione di fumi ed esalazioni, nonché turbative e molestie, in quanto pur trovandosi un soggetto sul lastrico, in ragione della sua vastità, comunque non verrebbe colpito dai fumi emessi dalle stesse>>. (Trib. Bari, 24/02/2009).

<<In un condominio, una canna fumaria, pur se ricavata nel vuoto di un muro comune, non è necessariamente di proprietà comune, ben potendo appartenere ad uno solo dei condomini, se sia destinata a servire esclusivamente l'appartamento cui afferisce in quanto la presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c. c. postula per l'appunto la destinazione, delle cose elencate in tale norma, al godimento ed al servizio del condominio, mentre viene meno allorché si tratti di un bene dotato di propria autonomia ed indipendenza e pertanto non legato da una destinazione di servizio rispetto all'edificio condominiale.>> (Cass. n. 9231/1991; Trib. Gallarate, 05/05/2005).

La Cassazione 50620/2017 ha rilevato che la presenza di una fessurazione a poca distanza dalla casa del danneggiato e le testimonianze sul cattivo odore proveniente dalla canna fumaria bastano per la condanna.

I condomini che sono costretti a sopportare quotidianamente gli odori provenienti dalla canna fumaria dei vicini vanno risarciti dei danni subiti in conseguenza delle sgradevoli immissioni.
Per i giudici della Cassazione, infatti, la condanna al risarcimento del danno era stata assunta dalla Corte territoriale con motivazione congrua e immune da vizi logici, anche considerando l'accertata esistenza di una fessurazione nella canna fumaria posta a servizio dell'abitazione dei ricorrenti, che si trovava a circa un metro di distanza dall'appartamento dei vicini di casa danneggiati.

Nel caso di specie erano bastate la video ispezione con la quale si era accertata la presenza della fessurazione e le deposizioni dei testimoni escussi che avevano confermato la “regolare e costante provenienza dalla stessa di odori di cucina sgradevoli”.

Su questa stessa vicenda, si erano svolti altri giudizi, sia penali che civili, che si erano conclusi a seguito di accertamenti tecnici con decisioni conformi a quella impugnata.

In sostanza, i ricorrenti si sono rivolti alla Corte di cassazione chiedendo, nei fatti, una rivisitazione del materiale probatorio già correttamente valutato dal giudice del merito in una decisione presa in modo logico. La loro doglianza è quindi inammissibile, sotto questo aspetto così come in relazione agli altri motivi prospettati, e la condanna al risarcimento dei danni resta.

Le immissioni di cattivi odori che provengono dalla cucina del ristorante sono tutelate dal regolamento condominiale e, in caso di mancanza, dall'art. 844 del c.c. che consente le immissioni purchè nell'ambito del limite della normale tollerabilità
Con la sentenza 14467/017 nascono le «molestie olfattive», che la Cassazione ha inquadrato nel reato di «getto pericoloso di cose» (articolo 674 del Codice penale).

La Cassazione 7605/2012 ha affrontato il caso di un panificio che provocava emissioni di vapore e di fumo sino a imbrattare un condominio vicino. La Corte aveva ritenuto di configurare a carico del titolare del panificio la responsabilità penale per la violazione dell'articolo 674 del Codice penale «in quanto l'agente, a prescindere dal superamento o non dei limiti di emissione, è, comunque, tenuto ad adottare tutte le cautele necessarie per evitare fuoriuscite di gas, vapori o di fumo atti ad imbrattare o molestare le persone».

Nel Caso di pizzeria, l'odore della pizza può disturbare al punto da essere considerato «molesto», come affermato dalla Cassazione 45225/2016 che ha esaminato il caso della titolare di un ristorante colpevole del reato di «getto pericoloso di cose» (articolo 674 del Codice penale) nei confronti degli inquilini residenti negli appartamenti sopra il suo locale.
Lo stesso dicasi per l'effetto di un disinfettante : l'uso di un potente disinfettante può far scatenare una lite in condominio: commette reato chi getta nel cortile un potente disinfettante, provocando irritazione agli occhi di altri condomini”.

Quando si può aprire una porta finestra o un varco in condominio

Anna Nicola, Estratto da "Quotidiano del Condominio"

L'apertura di una porta finestra è lecita purché non sia lesiva della sicurezza, della stabilità e del decoro dell'edificio
La norma che permette simile operazione è l'art. 1120 cc, il cui tenore è il seguente: «Nell'unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all'uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio. In ogni caso è data preventiva notizia all'amministratore che ne riferisce all'assemblea».
L'altra norma di riferimento è l'art. 1102 c.c. in ambito di comunione il cui tenore è il seguente «Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso».
Nello specifico può essere praticata un'apertura sul muro che separa un'unità immobiliare da un terrazzo di sua esclusiva pertinenza. Ciò perché non invade la proprietà altrui o l'ambito condominiale
L'operazione così individuata, fatti salvi gli eventuali titoli autorizzativi amministrativi, è lecita purché non sia lesiva della sicurezza, della stabilità e del decoro dell'edificio.
La giurisprudenza ha sottolineato che l'opera non debba recare pregiudizio alla sicurezza, alla stabilità dell'edificio e che debba essere rispettosa anche del decoro dell'edificio, ciò in quanto quest'ultimo è da ritenersi a tutti gli effetti un bene comune.
Aprire una finestra su di un muro in corrispondenza della propria abitazione non altera la destinazione del bene (il muro perimetrale ha anche quella funzione) e non impedisce agli altri di fare parimenti.
Se la finestra aperta consente l'affaccio su beni comuni ovvero su altre unità immobiliari di proprietà esclusiva non si rientra nelle norme sulle distanze legali in quanto in ambito condominiale si deve fare riferimento al diritto d'uso dei beni comuni ai sensi dell'art. 1102 c.c. norma prevale, di norma, sulle regole dettate in materia di distanze (Cass. 18661/2015).
Il principio consolidato è il seguente: <<aprire un vano nel muro perimetrale comune ad opera di un condomino, di una o più finestre o porte del suo appartamento, all'uopo anche ampliando le finestre già esistenti a Livello del suo appartamento, non importano un'innovazione della cosa comune, a norma dell'art. 1120 cod. civ., bensì soltanto quell'uso individuale della cosa comune il cui ambito ed i cui limiti sono disciplinati dagli artt. 1102 e 1122 c.c>>., (cfr. Cass. 31/5/1990; Cass. Sez. II 11/2/2005)» (Trib. Salerno 8 gennaio 2016).
Diverso sarebbe se l'apertura permettesse la comunicazione di due alloggi –che così diventano un unico- esistenti tra due palazzi limitrofi.
Questa operazione sarebbe vietata perché andrebbe a creare servitù reciproche e non permetterebbe di valutare l'uso dei beni comuni dell'uno e dell'altro palazzo da parte del medesimo condomino
La Cassazione 25775/2015 ha stabilito che è illegittima l'apertura di un varco nel muro perimetrale del condominio effettuata da un comproprietario al fine di mettere in comunicazione un proprio locale, ubicato nel medesimo fabbricato, con altro immobile di sua proprietà, ma estraneo al condominio, comportando tale utilizzazione la cessione del godimento di un bene comune in favore di soggetti non partecipanti al condominio e la creazione di una servitù, per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i condomini.
Così si legge in una delle tante decisioni del Supremo Collegio:<<In tema di utilizzazione del muro perimetrale dell'edificio condominiale da parte del singolo condomino, costituiscono uso indebito della cosa comune, alla stregua dei criteri indicati negli artt. 1102 e 1122 c.c., le aperture praticate dal condomino nel detto muro per mettere in collegamento locali di sua esclusiva proprietà, esistenti nell'edificio condominiale, con altro immobile estraneo al condominio, in quanto tali aperture alterano la destinazione del muro, incidendo sulla sua funzione di recinzione e possono dar luogo all'acquisto di una servitù (di passaggio) a carico della proprietà condominiale.
2. Nell'ipotesi di preesistenza di un varco di passaggio nel muro perimetrale dell'edificio condominiale, l'apertura di altro e diverso varco da parte del singolo condomino non può essere ritenuta una semplice modalità di esercizio “ampliativa” della preesistente facoltà o in essa ricompresa ai sensi dell'art. 1027 c.c., ma determina un onere nuovo e diverso a carico del fondo servente sì da porre le premesse per la costituzione di una ulteriore servitù, imponendosi un ulteriore peso a carico delle strutture dell'edificio, escludendosi così l'ipotesi del semplice aggravio della servitù preesistente>>(Cass. 21395/2013)

Operaio cade dall'impalcatura, condannato il proprietario che ha commissionato i lavori

Estratto da "Tecnici24"

La quarta sezione penale della Corte di Cassazione, sentenza n. 50967 dell’8 novembre scorso, ha condannato per omicidio colposo la proprietaria che aveva commissionato lavori di tinteggiatura della facciata di casa, per la morte di un operaio, caduto dall’impalcatura priva di parapetto.

Secondo i giudici di legittimità, è configurabile in capo al proprietario una posizione di garanzia distinta ed autonoma da quella dell’appaltatore-datore di lavoro, rispetto all’osservanza delle norme di sicurezza per i lavoratori impegnati nella realizzazione dell’opera. Il proprietario, in qualità di committente dei lavori, deve conformarsi alle misure generali di sicurezza dei lavoratori atte ad eliminare le fonti di rischio per i lavoratori, come dispone l’art. 15 del D.lgs. n. 81/2008.

Soprattutto nel cantiere sottosoglia, in caso di piccoli lavori, dove non c’è l’obbligo di nominare un delegato per la sicurezza, chi commissiona i lavori deve controllare che chi li svolge rispetti le norme antinfortunistiche. In pratica, la posizione di garanzia del committente risulta subalterna a quella del datore: il primo risponde dell’incidente se non controlla l’adozione da parte del secondo delle misure generali del d.lgs. n. 81/2008 e non pretende l’eliminazione delle fonti di pericolo. Se il datore non adempie a tale richieste, il committente deve bloccare i lavori, altrimenti risponde degli eventi lesivi eventualmente occorsi ai lavoratori.

Gli obblighi in capo al committente – si legge nella sentenza – non si rivolvono nella predisposizione delle misure di sicurezza e di salvaguardia dei lavoratori sul luogo di lavoro (che fanno carico al datore di lavoro), ma “comprendono la vigilanza sull’effettiva adozione da parte dell’appaltatore di cautele che non richiedano, all’atto della verifica, particolari competenze e abilità, nonché oneri di segnalazione, inibizione e di intervento ogni qualvolta tali misure siano omesse”.

Nel caso di specie, tali obblighi sono stati violati dalla proprietaria, inchiodata alle proprie responsabilità dalle foto e dalla testimonianza dell’ispettore delle ASL competente. Respinte le difese degli avvocati difensori. In effetti, non servivano particolari competenze tecniche per accorgersi che l’impalcatura da cui è caduto l’operaio era approssimativa, senza tavole fermapiedi e fatta solo di tavole e lamiere, senza parapetto e altri dispositivi anticaduta.

Locali seminterrati: a Milano recupero possibile (ma limitato)

Guido Inzaghi, Estratto da "Quotidiano di Edilizia e Territorio"

Il recupero dei seminterrati è possibile anche a Milano, sia pure entro i paletti fissati dall’amministrazione. Con la delibera consiliare dello scorso 23 ottobre, il Comune ha rimosso l’ultimo ostacolo all’applicazione della legge regionale della Lombardia 7/2017 individuando le parti di territorio in cui non è possibile il recupero. In più il Comune ha recepito la possibilità data dalla legge di consentire anche agli alberghi di ottenere superficie utile in più. La legge lombarda consente di insediare funzioni residenziali e non residenziali, ad esclusione di quelle produttive, nei locali legittimamente realizzati che fuoriescano dalla quota zero solo parzialmente (bastano pochi centimetri e anche solo su di un lato) e che in genere non sono adibiti alla permanenza di persone. Il Comune ha fatto ampio uso della possibilità, concessa dalla Regione, di limitare i benefici della legge 7/2017. In primo luogo, il recupero dei seminterrati è consentito sugli stabili oggi esistenti oppure per la cui costruzione sia già stato rilasciato un titolo edilizio; per gli altri occorrerà attendere il decorso di cinque anni dalla fine dei lavori. Dai benefici della legge sono inoltre estromesse non solo le aree interessate da fenomeni di contaminazione, da operazioni di bonifica e quelle ad alto rischio di alluvioni (aree già escluse dalla Regione), ma anche gli immobili che ricadono in zone di rischio idrogeologico e sismico. Non solo, la delibera limita anche le possibilità di recupero per i beni vincolati in base al Codice dei beni culturali, anche se qui sembra che il recupero dei seminterrati sia solo appesantito dalla necessità di ottenere sempre il previo parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, persino nei casi in cui il nulla osta non sarebbe di per sé necessario (si pensi al recupero che non incide sull’esteriore aspetto di un edificio di cui sia vincolata solo la facciata). Ancora, il Comune ha alzato da 2,40 a 2,70 metri l’altezza minima dei seminterrati da destinare a residenza (per commercio e uffici restano invece i 2,40 metri della legge regionale). Tuttavia, anche in questo caso, il recupero non è ostacolato in assoluto, potendosi comunque raggiungere le quote di legge innalzando preventivamente l’altezza dei locali abbassando il pavimento o alzando il soffitto. In ogni caso le volumetrie recuperate negli interrati ­ - e que­sto è un altro vincolo della delibera­ - non potranno essere traslate in altre parti dell’edificio (magari per costruire un piano in più), nemmeno dopo il decorso deicinque anni previsti dalla legge per mutare la destinazione d’uso degli interrati. Infine, per la sola funzione residenziale, non possono essere recuperati i seminterrati situati nella città storica (corrispondente ai cosiddetti Naf, nuclei di antica formazione), con la sola eccezione dei locali direttamente collegati ad unità abitative soprastanti, senza fruizione disgiunta qualora questi non presentino una superficie superiore a quella dell’unità residenziale collegata. Si tratta di limitazioni rilevanti che non hanno pari rispetto alle delibere, ad esempio, assunte dai Comuni di Brescia, Como e Cremona, che si sono limitati a recepire la legge regionale, escludendo alcune parti del territorio in stretta osservanza delle esigenze di prevenzione dei rischi e di tutela del suolo e del paesaggio. Gli alberghi Nessun limite, invece, alla possibilità di non conteggiare nel calcolo della Slp (superficie lorda di pavimento - il principale parametro dell’edificabilità) la superficie dei corridoi degli hotel e di tutte le strutture ricettive alberghiere ai sensi della Lr 27/2015, e quindi anche delle cosiddette residenze turistico-alberghiere, dei novelli condhotel e degli alberghi diffusi. In questo senso è stato integrato il Pgt locale, che di conseguenza ora consente di traslare la superficie degli spazi connettivi delle camere per realizzare nuovi piani, recuperare spazi tecnici o rimodulare aree di servizio, come già avviene per le superfici (quali scale interne, lobby, collegamenti orizzontali, eccetera) originariamente autorizzate come Slp ma non più ritenute tali dalla nuova disciplina edilizia milanese. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Locali seminterrati/2. Altezze minime da 220 a 270 cm nelle altre Regioni

Raffaele Lungarella, Estratto da "Quotidiano di Ediliza e Territorio"

Il recupero delle cantine e degli altri locali completamente o in parte sotto il livello del terreno è uno degli strumenti scelti finora da otto regioni per contenere il consumo di suolo e soddisfare le esigenze di spazio delle famiglie e delle piccole attività economiche. Oltre alla Lombardia hanno definito proprie regole che i Comuni devono applicare per il recupero dei locali interrati e/o seminterrati queste regioni: Basilicata (legge regionale 8/2002), Calabria (21/2010), Friuli Venezia Giulia (19/2009), Molise (25/2008), Puglia (33/2007), Sardegna (4/2009), Sicilia (4/2003).

Le leggi di alcune regioni hanno concesso ai Comuni autonomia nella definizione di regole di recepimento della legge regionale

Ai Comuni di Basilicata, Molise e Lombardia, per esempio, è stata data la possibilità di escludere zone del proprio territorio dall’applicazione della legge. Per il resto, le altre leggi regionali non prevedono che i sindaci possano intervenire sulle condizioni di fattibilità tecnica e di convenienza economia degli interventi. Condizioni che differiscono da regione a regione.

Il campo di applicazione delle singole leggi regionali dipende da quanto ognuna di essa permette di derogare ai livelli dei parametri edilizi previsti dalla normativa nazionale sull’altezza minima e sui requisiti igienico-sanitari dei locali; importante è anche l’individuazione degli immobili ai quali si possono applicare normative regionali. Per evitare un abuso della trasformazione, in spazi abitabili, di cantine ad altri locali non totalmente fuori terra, la maggioranza delle regioni limita la possibilità di intervenire agli immobili esistenti al momento dell’approvazione delle leggi o a una data anteriore.

Man mano che i consigli regionali hanno revisionato le loro norme, la vetustà degli immobili è, però, stata aggiornata. A luglio di quest’anno la Basilicata ha spostato in avanti di tre anni, al 31 dicembre 2016, la data entro cui dovevano risultare realizzati gli edifici con i locali da recuperare; questa è la data stabilita anche dalla regione Molise, mentre la Puglia l’ha fissata al 31 dicembre 2013. La legge lombarda, la più recente, di fatto non fissa un limite di vetustà, poiché consente il recupero dei seminterrati una volta che siano passati cinque anni dall’ultimazione dei lavori; senza limite anche la Calabria, che ha incluso il recupero di interrati e seminterrati nella sua legge del piano casa regionale (si veda Il Sole 24 Ore del 10 aprile).

Il recupero di interrati e seminterrati deve rispettare anche le prescrizioni relative alle caratteristiche fisiche dei locali. Anche in questo caso non c’è omogeneità nelle leggi regionali. L’altezza minima richiesta oscilla tra i 220 centimetri di Sicilia e Friuli Venezia Giulia ai 270 di Calabria, Molise e Puglia, con le restanti regioni attestate sui 2,40 metri. Quanto più l’altezza richiesta è bassa, tanto più ampia è potenzialmente l’area per il recupero delle volumetrie. In qualche regione è stato cambiato anche il livello originario di questo parametro. L’ultimo caso è quello recente della Basilicata, che ha abbassato l’altezza da 270 a 240 centimetri; in precedenza la Sicilia l’aveva ridotta di 20 centimetri.

Aumenta la domanda di case e frena il calo dei prezzi: le aspettative degli operatori

Estratto da "IlSole24Ore.com - Casa24"

Si rafforza la domanda di abitazioni e diminuisce la pressione verso il ribasso dei prezzi. Questi, in sintesi, i risultati del consueto sondaggio congiunturale realizzato da Banca d’Italia, Tecnoborsa e dall’Agenzia delle entrate sul mercato delle abitazioni in Italia nel terzo trimestre 2017.


Secondo il sondaggio è diminuita la quota di operatori che segnala ulteriori tendenze al ribasso delle quotazioni. Inoltre, nel confronto con la precedente rilevazione gli indicatori segnalano che il numero di potenziali acquirenti è aumentato mentre i margini di sconto sul prezzo inizialmente richiesto dal venditore e i tempi di vendita hanno registrato un calo.

I mutui ipotecari, poi, hanno continuato a finanziare una quota assai ampia delle compravendite, intorno all'80%. Anche il rapporto fra prestito e valore dell'immobile è rimasto su valori ciclicamente elevati, superiori al 70%. Le attese degli operatori sulle prospettive del mercato immobiliare, infine, sono divenute significativamente più favorevoli.

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