Impresa & Territori IndustriaLa chiave di volta della meccanica
La chiave di volta della meccanica
di Augusto Grandi e Filomena Greco | 07 gennaio 2014

Segnali di ripresa, pochi. Minacce all'orizzonte, più di una. A cominciare dal ridimensionamento che gli anni di crisi hanno provocato sul Pil del Piemonte – che ha perso 10 miliardi in 10 anni – e sul tessuto produttivo di una regione che, tra quelle del Nord Italia, ha il tasso di disoccupazione più alto, con le attese delle imprese, come testimoniato dall'ultima indagine dell'Unione industriale di Torino, che peggiorano per il primo trimestre dell'anno.
«Se non ripartiranno gli investimenti e non si farà una consistente nuova "Sabatini" – sottolinea Gianfranco Carbonato, a capo di Confindustria Piemonte – per dare fiducia alle imprese temo che resteremo fermi a una crescita dello "zero virgola" che di certo non inverte la tendenza». In una regione dove l'agroalimentare mostra segnali di vitalità, così come pure il tessile, rischia di restare ferma al palo la meccanica se non si rimette in moto l'economia e non si torna a investire in beni strumentali. «Ne va – aggiunge il leader degli industriali – della competitività delle imprese». Nell'automotive, aggiunge Carbonato, «la spinta della Maserati e del polo del lusso è una sfida che va colta».
«Dal nostro osservatorio – sottolinea Alberto dal Poz, presidente di Amma, associazione a cui aderiscono 700 imprese della meccatronica piemontese – vediamo chiaramente come il tessuto produttivo si stia indebolendo. Ce lo dice il crescere del costo del lavoro per unità di prodotto. Che tradotto indica una perdita di competitività delle imprese gravate da balzelli e oneri accessori, il cui peso è esploso negli ultimi anni». A sostegno di questa analisi Dal Poz commenta la classifica che pone l'Italia al di sotto della Spagna e con un pesante gap rispetto alle manifatture di Francia e Germania. Una deriva che si traduce, sul piano occupazionale, su un ricorso alla cassa integrazione per le imprese della meccatronica che cresce del 5% quest'anno e che corrisponde a 214mila addetti, con una quota di addetti interessati dalla cassa salita di due punti, a 27 per cento. «Chi non esporta vede nero – aggiunge Dal Poz – con le aziende che hanno oltre il 60% di fatturato su mercati esteri tra le quali, per la prima volta, si registra un saldo ottimisti/pessimisti positivo, mentre per le altre l'indice di fiducia cola a picco». In linea generale, come testimoniano i dati presentati dalla regione Piemonte, gli occupati nei primi nove mesi dell'anno è calata del 2,8% e il numero di persone in cerca di occupazione è a +17 per cento.
In tempi di risorse pubbliche ridotte al lumicino, il dibattito si è concentrato sui fondi strutturali, risorse preziose per il sistema nei prossimi anni. «Abbiamo posto un tema in sede di discussione con la regione – riprende Carbonato – affinché i fondi strutturali possano essere impiegati secondo logiche nuove, a sostegno della media e grande imprese. Se si punta ad ottenere ricadute in termini occupazionali dall'uso di queste risorse, bisogna puntare su aziende strutturate e con una presenza all'estero».
Anche Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere Piemonte, è convinto che l'export possa far da traino alla ripresa. «Ormai – ricorda – le nostre aziende non vendono solo in Europa, ma in ogni parte del mondo. Sanno innovare, puntano sulla qualità e su nuovi settori, compresa la green economy. E Paesi sempre più lontani dimostrano di apprezzare il prodotto piemontese non solo nell'agroalimentare o nel tessile, ma anche nei settori dove non avevamo tradizioni consolidate». A suo avviso, se anche l'Italia ritroverà un po' di fiducia, già nel 2014 si potrà tornare a crescere, trainati dall'export ma con nuovi posti di lavoro creati sul territorio.
Segnali positivi anche dal settore bancario. Giovanni Bottero, direttore della Bcc di Cherasco, assicura che nell'ultimo trimestre sono aumentate le domande di finanziamento "sane", da parte di imprenditori e famiglie. E sono aumentate le risposte positive della banca: «Abbiamo finanziato start up di giovani, mutui per la prima casa, ma anche acquisti di macchinari di imprese che continuano ad investire».
Molto più scettico è però Antonello Marzolla, segretario regionale dell'Aparc Usarci (agenti di commercio). A suo avviso il mercato interno è drammaticamente fermo, «non si vende nulla se non prodotti di scarso livello: gli scaffali sono pieni ed i magazzini anche di più». D'altronde anche la Fondazione Crt, vista la situazione, «rafforzerà - anticipa Massimo Lapucci, segretario generale della fondazione – nel 2014 gli interventi a favore del welfare, progettando nuove forme di intervento volte a favorire il reinserimento sociale ed economico in stato di disagio».