Nel gruppo Fiat aumenta il ricorso alla cassa integrazione. Il calendario comunicato quest'estate sembra aggiornarsi di settimana in settimana. «In luglio è stato fatto un annuncio di massima – spiegano dall'azienda – ma gli attuali andamenti del mercato non erano noti e non potevano essere previsti».
Quello di luglio può quindi considerarsi un piano sorpassato dalla necessità di ridurre la produzione. Circostanza che ha costretto il vertice ad accrescere il ricorso alla cassa; tra ottobre e novembre, distribuite nei diversi stabilimenti, si contano quattro settimane in più. A Melfi, due giorni fa, è stato comunicato l'anticipo delle due settimane di cassa integrazione, previste inizialmente dal 20 ottobre al 2 novembre; cominceranno il 13 ottobre e termineranno il 26; in novembre non si sa cosa accadrà. A Mirafiori ieri è arrivato l'annuncio che in novembre i 3.500 addetti si fermeranno due settimane anziché una. Anche per i 1.200 dipendenti dell'ex Iveco, oggi Powertrain, lo stop è raddoppiato. A Cassino dove in novembre non era prevista cassa, sono state annunciate due settimane: dal 3 al 9 e dal 10 al 16. A Pomigliano, in ottobre, la cassa sarà di due settimane.
Nel primo caso, Melfi, come ha spiegato Vincenzo Tortorelli, segretario provinciale della Uilm di Potenza, «l'azienda ha motivato l'anticipo con le questioni di mercato e con le difficoltà di fornitura di metano, utilizzato per la produzione della grande Punto». Nel caso di Mirafiori, per il segretario generale della Fiom torinese, Giorgio Airaudo, «l'aggravarsi della crisi, che va oltre le previsioni della stessa Fiat, dimostra che non è ancora visibile un punto di ripresa. L'estensione della cassa integrazione dall'auto ai veicoli industriali e da questo alle macchine movimento terra della Cnh dice che la crisi è più estesa rispetto al 2002».
Gli aggiornamenti della cassa integrazione sono piombati come un macigno sulla piattaforma per il rinnovo dell'integrativo che ieri è stata discussa e approvata da Fiom, Fim, Uilm e Fismic. La richiesta salariale è di 2.100 euro a regime, nel 2012, e di un'indennità di 85 euro mensili per chi svolge un lavoro vincolato. «La preoccupazione è altissima – dice Bruno Vitali, segretario nazionale della Fim – ma la situazione del gruppo torinese rientra in uno scenario internazionale dove non c'è casa automobilistica che non stia fronteggiando la caduta del mercato».
E infatti allargando l'obiettivo all'estero proprio ieri Fiat e General Motors hanno annunciato una sospensione della produzione in Brasile in conseguenza della crisi mondiale. Le altre grandi marche presenti sul mercato brasiliano potrebbero seguire l'esempio in breve. La fabbrica della Fiat in Brasile, a Betim, si fermerà dal 13 ottobre «tra i dieci e i venti giorni».
La decisione di aprire la vertenza per l'integrativo è stata presa perché, lasciando da parte la congiuntura, «ora la Fiat è solida e ben riposizionata sui mercati, ha rinnovato la gamma dei modelli e i lavoratori sono stati determinanti nel rilancio – osserva Vitali –. È arrivato il momento di condividere gli ottimi risultati conseguiti». Per Airaudo, «la scelta di promuovere in questo quadro la vertenza integrativa è importante perché segnala che non possiamo non occuparci del salario dei lavoratori. Salario che era già basso e insufficiente durante la ripresa del gruppo e che oggi scende con la cassa integrazione sotto i mille euro. Gli aumenti salariali sono irrinunciabili». Antonino Regazzi, segretario generale della Uilm indica nella maggiore efficienza produttiva la strategia: «Alla Fiat chiediamo un patto per produrre meglio e di più – dice il sindacalista – questa è la via per aumentare i salari».
Intanto si avvicina al rush finale la vertenza della Piaggio dove è stata fissata per il 16 ottobre la data per la no-stop in vista dell'accordo. Se le parti appaiono abbastanza vicine su alcune questioni, come la stabilizzaizone dei precari, sono invece ancora distanti sul salario: i sindacati chiedono 2.200 euro a regime, l'azienda ne offre circa mille.