IlSole24Ore
Future ready workforce - DELL
Informazione pubblicitaria
Future ready workforce - DELL

Lavoro 2.0: come cambiano
i paradigmi

Future ready workforce

IL LAVORO FUTURE READY. I PARADIGMI DI UNA RIVOLUZIONE IN CORSO.

Future Ready lo potete leggere come un motto, uno slogan, una vision aziendale. Quando si tratta di mondo reale, essere Future Ready significa fare parte di una rivoluzione ancora in corso e della quale non possiamo prevedere il punto di arrivo. Tutto sommato, è anche la parte interessante di questa nuova impostazione che sta contagiando il mercato del lavoro, rovesciando i suoi paradigmi e, quindi, la nostra vita reale.
Non è difficile oggi leggere di realtà imprenditoriali, in primis statunitensi, dove ai dipendenti è concessa una flessibilità lavorativa reale, ben diversa da quella conosciuta nel nostro Paese. Non si parla di contratti che lasciano maggiore incertezza professionale, ma della possibilità di gestire carico e tempistiche di lavoro secondo le proprie esigenze. La ragione è banale quanto semplice: lavorare nelle condizioni che più si preferiscono, permette di trovare un punto di equilibrio ideale fra la vita professionale e quelle sociale. Ciò significa che il lavoro diventa più personale e individualizzato, così da rendere possibili tutte quelle condizioni che ci permettono di dare di più ed essere maggiormente produttivi.
Questo paradigma si sviluppa con il conseguente crollo dell’impostazione più tradizionalista, che vedeva i dipendenti alla base di una piramide che organizzava il lavoro secondo una rigida gerarchia verticale. Il maggiore coinvolgimento del personale ha spinto i grandi nomi dell’imprenditoria a stelle e strisce a inserire il team building e l’idea-sharing come uno dei punti focali del loro modo di fare impresa. Del resto, tutti possono avere una buona idea, quindi, perché non dare a ciascun lavoratore gli stessi strumenti con cui poter partecipare realmente alla crescita della propria azienda?
Questo è uno dei risultati del cosiddetto coworking. Quando, poi il coworking incontra il boom dell’IT a cavallo fra i due secoli, il passaggio dal mercato di massa a quello della long-tail, il diffondersi dei contenuti generati dagli utenti e dell’internet delle cose, ecco che prende piede lo smart-working.
Lo smart-working non è solo un addio agli uffici e la possibilità di lavorare ovunque: in questo senso sarebbe solo il trasferimento dell’hard-working a casa propria, non certo il massimo della vita. Si tratta di lavorare per obiettivi, dove e come si vuole, dando modo ai singoli di sperimentare nuovi metodi di lavoro e di condividerli in tempo reale, grazie alla capillarità e penetrazione dei sistemi di connettività alle reti informatiche.


Vuol dire anche aumentare le possibilità di tutti di accedere al mercato lavorativo, in primis quelle di chi ne è escluso per ragioni fisiche o congiunturali. Così, il nostro abituale hard-working diventa soft-working, perché si passa a condividere uno spazio di lavoro prettamente software, oltre che più soft. Il 52% di chi lavora da remoto è contento di queste nuove possibilità.
«Il mondo sta cambiando. Per poter continuare a crescere e prosperare, le aziende devono prepararsi fin da subito a cogliere le nuove opportunità di innovazione», dice Marco Bossi, Marketing Manager di Dell. «Oggi – continua Bossi – azienda e forza lavoro sono innovative a un’unica condizione: che lo sia anche il proprio IT».
Ciò è una premessa fondamentale: il cambiamento di paradigma del mercato del lavoro impone scientificità. Questo vuol dire fare il passo zero, cominciare a classificare le tipologie di lavoro e di lavoratori possibili. Così facendo si possono individuare insight, abitudini e fornire servizi che siano specifici per le singole categorie. In sostanza, lo studio di questi modelli permette di standardizzare i processi produttivi e prevedere – nel limite del possibile – le tendenze future, così da ottimizzare gli investimenti che un’azienda potrebbe affrontare sul medio periodo.
Possiamo così suddividere i modelli lavorativi in quattro macro-categorie: i Desk-based workers, più tradizionalisti e legati al modello classico del lavoro in ufficio; i Corridor warriors, che lavorano spesso lontano dal proprio ufficio e si spostano con frequenza da un luogo all’altro, per meeting o altre esigenze; gli On-the-go professionals, ovvero i professionisti la cui attività si concretizza in lunghe trasferte, come nel caso di consulenti e rappresentanti aziendali; per ultimo, la categoria più tipica dello smart working, i Remote employees, coloro che lavorano da casa.
Ciò che emerge da questa classificazione è che lo smart working non si riduce certo al solo lavoro da remoto: questa è solo un’opzione in più, certamente importante e caratterizzante, ma non il suo cuore. Ciò che è cambiato è l’approccio generale che fa dell’iperconnettività un modo per lavorare in maniera orizzontale e coinvolgente, un rovesciamento totale della nostra tradizione. «Dire che le nostre abitudini stanno cambiando non è banale: sotto-sotto, significa che il nostro mondo non è più lo stesso. Preoccupante? Se e solo se non forniremo in tempo gli strumenti hardware, software e – ancora di più – culturali corretti con cui guidarlo. Dobbiamo essere Future Ready per forza».


Future ready workforce - DELL
Future ready workforce - DELL
Future ready workforce - DELL
IlSole24Ore