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19 marzo 2014

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Impresa & Territori IndustriaLa reazione è attesa nel 2014

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La reazione è attesa nel 2014

Il costo dell'energia, il Sistri, l'Aia (Autorizzazione integrata ambientale), l'Aua (Autorizzazione unica ambientale). Se all'Italia non manca il saper fare chimica, non mancano nemmeno i fardelli che impediscono a questo settore di crescere. Le esternalità, in un contesto sfavorevole, stanno mettendo in difficoltà un'industria che ha attraversato la crisi mostrando una forte capacità di tenuta. Considerando il solo Sistri, dal 2009 ad oggi vi sono state oltre 20 modifiche e integrazioni al quadro normativo intervenute sull'operatività del Sistema informatico per la tracciabilità dei rifiuti.

Che per le imprese significano ripetuti adeguamenti in termini di formazione del personale e procedure interne aziendali. E quindi costi. Nel bilancio di fine anno, come spiega il presidente di Federchimica, Cesare Puccioni, «la tenuta dell'export ha consentito di limitare la caduta della produzione chimica in Italia al 2,2%, meno marcata rispetto all'industria manifatturiera (-3,5%)». A soffrire meno la chimica fine e specialistica che «in un contesto così difficile, aggravato dal recente apprezzamento dell'euro, conferma una buona performance sui mercati esteri, con un aumento del 3,4% in valore», prosegue Puccioni.

La crisi c'è. Così come le sofferenze. Contrastate però da una forte capacità di reazione che potrebbe essere alla base delle timide prospettive di crescita per il 2014, quando è previsto che «il mercato interno potrà tornare a crescere anche se di poco, permettendo alla produzione di aumentare dell'1,6%, rimanendo però complessivamente su livelli insoddisfacenti», dice Puccioni.

Con la crisi sta venendo meno quella peculiarità della chimica di anticipare l'inversione ciclica perché i vincoli di liquidità delle imprese industriali rendono gli acquisti estremamente prudenti». Nella chimica non ci sono elementi di crisi strutturale, anche se, come spiegano dall'Ufficio studi, per i livelli di produzione il settore è del 15% sotto rispetto al 2007. Il mercato domestico continuerà a risentire della crisi strutturale che affligge alcuni importanti settori utilizzatori, in particolare le costruzioni, l'auto e il tessile.
E così anche la chimica ormai non è più esente dalle ristrutturazioni aziendali, pur non vivendo quella situazione di declino strutturale come altri settori. Ci sono situazioni aziendali difficili, ma questo è il settore con la più bassa incidenza delle sofferenze sui prestiti bancari: sono stati infatti il 4,7% a ottobre a fronte del 15,6% medio dell'industria italiana nel suo complesso. È il risultato di «una presenza più consistente di imprese capaci di gestire la crescente complessità del contesto competitivo. Le strategie aziendali affiancano alla difesa della quota di mercato, iniziative proattive come l'aumento della gamma di prodotti e servizi offerti (68% delle imprese contro il 48% della manifattura) e l'accesso a nuovi mercati (62% contro 42%)», spiega Puccioni.

L'export è una cartina di tornasole perché se si riesce ad esportare significa che si è ancora competitivi. Allargando l'orizzonte al periodo 2010-2013, l'Italia ha avuto un'espansione delle esportazioni chimiche pari al 12% in linea con la media europea e superiore ad altri grandi produttori come Francia e Regno Unito, ma dietro a Germania e Spagna. Performance di eccellenza emergono - anche nel confronto europeo - nelle pitture, vernici e adesivi (+18%) e nei detergenti e cosmetici (+26%). Nel 2014 l'export complessivo di chimica potrà rafforzarsi (+2,6% in volume) in presenza di una domanda più tonica a livello mondiale (+3,8%) e in moderata crescita anche in Europa (+1,5%).
Percentuali che potrebbero essere diverse se il settore venisse sgravato dai fardelli che ha. Il primo è il costo dell'energia. Ormai insostenibile. Soprattutto perché penalizza le imprese nella concorrenza internazionale, riduce la marginalità e col tempo potrebbe finire col mettere a rischio la sopravvivenza stessa di molti impianti in Italia. Gli imprenditori stanno facendo di tutto, dai prodotti innovativi, alle partnership anche internazionali, all'aumento della presenza sui mercati esteri, ma questo sforzo deve essere sostenuto dal sistema paese che non sempre aiuta.

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