Osservatorio sull'edilizia - Presentazione

La qualità dei contenuti de Il Sole 24 ORE insieme all’esperienza di BigMat - il più grande Gruppo europeo di Punti Vendita di materiali per costruire e ristrutturare - sono gli ingredienti fondamentali che hanno portato alla realizzazione dell’"Osservatorio sull’edilizia” che oggi siamo lieti di proporle. Uno strumento periodico di aggiornamento e informazione con una selezione di notizie ed approfondimenti del Gruppo 24 ORE dedicati al mondo dell’edilizia, con particolare attenzione agli aspetti normativi e agli aggiornamenti utili per lo svolgimento della sua professione.

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La veranda illegittima non si giustifica con precedenti abusi

Il Sole24ORE - Estratto da"Tecnici24"

La veranda costruita sul terrazzo di copertura dell'appartamento va demolita se non rispetta l'aspetto architettonico del progetto, a meno che l'edificio non versi in stato tale di degrado complessivo da rendere ininfluente allo sguardo l'intervento realizzato.
Di certo la presenza di altre verande nell'edificio non esimono dal rispetto dell'armonia architettonica dell'intero stabile chi realizza una sopraelevazione.
La Corte di cassazione, con sent. n. 22156 del 12 settembre ha così respinto il ricorso del condomino che si giustificava sostenendo che la fisionomia dell'edificio era già stata modificata per effetto di preesistenti modifiche. Ma, secondo i giudici di merito, non tali da rendere ormai ininfluente la compatibilità della sopraelevazione con l'aspetto architettonico del palazzo.
La prescrizione dell'art. 1127 cod. civ. che impone il rispetto dell'aspetto architettonico dell'edificio alle costruzioni  sopra l'ultimo piano del'edificio non può essere superata sostenendo che il 'decoro architettonico' dell'edificio era già stato leso da precedenti interventi similari. Il decoro esprime l’omogeneità delle facciate e l'aspetto architettonico la compatibilità del manufatto che non può trovare giustificazione nella presenza di presistenti abusi se il suo impatto è in grado comunque - allo stato attuale - di disperdere quell’uniformità residua che attribuisce all'edificio un aspetto ordinato e dignitoso.

Se cambia la sagoma dell’edificio è «nuova costruzione»

Selene Pascasi, Il Sole24ORE - Estratto da "Quotidiano del Condominio"

È nuova costruzione non solo la prima realizzazione di un'opera ma anche qualsiasi modifica nella volumetria di un fabbricato precedente se comporti l'aumento della sagoma d'ingombro, tanto da incidere – indipendentemente dalla realizzazione o meno di una maggior volumetria e/o dall'utilizzabilità a fini abitativi – sulla situazione degli spazi tra gli edifici esistenti. Lo precisa la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 20718 depositata lo scorso 13 agosto (Relatore Milena Falaschi) . Ad accendere la controversia per violazione edilizia, è la richiesta di due fratelli tesa ad ottenere l'eliminazione dei balconi posti da un vicino a distanza inferiore a un metro e mezzo dal confine con la loro proprietà. Connessa, la pretesa di arretramento sino al limite previsto dal codice civile e di risarcimento dei danni patiti. Domanda accolta ma contestata in appello dal convenuto che, però, incassa una riforma parziale della pronuncia di condanna: la corte, lette le norme tecniche attuative comunali e considerato che la transazione intervenuta fra le parti circa un terrapieno naturale ineriva ad un altro bene, dispone l'arretramento dell'edificio fino a dieci metri dallo stabile dei fratelli. Di qui, il ricorso dell'uomo contro la condanna in parte confermata. Tra i motivi, il difetto assoluto di motivazione che, tuttavia, è incensurabile in sede di legittimità e, comunque, infondato, avendo i giudici di appello ritenuto, legittimamente, che i rilievi concernenti la ritenuta violazione delle distanze fossero stati superati dall'accoglimento dell'appello incidentale degli attori. Del resto, è noto come il vizio di omessa pronuncia resti escluso ove la sentenza abbia assunto una decisione che comporti l'implicito rigetto della domanda o dell'eccezione di parte (Cassazione civile, sentenza 17956/2015). Ebbene, nella vicenda la Corte d'appello non si era limitata a recepire in modo acritico le conclusioni rese dal consulente tecnico d'ufficio, ma si era trattenuta a chiarire come la parte non avesse fornito elementi tali da smentire la qualificazione dell'opera come nuova costruzione. Strettamente connesso alla questione della novità dell'edificio, è l'altro motivo di ricorso diretto a denunciare l'erronea applicazione, da parte dei giudici di merito, della normativa locale. Disciplina alla luce della quale, ad avviso del ricorrente, non si sarebbe potuto parlare di nuova costruzione, ma di una costruzione soggetta a ricostruzione con adeguamento sismico funzionale (legge 219/1981) realizzata attraverso un procedimento particolarmente elaborato, e sulla scorta di ben quattro concessioni. Censura anch'essa inammissibile e infondata. Per nuova costruzione, ricorda la Cassazione assestandosi su tesi consolidate, va intesa non solo la realizzazione da capo «di un fabbricato ma anche qualsiasi modificazione nella volumetria di un fabbricato precedente che ne comporti l'aumento della sagoma d'ingombro, in tal guisa direttamente incidendo sulla situazione degli spazi tra gli edifici esistenti, e ciò anche indipendentemente dalla realizzazione o meno d'una maggior volumetria e/o dall'utilizzabilità della stessa a fini abitativi». Ragion per cui è stata inquadrata come nuova costruzione la sopraelevazione (Cassazione civile, sentenza 10909/2011) o il rifacimento del tetto da cui sia conseguito l'aumento delle superfici esterne e dei volumi interni, pur dei piani sottostanti (Cassazione civile, sentenza 12582/1995). Ebbene, nella fattispecie, la Corte d'appello aveva “centrato” la natura dell'intervento edilizio realizzato dal proprietario della casa dai balconi in discussione, vista la realizzazione, dopo la demolizione di un fabbricato fatiscente, di un'opera nuova, come tale assoggettata al rispetto delle distanze legali tra costruzioni. Ciò, considerato sia l'aumento delle volumetrie e delle superfici che la constatata sospensione dei lavori, per ben tre volte, proprio a causa delle difformità realizzate rispetto a quanto consentito dai titoli abilitativi. Si palesano, allora, le logiche che hanno guidato la Cassazione a rigettare il ricorso.

Difetti di costruzione: la responsabilità è sia del committente che dell’appaltatore

Matteo Rezzonico e Marco Panzarella, Il Sole24ORE - Estratto da "Quotidiano del Condominio"

Nel 2018 non è più accettabile che un condominio presenti gravi vizi e difetti di costruzione o di ristrutturazione senza che si individuino uno o più responsabili, a garanzia degli acquirenti, utenti e consumatori finali. In quest'ottica, il venditore – che abbia curato la costruzione e la vendita di un condominio o di un complesso edilizio - può essere chiamato a rispondere dei gravi difetti dell'opera non soltanto quando i lavori siano stati eseguiti direttamente, ma anche nell'ipotesi in cui la realizzazione dell'opera sia stata affidata a una o più imprese terze alle quali non sia stata lasciata completa autonomia tecnica e decisionale e anche nell'ipotesi in cui sia presente un progettista/direttore dei lavori, nominato dal venditore/committente. Viceversa, l'appaltatore (cioè l'impresa o le imprese che hanno materialmente eseguito le opere) – pur se il committente abbia esercitato una forma di controllo sulle stesse - e il progettista/direttore dei lavori (che le ha progettate e seguite) possono essere chiamati a rispondere in solido con il committente/venditore, secondo gli articoli 1669 e 2055 del Codice civile, tutte le volte in cui con i rispettivi inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il “danno”.
Questo, in estrema sintesi, il contenuto della complessa sentenza del Tribunale di Milano 30 gennaio 2018, n. 974 , che ha accolto la richiesta di pagamento somme avanzata da un condominio e da alcuni condòmini - a seguito di infiltrazioni verificatesi nello stabile (su parti comuni e, di conseguenza, su proprietà esclusive) - condannando il venditore/costruttore, l'impresa appaltatrice che ha realizzato le opere nonché il direttore dei lavori/progettista al pagamento di somme per l'eliminazione dei vizi e difetti. Le infiltrazioni riscontrate su diverse parti dell'edificio - come ha osservato il giudice – sono risultate di entità tale da comportare l'applicazione dell'articolo 1669 del Codice civile secondo cui «quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia».
Il Tribunale ha ricordato che «i gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall'art. 1669 cod. civ. non si identificano necessariamente con vizi influenti sulla staticità dell'edificio, ma possono consistere in qualsiasi alterazione che, pur riguardando soltanto una parte condominiale, incida sulla struttura e funzionalità globale dell'edificio, menomandone il godimento in misura apprezzabile, come nell'ipotesi di infiltrazione d'acqua e umidità nelle murature del vano scala, causata dalla non corretta tecnica di montaggio dei pannelli di copertura» (Cassazione 84/2013). Nel caso in oggetto, il consulente tecnico d'ufficio ha accertato la presenza di infiltrazioni e cioè di alterazioni che «in modo apprezzabile riducono il godimento del bene nella sua globalità pregiudicandone la normale utilizzazione in relazione alla sua funzione economica e pratica» e sono qualificabili come “gravi difetti”.
Dei vizi risponde prima di tutto il costruttore/venditore posto che «l'azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, prevista dall'art. 1669 cod. civ., può essere esercitata anche dall'acquirente nei confronti del venditore che risulti fornito della competenza tecnica per dare direttamente, o tramite il proprio direttore dei lavori, indicazioni specifiche all'appaltatore esecutore dell'opera, gravando sul medesimo venditore l'onere di provare di non aver avuto alcun potere di direttiva o di controllo sull'impresa appaltatrice, così da superare la presunzione di addebitabilità dell'evento dannoso ad una propria condotta colposa, anche eventualmente omissiva» (Cassazione 9370/2013). A “cascata” sono chiamati a rispondere dei danni l'appaltatore e il direttore dei lavori. Quanto alle singole figure, possono incorrere nelle responsabilità previste dall'articolo 1669 del Codice civile «tutti quei soggetti che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione dell'opera, abbiano contribuito, per colpa professionale (segnatamente il progettista e/o il direttore dei lavori), alla determinazione dell'evento dannoso, costituito dall'insorgenza dei vizi in questione» (cfr. Cass. sentenza n. 17874/13). E' noto, infatti, che l'articolo 2055 del Codice civile, in tema di responsabilità solidale da fatto illecito extracontrattuale, trova applicazione anche nel caso in cui uno dei coobbligati debba rispondere per responsabilità contrattuale.

Incentivi alla riqualificazione, infissi e caldaia dribblano i controlli dell'Enea

Il Sole24ORE - Estratto da "Norme e Tributi"

Quando partiranno i controlli dell’Enea sui lavori di risparmio energetico (detrazione del 50% in su) stabiliti dal decreto dello Sviluppo dell’11 maggio saranno in molti a restare rilassati.

Il decreto, infatti, previsto dale modifiche all’articolo 14 del Dl 63/2013 definite dalla legge di Bilancio 2018, detta le modalità dei controlli: l’Enea, entro il 30 giugno di ogni anno, farà un piano di verifiche degli interventi per il risparmio energetico, sui quali sia stata presentata l’istanza per la detrazione sul portale Enea, conclusisi entro l’anno precedente. Saranno fatti controlli sullo 0,5% delle istanze dando priorità a quelle con aliquote di detrazione più alte.

L’Enea comunicherà agli interessati (privati e amministratori di condominio) l’avvio del procedimento, e questi avranno 30 giorni per la documentazione richiesta. L’Enea farà anche controlli sul posto.

Una speciale attenzione merita però l’elenco dei lavori soggetti ai controlli, che è quello dell’articolo 14 del Dl 63/2013: dopo le modifiche della legge 205/2017 (Bilancio 2018) tra questi lavori, normalmente chiamati di risparmio energetico “qualificato” ci sono anche la sostituzione degli infissi e l’installazione di caldaie e condensazione, che da soli fanno la grande maggioranza degli interventi, in numero assoluto e in importi complessivi. Ma proprio con le modifiche in vigore dal 2018 queste due tipologie, pur restando nell’ambito del risparmio energetico “qualificato”, ha visto abbassarsi l’alquota dal 65% al 50 per cento. Di fatto, equiparata a gli interventi di risparmio energetico non qualificati, che da sempre godono della detrazione che oggi è, appunto del 50 per cento.

Quindi, appare evidente che chi effettua « acquisto e posa in opera di finestre comprensive di infissi, di schermature solari e di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione con efficienza almeno pari alla classe A» non ha nessuna convenienza a chiedere la detrazione del 50% ex 65% e così facendo si risparmierà un bella trafila burocratica e i controlli dell’Enea, mentre potrà inserirli tra i lavori di recupero edilizio per i quali basta pagare con bonifico parlante per ottenere la stessa detrazione con un nome diverso.

Lavori in casa: 58 opere per cui non serve l'autorizzazione

Giuseppe Latour, Il Sole 24ORE - Estratto da "Il Sole24Ore online"

Glossario unico per l’edilizia libera con vista sul passato. L’elenco delle 58 opere in casa per le quali non è necessaria alcuna autorizzazione è entrato in vigore il 23 aprile 2018. Ma i suoi effetti sono proiettati all’indietro e riguardano tutti gli interventi che ricadono sotto l’ombrello del Dpr 380/2001, il Testo unico dell’edilizia entrato in vigore il 1° gennaio 2002 e poi, negli anni, modificato decine di volte.

È questo il principio più importante cristallizzato dalla giurisprudenza amministrativa in questi primi mesi di azione delle regole nate per chiarire il perimetro di utilizzo di quelli che, tecnicamente, si chiamano «titoli abilitativi»: le autorizzazioni necessarie per effettuare interventi in edilizia.

Per porre un rimedio alle ambiguità del Testo unico edilizia e al fatto che, in molti casi, i comuni azzardavano interpretazioni contrastanti, chiedendo permessi diversi per lo stesso intervento, il precedente governo ha avviato un’opera di chiarimento, per dire esattamente cosa è possibile fare nei diversi casi. Il primo capitolo di questo lavoro è il glossario unico per l’edilizia libera (decreto del ministero delle Infrastrutture del 2 marzo 2018), in vigore dal 23 aprile.

Lavori in casa senza permesso, ecco il primo elenco
Il Tar Lazio, con al sentenza 7014 del 22 giugno, ha però chiarito un punto rilevante. Nella decisione veniva analizzato il caso di una pergotenda, realizzata in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico, della quale era stata ordinata la demolizione a ottobre del 2016. Per qualificare quell’intervento si può però utilizzare l’elenco in vigore da aprile 2018, considerandolo «comunque applicabile alla presente fattispecie». Il motivo è che si tratta di «un elenco di natura interpretativa» che serve a fare luce su norme già esistenti e quindi, in qualche modo, ha effetti anche sul passato. Un passato piuttosto lungo, dal momento che il Testo unico in materia di edilizia è in vigore dal 2002, sebbene sia stato modificato in maniera sostanziale nel corso degli anni.

Lavori in casa e detrazioni: come pagare senza errori
Non è la sola conclusione rilevante raggiunta dai giudici. Il Consiglio di Stato, con la sentenza 2715 di maggio del 2018, ha infatti spiegato che, nonostante l’azione di semplificazione del glossario, resta ancora spazio per una certa dose di incertezza nel realizzare alcuni interventi. Anche in questo caso si parlava di una tettoia, realizzata su un terrazzo di un’abitazione senza avere il permesso e, quindi, contestata dal Comune. Il problema è che una copertura leggera può essere realizzata senza permessi, mentre una tettoia di «particolari dimensioni» ha bisogno del titolo edilizio più gravoso, il permesso di costruire: succede, ad esempio, quando viene modificata la sagoma del fabbricato.

Da questo deriva una conseguenza: nonostante il glossario, resta un terreno di incertezza. «Non è possibile affermare in assoluto – spiega il Consiglio di Stato – che la tettoia richiede, o non richiede, il titolo edilizio maggiore e assoggettarla, o non assoggettarla, alla relativa sanzione senza considerare nello specifico come essa è realizzata». Tutto, quindi, dipende dai dettagli dell’intervento.

Il Comune, per la sua parte, «ha l’onere di motivare in modo esaustivo» un’eventuale decisione di rimozione dell’intervento già realizzato, «attraverso una corretta e completa istruttoria che rilevi esattamente le opere compiute e spieghi per quale ragione esse superano i limiti entro i quali si può trattare di una copertura realizzabile in regime di edilizia libera». Peraltro, le molte sentenze degli ultimi mesi sul tema confermano che quella delle coperture resta, nonostante il glossario, una materia ad alto rischio di contestazioni: a ribadirlo è arrivato anche il Tar Campania con la decisione 4529 del 9 luglio scorso.
 

Compravendite, crescita più lenta nelle grandi città

Emiliano Sgambato, Il Sole 24ORE - Estratto da "Casa24"

Da aprile a giugno in Italia sono state concluse 153.693 compravendite, il 5,6% in più rispetto allo stesso periodo del 2017. Una variazione superiore al +4,3% registrato nel primo trimestre e che alcuni avevano letto come un primo segnale di rallentamento della crescita che continua ormai ininterrottamente da oltre tre anni (per la precisione da 13 trimestri).

A guardare nel dettaglio i dati diffusi venerdì dall’agenzia delle Entrate rimane però un elemento di criticità che già era emerso, in maniera anche più marcata, dalla rilevazione del primo trimestre; e cioè come le grandi città crescano meno della metà della media nazionale. Negli otto centri maggiori la variazione delle compravendite da aprile a giugno è stata del +2,5%. Va meglio in provincia: i capoluoghi crescono del 5,1%, i non capoluoghi del 5,9%.

L’andamento non è omogeneo: si va da Firenze e Genova che segnano un +4,7% – dopo cali del primo trimestre di, rispettivamente, -1,1% e -3% – al +4,4% di Milano dopo lo 0,,9% del periodo precedente. L’unico segno negativo – ed è la terza volta di seguito – riguarda Roma (-0,8%), che è ancora la grande malata, nonostante i rialzi (più contenuti rispetto ad altre piazze) segnati dal 2015 al 2017 e il primato di transazioni in termini assoluti (8.535 nel secondo trimestre contro le 6.674 di Milano, chiude Firenze con 1.462).

Se nel complesso il mercato nazionale è quindi in lenta ma costante ripresa, non si può non notare l’affievolirsi della spinta propulsiva delle grandi città, che in genere anticipano le tendenze di almeno un semestre. «La crescita totale dal 2014 è comunque più intensa lì che altrove . Il dato del primo semestre – commenta Luca Dondi, ad di Nomisma – deve quindi essere letto come maggiore reattività dei grandi centri ad adeguarsi alle mutate condizioni congiunturali più che allo spostamento della domanda verso i mercati secondari. Il caso di Roma va oltre queste dinamiche ed è da ricondurre alla fragilità reddituale (il Lazio è una delle regioni in cui il Pil pro capite è calato di più, con conseguente selettività del sistema creditizio) e all’attendismo della componente di investimento». Componente da cui viene una nota positiva: seppur ancora residuale e non determinate, è passata in un anno dal 6,1 al 15,4%. Nomisma stima che a fine anno si arriverà a 566mila compravendite, ma nell’ultimo report ha rivisto al ribasso le previsioni per il 2019 e il 2020 a 586mila e 594mila scambi.

Sul fronte mutui, Crif segnala da giugno un ritorno della domanda in terreno positivo (+4,6% l’ultimo dato di agosto) dopo un intero primo semestre negativo (soprattutto per il calo del bacino delle surroghe). Scenari Immobiliari – il Forum di Santa Margherita si è tenuto nel weekend – sottolinea come il fatturato del mattone italiano sia sì in crescita (+5,3%) ma molto meno che in Europa. Del resto un mercato dove aumentano gli acquisti ma i prezzi restano al palo non può ritenersi certo in buona salute. Su questo fronte alcuni operatori si mostrano però più ottimisti, proprio a partire dalle città: secondo i dati diffusi da Tecnocasa giovedì scorso, i prezzi sono saliti a Bologna del 4,6%, del 3,8% a Milano, dell’1,3% a Napoli e dello 0,9% a Firenze. Però Roma cala ancora di quasi un punto.
 

Immobili: salgono a 75 mln unità catasto (rendita 37,3 mld)

Il Sole24ORE - Estratto da "Tecnici24"

Aumenta il numero di immobili presenti nelle banche dati del catasto italiano. Sono quasi 75 milioni le unità registrate negli archivi catastali dell'Agenzia delle entrate, di cui 65 milioni censite nelle categorie catastali ordinarie e speciali, con una rendita attribuita pari a € 37,3 miliardi, per la maggior parte (61%) relativa ad immobili di proprietà delle persone fisiche. E' quanto emerge dalle Statistiche catastali, la pubblicazione annuale curata dall'Osservatorio del Mercato immobiliare dell'Agenzia, in collaborazione con la direzione centrale Servizi catastali, cartografici e di pubblicità Immobiliare, disponibile da oggi sul sito internet delle Entrate. Nel 2017 lo stock immobiliare italiano è aumentato dello 0,8%, con circa 548 mila unità in più del 2016. Gli intestatari sono per circa l'88% persone fisiche. Rispetto all'anno precedente, crescono del 3,2% gli immobili censiti nel gruppo F (unità non idonee a produrre reddito), dell'1,6% gli immobili a destinazione speciale e dello 0,9% quelli a destinazione particolare del gruppo E.
In aumento le unità immobiliari ad uso collettivo (+1,2%), quelle censite come negozi e pertinenze all'interno del gruppo C (+1,1%) e le abitazioni (+0.3%), mentre diminuisce il numero di uffici
(-0,2%). Le unità immobiliari censite come abitazioni sono quasi 35 milioni, circa 114 mila unità in più del 2016 (+0,3%). In particolare, rispetto all'anno precedente aumentano il numero dei villini (+1%), le abitazioni e gli alloggi tipici dei luoghi (+2,2%) e le abitazioni classificate come civili ed economiche (rispettivamente +0,7% e +0,4%). Diminuiscono, invece, le abitazioni signorili (-1,6%), le abitazioni popolari (-0,3%), le ville (-0,7%), i castelli e i palazzi di pregio (-0,8%) e, con tassi superiori al 2%, le abitazioni di tipo ultrapopolare e rurale (rispettivamente -2,3% e -2,5%). Rendita catastale complessiva in crescita: dopo il calo dell'1,1% dello scorso anno, la rendita catastale torna a crescere dello 0,4%. L'aumento interessa tutti i gruppi ad eccezione del gruppo E, dove la rendita arretra dell'1%, e delle unità immobiliari adibite ad uffici (A/10), in calo dello 0,6%.

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