Guardare oltre il balzo del CPI

I dati del 15 febbraio sull'indice dei prezzi al consumo statunitense (CPI) si sono rivelati particolarmente solidi, a conferma del fatto che la debolezza registrata nel quarto trimestre del 2016 era il risultato degli effetti stagionali residui sui prezzi dei beni di base piuttosto che una più preoccupante flessione del ritmo tendenziale sottostante dell'inflazione.

Di conseguenza il dato annualizzato sull'inflazione di fondo nei tre mesi fino a gennaio incluso si attesta al 2,3% dopo essersi mantenuto attorno al 2,0% per gran parte del secondo semestre del 2016. Come menzionato in un nostro blog recente, abbiamo fatto attenzione a non dare troppo peso alla debolezza evidenziata nella parte conclusiva dello scorso anno, poiché gli aggiustamenti stagionali effettuati intorno al periodo degli acquisti per le festività hanno probabilmente contribuito al calo.

Allo stesso modo, ci manteniamo cauti nell'attribuire un significato eccessivo al vigore dei dati odierni: al di là del rumore di fondo, riteniamo che essi continuino a confermare la nostra previsione di un'inflazione di fondo al 2,2% nel 2017.

Sorpresa sul fronte dei beni di consumo di base

Analizzando in dettaglio il rapporto del 15 febbraio, ciò che appare davvero sorprendente è il balzo registrato mese su mese dall'inflazione relativa ai beni di base. L'aumento dello 0,4% ha rappresentato la variazione mensile più significativa dal 2009 e ha fatto passare in secondo piano la debolezza legata all'apprezzamento del dollaro USA a seguito delle elezioni. Particolarmente brillanti sono state le performance messe a segno nei settori dell'arredamento (+0,4%), dell'abbigliamento (+1,4%) e dei prodotti video e audio (+0,6%).

È tuttavia importante tenere a mente che il vigore di queste categorie è giunto sulla scia dei dati alquanto modesti di novembre e dicembre, che hanno probabilmente riflesso l'incapacità degli aggiustamenti stagionali di cogliere appieno le fluttuazioni dei prezzi relative al periodo degli acquisti per le feste. I dati sulle vendite al dettaglio nel periodo festivo hanno messo in evidenza l'applicazione di sconti superiori alla media da parte dei negozi tradizionali per competere con quelli online. Al contempo, la normalizzazione dei prezzi dopo le festività ha verosimilmente contribuito all'incremento superiore alla media stagionale registrato dall'inflazione a gennaio.

Più in generale, la componente di fondo del CPI (che esclude i prezzi di alimentari ed energia) è di norma più elevata nella prima metà dell'anno e più contenuta nella seconda, una tendenza che ha attirato l'attenzione dello staff del Federal Reserve Board e che persiste nonostante la destagionalizzazione dell'indice. Tra le componenti del CPI, i prezzi dei beni durevoli tendono a seguire una dinamica simile a quella della stagionalità residua complessiva, e questo probabilmente anche in parte in ragione dei cambiamenti delle preferenze nei consumi e nella determinazione dei prezzi al dettaglio intorno al periodo degli acquisti per le feste.

L'inflazione dei servizi di base pari allo 0,3% è risultata in linea con il trend recente, ma l'aumento dello 0,2% nelle categorie degli immobili residenziali, caratterizzate da un peso elevato, si è rivelato leggermente inferiore alla tendenza degli ultimi tempi (+0,3%). La debolezza delle abitazioni potrebbe riflettere gli effetti ritardati della decelerazione dei prezzi degli immobili residenziali, che si trasmette infine ai canoni di locazione; a nostro avviso tuttavia si tratta più probabilmente del risultato della modalità con cui il Bureau of Labor Statistics (BLS) calcola gli affitti. Per stimare la variazione dei canoni di locazione impliciti nelle sue indagini sugli affitti, il BLS esclude le utenze e il mobilio forniti dal proprietario. Di conseguenza, nei mesi in cui i prezzi delle utenze aumentano notevolmente, come avvenuto a gennaio (+1,5%), i canoni di locazione e gli affitti figurativi ("owners' equivalent rent") sono generalmente inferiori ai livelli tendenziali. In tal caso dovremmo assistere a un rialzo il prossimo mese.

Implicazioni per gli investimenti

Tutto sommato, riteniamo che i dati sull'inflazione di gennaio siano favorevoli per i Treasury Inflation-Protected Securities (TIPS). Ed ecco perché: il CPI core si attesta al 2,3% e l'inflazione maturata a marzo sarà pari allo 0,58%, il che si traduce in 12 punti base (pb) di carry (inflazione maturata su base annualizzata) per i TIPS a cinque anni e in 6 pb per quelli decennali.

Fondamentalmente, riteniamo che i TIPS dovrebbero presentare un premio per il rischio di inflazione positivo; in altri termini, siamo dell'opinione che i livelli di inflazione di pareggio (BEI) impliciti nel mercato dovrebbero essere superiori al tasso d'inflazione, non inferiori. A nostro avviso, la BEI a 10 anni, che si avvicina al 2%, non tiene conto del rischio che le politiche fiscali e commerciali dell'amministrazione Trump potrebbero spingere l'inflazione ancor più al rialzo.

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