La Banca dei regolamenti internazionali (Bri) è preoccupata per il debito «ostinatamente alto, malgrado i bassi tassi di interesse di Italia e Giappone»: nel suo 77mo rapporto annuale reso noto domenica 24 giugno, l'Istituto di Basilea, che svolge funzioni di banca delle banche centrali, torna a mettere l'accento sulle criticità delle finanze pubbliche del nostro Paese, pur riconoscendo il merito che il deficit italiano rientrerà quest'anno sotto il 3%, attestandosi al 2,5%, due punti in meno rispetto al 4,5% del 2006.
Tornando al debito pubblico, la Bri invita l'Italia e in generale tutti i Paesi dell'area Ocse a mettere mano ai sistemi pensionistici. Processo inevitabile se si vuole evitare di mettere a rischio il risanamento dei conti pubblici, che comunque «rimane un traguardo distante per la maggior parte dei Paesi industriali avanzati». Un problema reso ancora più grave dall'invecchiamento della popolazione «destinato ad avere ripercussioni sui bilanci pubblici e forse in misura ancora maggiore sul comportamento delle famiglie». Il rischio - in particolare per l'Italia e il Giappone, dove la spesa per la previdenza è aumentata in modo considerevole - è che «l'incidenza del debito pubblico possa seguire una spirale al rialzo».
Bene, invece, sempre per quanto riguarda l'Italia, l'evoluzione del sistema bancario, il cui consolidamento è stato favorito «dalla rimozione di ostacoli effettivi e presunti alle fusioni societarie», contribuendo così anche alla «performance delle azioni bancarie». In tutta Europa il settore bancario si è dimostrato vivace con diverse operazioni transfrontaliere. In quest'ottica è necessaria «una stretta cooperazione tra le varie autorità nel condividere le informazioni e nel coordinare gli interventi ufficiali».
Nel 2007, in base alle prime indicazioni, l'economia mondiale continuerà ad espandersi in modo vigoroso, anche se inferiore all'anno precedente. Su questo scenario positivo, però, continuano a permanere dei rischi, fra i quali un rallentamento più pronunciato degli Stati Uniti (anche a causa dell'andamento del mercato immobiliare) e gli squilibri di parte corrente. L'esposizione del sistema finanziario ai pericoli legati al settore immobiliare è pericolosamente cresciuta.
L'eventualità di un'ondata di insolvenze di titolari di mutui - scatenata da strette sui tassi di interesse e indebolimento dei redditi delle famiglie - rischia di scaricarsi sul mercato del mattone con una sovraofferta, dovuta alle vendite forzose di case. Si tratta, per ora, solo di uno scenario ipotetico, ma sufficientemente preoccupante da spingere la Banca dei regolamenti internazionali a toccarlo in diversi capitoli del suo rapporto annuale. «Un eventuale cedimento dei mercati immobiliari - avverte lo studio - rappresenta un significativo elemento di rischio per la stabilità finanziaria». Fino ad oggi, secondo la Bri, a sostenere il vigore del mercato immobiliare hanno contribuito, in maniera sostanziale, il lungo periodo di bassi tassi di interesse, e la conseguente fase espansiva del ciclo del credito, con concessione sempre più "facili" di prestiti e mutui da parte delle banche.
I prezzi delle case, che continuavano a crescere, potrebbero avere a loro volta favorito una sottovalutazione dei rischi. Peggio, le crescenti cartolarizzazioni effettuate dalle banche sui mutui - uno strumento con cui, specialmente negli Usa, gli istituti di credito si ricoprono dai rischi, rifilando di fatto i mutui "come spezzatino" sotto forma di bond ad altri clienti - hanno ulteriormente favorito il rilassamento degli standard di erogazione. In molti Paesi i crediti in sofferenza si trovano oggi ai minimi storici. «Tale contesto propizio, assieme ai bassi tassi di interesse, ha favorito la copiosa offerta di fondi su cui si è basata la forte espansione dei mercati dei prodotti creditizi strutturati e delle operazioni ad alta leva finanziaria». Ma si tratta di condizioni che vanno considerate «eccezionali», rileva la Bri. «Una svolta del ciclo creditizio rientra tra gli scenari attesi dagli analisti, anche se resta difficile da prevedere». E questa potenziale svolta «rappresenta in prospettiva una importante fonte di rischio».