ILSOLE24ORE.COM > Notizie Economia e Lavoro ARCHIVIO

Internet: si può pagare se le notizie sono di qualità

di Luca De Biase

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
9 Maggio 2009

Zachary Seward non se lo aspettava quel messaggio di ottimismo. Lavorando al Nieman Journalism Lab di Harvard, Seward si arrovella tutti i giorni sul futuro dei giornali, stretti tra il calo della pubblicità, l'erosione delle copie vendute e l'esplosione delle alternative gratuite su internet, che non riescono però a pareggiare i costi di produzione. Come un'ossessione, Seward si domanda: ma è proprio vero che il pubblico non è disposto a pagare per leggere le notizie online? Sicché si è stupito quando David Simon, il creatore della serie-culto dell'infotainment tv, The Wire, gli ha risposto: «Trent'anni fa la televisione era gratis. Nessuna persona sana di mente avrebbe pensato che un giorno la gente avrebbe pagato da 20 a 70 dollari al mese per vederla. Perché non dovrebbe avvenire lo stesso anche per i giornali su internet?».
Già, perché no? Non è forse vero che su internet tutto cambia in fretta e i tabù possono anche essere cancellati? Chiunque risponda con sicurezza non ha vissuto l'alternanza parossistica di strategie che gli editori, Rupert Murdoch in testa, hanno provato negli ultimi quindici anni cercando un modello di business per i giornali investiti dall'ondata internettiana. E che in questi tempi difficili per la pubblicità sperano di ritrovare un pubblico pagante. Come? La parola chiave è «cool»: pagare deve diventare in un certo senso piacevole, dice un vecchio lupo di mare dell'editoria americana come Steven Brill che con l'ex editore del Wall Street Journal, Gordon Crovitz, sta progettando una piattaforma per rendere facile agli editori provare ogni possibile modello di pagamento per i loro giornali. «Se Steve Jobs è riuscito a rendere piacevole persino comprare la musica...».

C'è, naturalmente, una differenza tra la musica e i giornali. Mentre tutte le major sono d'accordo sul principio che la musica si paghi, gli editori di giornali non si muovono all'unisono. E le alternative legali e gratuite per i notiziari sono moltissime. Dunque, i motivi per cui il pubblico dovrebbe essere convinto di pagare per le news vanno precisati. L'esperienza fatta finora segnala due tipi di casi: si paga quando si pensa che sia "necessario" pagare o quando si pensa che sia "giusto". Una terza possibilità non è data: o meglio non ancora. Il Wsj è appunto il caso di scuola dei giornali online che riescono a convincere il pubblico a pagare: un milione di persone sborsa circa 80 dollari all'anno per accedere alle sue analisi finanziarie e agli approfondimenti. Murdoch, quando lo ha comprato, pensava di darlo gratuitamente. Poi ha mantenuto la sottoscrizione. E ora vuole estendere il concetto ad altri giornali.

La mancanza di altri esempi di successo, a parte il Wall Street Journal, però impone prudenza. La percezione di valore di un giornale online che si paga deve essere molto alta. Il che significa che il primo atto di un editore che segua quella strada deve essere innalzare significativamente la qualità dei prodotti. D'altra parte il pubblico dimostra di essere disposto a pagare per sostenere la ricerca giornalistica online quando copre aree dell'informazione che i media tradizionali tralasciano. È il caso delle inchieste sostenute dalla comunità locale utilizzando la piattaforma per le donazioni Spot.us: il giornalista propone un tema di inchiesta e la sua comunità di riferimento lo supporta con pagamenti da uno a 50 dollari o più. E in Italia c'è il caso de L'altra Voce, in Sardegna, che ha chiesto sostegno alla comunità dei suoi lettori da un mese e mezzo e ha raccolto fin qui 15mila euro via PayPal (il sistema di pagamento di eBay).

La terza alternativa, quella per la quale non ci sono ancora molti esempi, riguarda la produzione di informazione in forme, strutture e contenuti radicalmente innovativi, frutto di un'attività di vera e propria ricerca e sperimentazione editoriale. Unità di ricerca giornalistica in grado di produrre survey personalizzate. O velocissime analisi originali. Oppure redazioni crossmediali capaci di esprimersi su diversi supporti: da quelli tradizionali ai display digitali che sono ancora nei laboratori. In tutti i casi, quello che si pagherà dovrà sembrare unico ai lettori. E, poiché i lettori saranno in grado di verificarlo, dovrà esserlo davvero.

9 Maggio 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio
L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER   
Effettua il login o avvia la registrazione.


 
   
 
 
 

-UltimiSezione-

-
-
6 maggio 2010
6 maggio 2010
6 maggio 2010
6 aprile 2010
6 maggio 2010
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-