Osservatorio sull'edilizia - Presentazione

La qualità dei contenuti de Il Sole 24 ORE insieme all’esperienza di BigMat - il più grande Gruppo europeo di Punti Vendita di materiali per costruire e ristrutturare - sono gli ingredienti fondamentali che hanno portato alla realizzazione dell’"Osservatorio sull’edilizia” che oggi siamo lieti di proporle. Uno strumento periodico di aggiornamento e informazione con una selezione di notizie ed approfondimenti del Gruppo 24 ORE dedicati al mondo dell’edilizia, con particolare attenzione agli aspetti normativi e agli aggiornamenti utili per lo svolgimento della sua professione.

BigMat - Home of Builders

Opere "libere" ma i vincoli restano

Silvia Gnocco e Guido Inzaghi, Il Sole 24ORE, Estratto da "Quotidiano del Condominio"

Dal 22 aprile non ci sono più dubbi: 58 opere minori, dalla tinteggiatura delle pareti al climatizzatore, sono realizzabili senza particolari richieste o autorizzazioni. Gli interventi in edilizia libera sono indicati nel decreto Infrastrutture del 2 marzo scorso (in vigore, appunto, dal 22 aprile) che approva il glossario con l’elenco non esaustivo delle principali opere edilizie in regime di attività edilizia libera.

Il decreto è subito applicabile, senza atti di recepimento regionali o locali. Ma solo in linea di principio vale per tutti gli immobili. La tabella allegata al decreto contiene le 58 opere edili realizzabili senza titolo, ma anche una precisazione: in apertura dell’allegato, viene ricordato quanto già specificato nell’articolo 6 del Testo unico edilizia (Dpr 380/2001): queste opere possono eseguirsi senza titolo abilitativo, purché risultino rispettate le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e tutte le normative di settore che incidono sulla disciplina dell’attività edilizia. L’elenco è molto lungo. Si tratta, in particolare di: norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico nonché? delle disposizioni contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (Dlgs 42/2004).

È una puntualizzazione fondamentale. In un Paese, quale l’Italia, in cui la consistenza del patrimonio culturale e paesaggistico (per parlare di uno soltanto dei vincoli menzionati) raggiunge poco meno della metà del territorio nazionale , la regola – ovvero l’edilizia libera – è quasi l’eccezione. Per fare un esempio, l’installazione di una banale inferriata antintrusione, che pure costituisce un intervento di edilizia libera elencato nel glossario, non può avvenire su immobili di interesse storico-architettonico nei centri storici senza l’ autorizzazione paesaggistica.

Nel glossario le varie opere di edilizia libera sono individuate combinando, da un lato, l’attività (ad esempio, “riparazione, sostituzione, rinnovamento”) e, dall’altro, l’elemento che ne forma l’oggetto (ad esempio “rivestimento interno e esterno”).

Inoltre, la tabella riporta due ulteriori ordini di indicazioni, ovvero la tipologia di intervento (tra i dieci in regime di edilizia libera indicati nell’articolo 6, comma 1 del Testo unico per l’edilizia) cui ciascuna opera edile enumerata deve ricondursi, nonché il corrispondente regime giuridico ?(come specificato nella tabella A allegata al Dlgs 222/2016 ).

Di fatto, il decreto 2 marzo 2018 non ha comportato la “liberalizzazione” di attività prima sottoposte ad un qualche regime autorizzatorio. Con questo atto non si è innovata la regolamentazione dei 58 interventi edilizi: si tratta, infatti, di attività che già prima non necessitavano di alcun titolo, ma che il legislatore nazionale ha voluto precisare, nel quadro di una complessiva opera (in più fasi) di esemplificazione pratica dei casi da ricollegarsi a ciascuna regime abilitativo. Questa infatti è la prima tranche di attuazione dell’articolo 1, comma 2 del Dlgs 222/2016 (il cosiddetto decreto Scia2) che, per garantire omogeneità di regime giuridico in tutto il territorio nazionale, aveva previsto entro sessanta giorni (termine ampiamente decorso) un glossario unico con l’elenco delle principali opere edilizie e del regime giuridico cui sono sottoposte. Sono previsti ulteriori decreti con gli interventi realizzabili mediante gli altri regimi autorizzativi.

Il tentativo di orientare la prassi, fornendo, attraverso un’estesa casistica, indirizzi interpretativi univoci per tutto il territorio nazionale, utili sia al privato sia alla Pubblica amministrazione, è certamente lodevole.

Ma occorre capire se i mezzi adottati siano adeguati allo scopo. La compilazione di una lunga lista di esempi nel tentativo di “imbrigliare” l’infinità di casi che la realtà propone pare sconfessare gli obiettivi di semplificazione e omogeneità dichiarati. Anche perché? la lista stessa patisce imprecisati limiti derivanti dalla regolamentazione edilizia e urbanistica locale nonché da intere normative di settore spesso tecnicamente complesse e giuridicamente confuse.

In altre parole, questi elenchi – del resto, non esaustivi – non valgono a risolvere il problema alla radice. Tanto più che i rinvii ad altre discipline (come l’antisismica o la prevenzione incendi) riportano il fruitore finale – il cittadino – al punto di partenza, inducendolo ad optare, nell’incertezza del caso “non elencato” o “di lettura incerta”, se non per il titolo espresso, quantomeno per il regime dell’autocertificazione.
 

Lavori in casa, la babele dei Comuni

Giuseppe Latour, Il Sole 24ORE, Estratto da "Quotidiano del Condominio"

La scena è quella di una villetta unifamiliare su due piani. E l’intervento che scatena i dubbi è una redistribuzione degli spazi, che prevede la modifica (con demolizione) di una scala di collegamento interna. Un intervento che, per quanto tecnicamente semplice, si trascina dietro parecchi interrogativi. Perché, a seconda dei Comuni nei quali si effettua questo tipo di opera, cittadini e tecnici si trovano davanti alla richiesta di autorizzazioni (o più precisamente: titoli abilitativi) diverse. In qualche caso basterà una semplice comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila), mentre in altri servirà una segnalazione certificata di inizio attività (Scia), più onerosa della prima.

A scatenare i dubbi degli uffici tecnici comunali sono le interpretazioni diverse del Testo unico in materia di edilizia (Dpr n. 380/2001), trasposte nei regolamenti locali: per qualcuno la modifica della scala è un risanamento conservativo «leggero», mentre per altri può essere considerata «pesante». Il risultato è che, per cittadini e tecnici, resta in piedi una babele di norme locali.

«C’è da segnalare - spiega Cesare Galbiati, consigliere nazionale dei geometri, che hanno raccolto alcuni esempi di queste diversificazioni - che dopo il Dlgs 222 del 2016, il cosiddetto “Scia 2”, si sono sicuramente ridotte le interpretazioni diversificate e che il glossario recente per l’edilizia libera ha già risolto altre questioni». Il glossario è quello che elenca i lavori che si possono realizzare senza permesso, in vigore dal 22 aprile scorso. Restano, però, ancora alcune questioni aperte «a dimostrazione - dice ancora Galbiati - dell’utilità del lavoro svolto finora e della necessità di completamento dei glossari».

In preparazione ci sono, infatti, almeno altri due elenchi:?uno per gli interventi in Scia e l’altro per quelli da autorizzare tramite permesso di costruire. Il motivo è che, nella pratica di tutti i giorni, sono ancora frequenti le situazioni nelle quali i tecnici si vedono presentare richieste diverse a seconda del Comune. Serve, insomma, un ulteriore sforzo di semplificazione.

Un’altra situazione molto frequente è quella della demolizione con ricostruzione di un fabbricato, anche di piccole dimensioni. Il cittadino che decida di effettuare questo tipo di intervento, nel rispetto della sagoma e del volume precedente, ha davanti due alternative: la richiesta di una Scia, perché l’opera viene considerata una ristrutturazione semplice, o di un permesso di costruire, perché la ristrutturazione edilizia viene considerata pesante. Comune che vai, titolo edilizio che trovi.

E il discorso è simile in altri casi. Uno molto frequente riguarda l’ampliamento di box auto, che si mantenga entro limiti dimensionali che consentano di considerarlo una pertinenza. Anche qui ci si scontra con interpretazioni diverse. Qualche Comune chiede il permesso di costruire, perché classifica l’intervento come un ampliamento che modifica la sagome. Qualcun altro chiede invece la sola Cila, considerando la modesta entità e il rapporto di pertinenza con il fabbricato principale. Ma ci sono problemi anche per gli interventi sulle finestre, sugli impianti di fognatura e sui ruderi.

«Evidentemente, queste interpretazioni condizionano i tecnici, che sono sempre orientati a evitare contestazioni successive», spiega ancora Galbiati. E un ruolo rilevante lo giocano anche le ragioni di finanza pubblica. Autorizzazioni più complesse sono legate, infatti, a oneri maggiori a beneficio dei Comuni.

Qualche soluzione, per la verità, comincia a venire fuori. Basti pensare alla sostituzione del materiale con cui è realizzato un parapetto:?altro caso oggetto di decine di contestazioni. Il glossario unico ha chiarito che si tratta di attività in edilizia libera. Fino a poco tempo fa, però, alcuni uffici chiedevano addirittura una Scia, classificandola come opera di manutenzione straordinaria. Resta da capire se l’interpretazione del governo in futuro sarà accettata da tutti.
 

Lavori su immobili storico-artistici solo con permessi

Silvia Gnocco e Guido Alberto Inzaghi, Il Sole 24ORE, Estratto da "Quotidiano del Condominio"

Tra le regolamentazioni fatte salve dal decreto con le 58 opere in edilizia libera riveste particolare rilevanza il Codice dei beni culturali e del paesaggio (Dlgs 42/2004). Oggi quindi è necessario capire se, in presenza di un immobile di interesse culturale o paesaggistico, questi 58 interventi qualificati come liberi dal Dm Infrastrutture 2 marzo 2018 rimangano tali tout court o non subiscano piuttosto qualche forma di limitazione.

Per farlo occorre partire dalla distinzione fondamentale tra bene culturale e bene paesaggistico. Sono beni culturali (parte seconda del Dlgs 42/2004) i beni immobili di proprietà pubblica o privata che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Sono, inoltre, beni culturali i beni immobili (a chiunque appartenenti) che rivestano grande interesse in relazione alla storia politica, militare, alla letteratura, all’arte, alla scienza, alla tecnica, all’industria e alla cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni, e rispetto ai quali l’interesse culturale sia stato espressamente dichiarato.

Sono beni paesaggistici (parte terza del Dlgs 42) i beni immobili e le aree di notevole interesse pubblico (tra cui le ville, i giardini e i parchi di non comune bellezza, non tutelati in quanto beni culturali, e i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici); le aree tutelate per legge di cui all’articolo 142 (quali i territori costieri compresi in una fascia di 300 metri dalla linea di battigia) nonché gli ulteriori immobili ed aree specificamente individuati e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici.

Ebbene l’articolo 21 del Dlgs 42/2004 prescrive che l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione della soprintendenza.

Quindi per gli immobili di interesse storico-artistico, non sussistono casi di edilizia libera: qualsiasi intervento dovrà essere assoggettato all’apposito procedimento autorizzatorio (articolo 22, Dlgs 42/2004), indipendentemente dalla concorrente necessità di acquisire un titolo edilizio.

Diverso è il caso dei beni paesaggistici, interessati da ultimo dall’emanazione del Dpr 31/2017. L’allegato A di questo decreto contiene l’elenco di 31 attività edilizie per le quali non è necessario ottenere alcuna autorizzazione, seppur interessanti un bene d’interesse paesaggistico. Tra queste rientrano:

le opere interne che non alterano l’aspetto esteriore degli edifici;

le opere esterne, quali gli interventi sui prospetti o sulle coperture degli edifici (rifacimento di intonaci, tinteggiature e rivestimenti esterni), purché eseguiti nel rispetto delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, cromatiche, dei materiali e delle finiture esistenti.

In altre parole, in presenza di un bene paesaggistico, per comprendere se un determinato intervento sia effettivamente “libero” occorre operare un controllo incrociato tra il glossario del decreto 2 marzo 2018 e l’elenco di attività sottratte all’autorizzazione paesaggistica di cui all’allegato A, Dpr 31/2017.
 

Il sisma bonus ampio supera i dubbi delle direzioni locali

Giorgio Gavelli, Il Sole 24ORE, Estratto da "Quotidiano del Condominio"

Un intervento di demolizione e ricostruzione di un edificio «collabente» (cioè quasi crollato), che presenti tutte le caratteristiche per rientrare nella definizione di «ristrutturazione edilizia» e non di «nuova costruzione», può ottenere il sisma bonus pari al 70% delle spese sostenute (nel limite di 96mila euro per unità immobiliare), in caso di diminuzione di una classe di rischio sismico, che sale all’80% se le classi di rischio migliorate risultano essere due (decreto 58/2017) ovvero, rispettivamente, al 75%-85% per gli interventi realizzati su parti comuni condominiali.

Superando le perplessità sino a ora espresse dalle diramazioni territoriali, la direzione centrale dell’agenzia delle Entrate, con la risoluzione 34/E/2018, rende finalmente concreta la possibilità di fruire di questa agevolazione.

L’assenza di un intervento di prassi che tratti in modo sistematico questa importante agevolazione ha, fino ad ora, bloccato molti interventi programmati, anche per la rigidità di alcune posizioni espresse dagli uffici locali.

Ci si riferisce, in particolare, alla risposta ad interpello (prot. n. 909-345/2017), con cui la direzione regionale dell’Emilia Romagna aveva sostenuto come l’agevolazione non spettasse in caso di demolizione e ricostruzione dell’edificio ma solo intervenendo sul consolidamento dell’edificio esistente (si veda Il Sole 24 Ore del 1° agosto e del 3 novembre 2017).

Questa tesi restrittiva si basava sulla considerazione che «la costruzione di un edificio in ogni caso» (e, quindi, anche in caso di ricostruzione con la stessa volumetria preesistente) «deve rispondere a determinati standard, anche di sicurezza sismica» alla stessa stregua di una «nuova costruzione» (per cui l’obbligo di legge rendeva inapplicabile il bonus).

L’affermazione aveva suscitato molta sorpresa in quanto:

ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera d), del Testo unico dell’edilizia (Dpr n. 380/2001) costituisce ristrutturazione un intervento di demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica;

per effetto dell’articolo 46-quater del decreto legge n. 50/2017, l’agevolazione è stata estesa anche agli acquirenti di interi edifici (in zona sismica 1), demoliti e ricostruiti (anche con variazione volumetrica) da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, ceduti entro 18 mesi dalla conclusione dei lavori.

Quest’ultima estensione, in particolare, rendeva incongrua la limitazione rivolta a chi interveniva sul proprio immobile, come veniva (ma solo in via informale) osservato da altre diramazioni locali dell’Agenzia.

Ora l’apertura della risoluzione n. 34/E/2018 consente di ritenere superate le precedenti posizioni, anche perché diramata a seguito del parere n. 27/2018 del Consiglio superiori dei lavori pubblici, che non ha avuto difficoltà a confermare che la demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria preesistente (fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica) rientra tra gli interventi di «ristrutturazione edilizia» agevolabili, così come vi rientrano, con riferimento agli immobili vincolati , gli interventi di demolizione e ricostruzione che rispettino la medesima sagoma dell’edificio preesistente.

Anche il fatto che il quesito alla base della risoluzione n. 34/E dell’Agenzia riguardasse un immobile collabente in categoria catastale F/2 spazza via molte rigidità sino ad oggi manifestate (su tutti gli interventi edilizi agevolabili) dagli uffici locali.

Barriere architettoniche, derogabili i limiti di distanza fissati dai regolamenti urbanistici

Pietro Verna, Il Sole 24ORE, Estratto da "Quotidiano di Edilizia e Territorio"

Le opere dirette all'abbattimento delle barriere architettoniche possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, salvo l'obbligo di rispetto della distanza non inferiore a tre metri stabilita dagli articoli 873 e 907 del codice civile (TAR Lombardia- Milano, sentenza n. 809 del 27 marzo 2018).

Con questa motivazione il giudice amministrativo meneghino ha respinto il ricorso proposto contro la delibera consiliare con la quale il Comune di Vedano al Lambro (Monza) aveva autorizzato un progetto di ristrutturazione edilizia consistente nella realizzazione di un ascensore e di un vano scala all'esterno della sagoma di un edificio di tre piani, al fine di consentire ai proprietari di conformarsi alla disciplina sull'eliminazione delle barriere architettoniche di cui all' articolo 79 del testo unico dell'edilizia (TUE) e all'articolo 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989 n. 236 (Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche).

Autorizzazione che il ricorrente aveva impugnato facendo rilevare che le opere in questione avevano soltanto lo scopo di "migliorare i servizi e il valore immobiliare dell'edificio" e che tale provvedimento era stato rilasciato in violazione del piano regolatore e del predetto decreto ministeriale, in quanto la realizzazione delle opere aveva comportato il restringimento della distanza legale (da 10 a 9 metri) tra l'edificio oggetto di ristrutturazione e un immobile appartenente al medesimo ricorrente

Cornice normativa
L'articolo 79 del TUE stabilisce espressamente che gli interventi finalizzati all'eliminazione di barriere architettoniche possono essere realizzati in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi (articolo 9 decreto Ministero lavori pubblici n.1444 del 1968), fermo restando l'obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 ( Distanze nelle costruzioni) e 907 ( Distanza delle costruzioni dalle vedute ) del codice civile nell'ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietà o di uso comune.
Il citato articolo 873 dispone che le costruzioni su fondi finitimi, se non unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri, fermo restando che "nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore". L'articolo 907, infine, fissa la medesima distanza di 3 metri in relazione alla distanza delle costruzioni dalle vedute.

La sentenza del TAR Lombardia
Il dictum della pronuncia ("non può ragionevolmente negarsi che l'installazione di ascensori costituisca rimozione di barriere architettoniche") muove dalla definizione di barriere architettoniche di cui all' articolo 2 del decreto ministeriale n.236 del 1989 ("ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita, in forma permanente o temporanea").
Ostacoli che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, sussistono anche nel caso in cui siano costituiti dalle scale di palazzi a più piani, dal momento che queste ultime "non [sono] affrontabili da soggetti deambulanti con sussidi ortopedici, o comunque fonte di affaticamento […] per chiunque, a causa dell'età o di patologie di varia natura, abbia ridotte capacità di compiere sforzi fisici" (Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza 5 marzo2014, n. 1032).
Motivo per il quale nel caso di specie figurano le condizioni per applicare l' articolo 79 del TUE, secondo cui gli interventi finalizzati all'abbattimento delle barriere architettoniche possono essere realizzati in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, fatto salvo il limite stabilito dagli articoli 873 e 907 del codice civile.
Ciò – argomenta la pronuncia- a prescindere dalla circostanza che le opere in questione non possono qualificarsi come «costruzioni», poiché sia l' ascensore che il vano scala rientrano fra i volumi tecnici impianti dell'immobile (ex pluris, Consiglio di Stato, Sezione IV, 5 dicembre 2012, n. 6253 e Cassazione Civile, Sezione II, 3 febbraio 2011, nr. 2566).

Principio ribadito dalla sentenza 8 novembre 2011, n. 526 del T.A.R. Abruzzo- L'Aquila, nella parte cui stabilisce che "di eliminazione delle barriere architettoniche si può parlare solo per le opere tecnicamente necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati, come ad esempio servoscale ed ascensori, e non già per le opere tese alla migliore fruibilità dell'edificio ed alla maggiore comodità dei residenti, come ad esempio porticati o tettoie" .

Intonaco malfatto in facciata, quando i difetti sono «gravi»

Anna Nicola, Il Sole 24ORE, Estratto da "Quotidiano del Condominio"

Ci si interroga su quando il condominio possa eccepire la non corretta esecuzione dei lavori di rifacimento dell'intonaco dell'edificio alla ditta appaltatrice
Può accadere, a breve distanza di tempo dall'esecuzione dell'intervento, che emergano dei difetti macroscopici come lo sbiadimento del colore. In questi casi, ovviamente, il condominio può eccepire la non corretta esecuzione dei lavori alla ditta appaltatrice
<<È pacifico che rientri nelle competenze dell'Amministratore ex art. 1130, n. 4, c.c. l'azione di cui all'art. 1669 c.c. intesa a rimuovere i gravi difetti di costruzione, nel caso in cui riguardino l'intero edificio condominiale ed i singoli appartamenti, vertendosi in un'ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l'Amministratore del Condominio ed i singoli condomini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parti di essi soltanto. Ne' può ritenersi che l'Amministratore necessiti di una specifica autorizzazione per resistere in giudizio rispetto alle domande svolte monitoriamente contro il condominio, ovvero per proporre in via riconvenzionale la domanda di danni, essendo previsto a suo carico solo un onere di comunicazione all'assemblea, ex art. 1131, comma 3, c.c., relativo alle citazioni o provvedimenti notificatigli che esorbitino le attribuzioni sue proprie, onere la cui violazione lo espone a responsabilità verso il condominio ma al quale non è tenuto nei limiti delle competenze come elencate nell'art. 1130 c.c.>> (Trib. Genova Sez. VI Sent., 23/07/2009).
L'impresa appaltatrice può agire nei confronti della società che le ha venduto il presunto prodotto difettato per recuperare il danno sopportato. Ci si domanda quale onere probatorio gravi a carico della ditta appaltatrice che contesta alla venditrice dell'intonaco l'assenza di qualità del prodotto Vediamo come affronta la vicenda una recente pronuncia di merito.
Occorre ricordare che in tema di decoro architettonico di un edificio in condominio può ritenersi lecita la deliberazione dell'assemblea condominiale con la quale sia stato deciso il cambio del colore della facciata dell'edifici (Trib. Bari, 24 febbraio 2016).
Nel caso qui analizzato la ditta appaltatrice è stata condannata al rifacimento di tali lavori, nel instaurato nei suoi confronti dal condominio a fronte dello sbiadimento dell'intonaco dei lavori per il rifacimento dell'intonaco esterno di un condominio. In ragione di ciò, cita in giudizio la società venditrice del prodotto utilizzato per l'esecuzione, sostenendo la scarsa qualità dello stesso e chiedendo il risarcimento dei danni sopportati per aver dovuto rifare l'intonaco esterno del condominio.
A sostegno della sue pretesa l'impresa esecutrice dei lavori ha lamentato che il colore aveva perso in breve tempo la tonalità, e per questo ha chiesto che fosse accertato l'inadempimento della società che le aveva venduto il prodotto, chiedendo la restituzione del prezzo di vendita dello stesso ed il risarcimento dei danni sopportati per aver dovuto provvedere nuovamente a rifare l'intonaco del condominio.
La società convenuta, dal canto suo, ha contestato ogni addebito ribadendo che l'avvenuta alterazione del colore dell'intonaco esterno fosse addebitabile ad un errore nella stesura del prodotto su cui la pittura finale è stata applicata.
Il Tribunale di Treviso ha respinto ogni richiesta della ditta che ha contestato, senza tuttavia fornire alcuna prova, la mancanza di qualità del prodotto utilizzato per effettuare la pittura dell'intonaco esterno di un edificio condominiale. (Tribunale di Treviso, 11 gennaio 2018, n. 58)
La decisione è stata quindi assunta in ragione della mancanza di prova di quanto asserito dall'appaltatore, lasciando libero il campo –e la possibilità di una sentenza a sé favorevole- nel caso in cui riesca a fornire la prova in oggetto.
Si ricorda che secondo il TAR Liguria 801/2014 ha rammentato che il tema del decoro urbano e quello dei criteri da seguire per la colorazione degli edifici è una materia rientrante nell'ambito delle competenze delle leggi regionali che devono stabilire i criteri da seguire.
Le norme regionali devono tener conto del principio di legalità sancito dall'art. 23 della Costituzione norma che dispone <<Che nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge” e tali norme devono armoniosamente essere seguite dall'esercizio di una adeguata potestà regolamentare da parte dei Comuni.>>
Occorre infine porre a mente che il degrado della facciata non costituisce un vizio dell'appartamento
Si legge nella decisione della Cass. 10239/2013 << … in modo adeguato e logico ha, per un verso, escluso che lo stato di degrado delle facciate del fabbricato condominiale (così come di altre parti comuni, in generale), nel quale era ubicato l'immobile oggetto della compravendita, potesse costituire propriamente un vizio del bene di tale contratto, risolvendosi, piuttosto, in una caratteristica o qualità dell'immobile che, pacificamente, non era di recente costruzione e, quindi, non si sarebbe potuto considerare nuovo, e, per altro verso, in base ad accertamento di fatto congruamente apprezzato (e, perciò, incensurabile nella presente sede di legittimità: cfr. Cass. n. 15395 del 2000; Cass. n. 5251 del 2004 e Cass. n. 3644 del 2007), ha evidenziato come tale situazione (caratterizzante l'edificio condominiale e, come tale, implicante la necessità di interventi di manutenzione straordinaria) fosse evidente e palesemente visibile, onde non poteva qualificarsi né come occulta né come sconosciuta all'acquirente (che, peraltro, rivestiva la qualifica, particolarmente idonea allo scopo, di mediatore professionale di compravendite immobiliari), il quale aveva stimato il valore del negozio (oggetto della vendita, unitamente alle sue pertinenze e alla quota di parti comuni) nella “situazione di fatto in cui si trovava”, che, oltretutto, aveva indubbiamente influito sulla determinazione del prezzo da corrispondere per l'alienazione dell'immobile…” (Cass. 2 maggio 2013 n. 10239).

Immobiliare: continua calo prezzi in I trimestre, si salva il nord Italia

Il Sole 24ORE, Estratto da "Tecnici24"

Nei primi tre mesi del 2018 il settore immobiliare ha proseguito sulla stessa strada imboccata l'anno precedente: a fronte di un costante aumento delle compravendite, i prezzi del residenziale non decollano, anzi si confermano in negativo, con un ribasso a livello nazionale dello 0,2%. È quanto emerge dal rapporto sul mercato residenziale di Immobiliare.it, secondo cui a fare eccezione è il nord Italia (dato invariato nel primo trimestre, dopo il -0,5% dei sei mesi precedenti), dove i prezzi tengono più che al sud (-0,5%) e al centro (-0,3%). L'andamento dei prezzi si conferma a macchia di leopardo: nei grandi centri sono saliti dello 0,3%, mentre in quelli con meno di 250.000 abitanti si è registrato un calo dello 0,7%. Venezia (+1,7%), Firenze (+1,6%) e Bologna (+1,5%) sono le tre città dove la risalita dei valori immobiliari è più evidente, ma l'andamento è stato positivo anche per Milano (+0 ,6%) e Napoli (+0,3%). In calo invece dello 0,2% quelli di Roma. "E' vero che si respira un clima di ritrovata fiducia nei confronti del mattone, ma è anche vero che gli italiani sono diventati più esigenti e selettivi", ha detto Carlo Giordano, amministratore delegato di Immobiliare.it, sottolineando che "questo porta gli acquirenti a cercare immobili migliori di quelli che già possiedono, quindi con una classe energetica più alta, in una zona più appetibile e con caratteristiche che rispondano perfettamente ai loro bisogni".

Ecobonus, via libera agli intermediari

Saverio Fossati e Giuseppe Latour , Estratto da Il Sole24ORE "Norme e Tributi"

Cessione del credito fiscale alle banche, primi tentativi. Come anticipato da «Il Sole 24 Ore» il 1° maggio, la circolare delle Entrate di ieri, n. 11/E del 18 maggio, fa il punto sulla complessa questione della cessione. Introdotta sin dal 2013, la possibilità di cedere il credito fiscale (dal 50% all’85% delle spese sostenute) per gli interventi di risparmio energetico e, successivamente, per quelli abbinati all’antisismica, serviva in origine a permettere agli «incapienti» (meno di 8mila euro di reddito lordo annuo) di sfruttare il bonus. La cessione, infatti, risolveva il problema dell’incapienza: chi ha pochi redditi ha poche tasse e quindi non può detrarre nulla. E il bonus si perde. Nel corso degli anni la cessione si è fatta sempre più ampia ed è stata estesa anche ai non incapienti. Nel corso del tempo, però, è sempre rimasta viva una limitazione: quella del ricorso a banche e intermediari finanziari, riservato solo agli incapienti. E questo limite, come spiega la Ragioneria generale, è determinato dai possibili impatti negativi sui saldi di finanza pubblica La normativa, pur escludendo gli intermediari finanziari, non individua esattamente quali sono i soggetti fuori dal perimetro dei cessionari. La circolare, allora, spiega che sono esclusi gli istituti di credito e gli intermediari finanziari autorizzati dalla Banca d’Italia all’esercizio dell’attività di concessione di finanziamenti. Insieme a loro, sono fuori anche «tutte le società classificabili nel settore delle società finanziarie»: quindi, i Confidi con volume di attività superiore a 150 milioni di euro, le società fiduciarie, i servicer delle operazioni di cartolarizzazione. Rientrano, invece, nel perimetro dei cessionari gli organismi associativi, compresi consorzi e società consortili, anche se partecipati da società finanziarie, ma con un limite: devono detenere una partecipazione che non sia maggioritaria o, comunque, non devono esercitare un controllo di diritto o di fatto sull’ente in questione. È questo il cuore della circolare che, con questo meccanismo, attiva un mercato molto atteso per le banche. Apertura anche per le Esco, le società che effettuano interventi finalizzati a migliorare l’efficienza energetica, e le Società di servizi energetici accreditate presso il Gse. L’altra novità importante riguarda la cedibilità dei crediti. Per l’Agenzia – che sul punto ha chiesto un parere alla Ragioneria generale dello Stato - la possibilità di trasferire i bonus in maniera illimitata «potrebbe determinare di fatto l’assimilazione a strumenti finanziari negoziabili, con il rischio di una riclassificazione degli stessi e conseguenti impatti negativi sui saldi di finanza pubblica». La conseguenza è che la cessione del credito «deve intendersi limitata ad una sola eventuale cessione successiva a quella originaria». Quindi, potranno esserci al massimo due passaggi. Quanto alle regole, per i condomìni restano valide quelle già definite, che passano dall’assemblea di condominio e dalla comunicazione alle Entrate, da parte dell’amministratore, dei crediti ceduti. E le società energetiche si stanno muovendo rapidamente per occupare il mercato della riqualificazione energetica, ora che, dopo la circolare, possono consorziarsi con banche e intermediari. © RIPRODUZIONE RISERVATA

in evidenza

gerenza

Proprietario ed Editore Il Sole 24 Ore S.p.A. Sede legale e Amministrazione Via Monte Rosa 91 - 20149 Milano Redazione Redazioni Editoriali Professionisti e Aziende - Direzione Publishing - Roma

© 2016 Il Sole 24 ORE S.p.a.
Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale e con qualsiasi strumento.

I testi e l'elaborazione dei testi, anche se curati con scrupolosa attenzione, non possono comportare specifiche responsabilità per involontari errori e inesattezze. www.tecnici24.com

© Copyright Il Sole 24 Ore - Tutti i diritti riservati Privacy Policy