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Il consumatore acquista
quello che vuole l'impresa

di Vittorio Carlini

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12 agosto 2009
L'ansia e le brutte notizie pesano sui consumi

Breve viaggio nel mondo del marketing. Esempi, divertenti e illuminanti, di cosa può influenzare la domanda negli acquisti. Secondo l'economia comportamentale

«Il consumatore è al centro del business». Oppure: «In tempi di crisi è la domanda che influenza l'offerta». Ancora: «L'azienda siete voi». Quante volte abbiamo ascoltato simili affermazioni. Per carità: coglieranno anche una parte della verità. A ben vedere però, la scelta di noi poveri acquirenti non è certamente così libera come si pensa. Da decenni, e anche di più, il marketing sfrutta le più disparate tecniche per influenzare le nostre scelte. Il Sole24Ore.com ha fatto "quattro passi" in questo mondo riportando, senza alcuna pretesa di completezza, alcuni esempi divertenti e illuminanti.

Abbocchiamo all'esca
Daniel Ariely, esperto di economia comportamentale, nel suo libro "Prevedibilmente irrazionale", ed. Rizzoli, ci ricorda come le nostre scelte sono tutte relative e fa un esempio. L'economista riporta l'offerta, ritrovata in Internet, per l'abbonamento ad un noto settimanale americano. Una proposta che, nei suoi elementi essenziali, si riassume così:
Abbonamento annuale solo all'edizione online, 59 $
Abbonamento annuale all'edizione cartacea, 125 $
Abbonamento annuale sia all'edizione cartacea sia a quella online, 125 $.
Non stupisce apprendere che, dopo avere sottoposto quest'offerta a 100 studenti della Sloan School of Management del Mit, la maggioranza di loro (84) sceglie l'abbonamento da 125 $ valido sia per Internet sia per la carta. Una minoranza, 16 studenti, opta per il solo online e mentre nessuno decide per l'offerta cartacea a 125 $. «Fin qui - scrive Ariely - davvero brillanti questi studenti, non c'è che dire». Poi, però, il simpatico professore cambia le carte in tavola. Realizza una nuova proposta che, nei suo caratteri essenziali, può riassumersi così:
Abbonamento annuale solo all'edizione online, 59$
Abbonamento annuale sia all'edizione cartacea sia a quella online, 125 $
E qui, salta fuori la sorpresa. Nella sostanza, infatti, tra le due offerte nulla è cambiato: la scelta degli studenti dovrebbe essere la stessa o, perlomeno, simile. Invece, questa volta, ben 68 studenti scelgono la singola opzione Internet (a 59$) e solamente 32 decidono per il pacchetto online più carta (125$). Cos'è successo? Arely risponde in maniera semplice: «I maghi del marketing del settimanale - scrive l'economista- sanno una cosa importante sul comportamento umano: raramente le persone scelgono in termini assoluti». Per i comuni mortali, cioè, non è facile dire qual'è il prezzo "giusto" di un bene senza avere un punto di riferimento. Ci orientiamo meglio quando: «Mettiamo a fuoco il vantaggio relativo di una cosa rispetto ad un'altra». Così, non possiamo sapere con sicurezza se l'offerta da 125$ (per la sola carta) sia meglio di quella da 59$ solo per Internet. Ma, certamente, possiamo dire che l'offerta Internet più carta a 125$ è più vantaggiosa di quella per la sola edizione cartacea allo stesso prezzo. Gli esperti di marketing, insomma, ci hanno gettato un'esca (di raffronto). Ovviamente, l'hanno buttata dove loro volevano: cioè, vicino alla proposta da 125$ per l'online e la carta. E gli studenti del Mit hanno abboccato: hanno scelto, in maggioranza, l'abbonamento più caro. E noi, probabilmente, avremmo fatto lo stesso.

Aggrapparsi all'ancora
Ma non ci sono solo le esche. Esistono anche le ancore. Gli economisti comportamentali, infatti, sottolineano un altro aspetto interessante. Quale? Il fatto che i prezzi di partenza, quelli rispetto ai quali noi realizziamo i nostri paragoni, spesso possono essere arbitrari. E i consumatori, comunque, spesso li accettano anche se sono ingiustificati. Diversi esperimenti hanno mostrato che avvicinando un bene (di cui ancora non si è ben definito il prezzo) ad un altro oggetto già "prezzato", il valore di quest'ultimo tende a giustificare il nuovo prezzo. Famosissimo è l'esempio (citato nel suo libro dallo stesso Ariely) delle perle nere di Tahiti che nessuno voleva acquistare. Fino a quando non furono messe nella vetrina di un notissimo gioielliere di New York, a fianco di pietre preziose e costosissime. Da quel momento il loro prezzo, altissimo, fu accettato come normale. Era stata gettata l'ancora e l'acquirente, dopo poco tempo, aveva iniziato a considerare le quotazioni delle perle nere di Tahiti come "normali". Le persone si erano "ancorate" a quei valori che sarebbero diventati, nel tempo, un punto di riferimento. Ora, questo tipo di comportamenti si concretizza molto più di quanto si pensi nel mondo dell'economia dei consumi. E, con buona pace dei costi marginali aziendali, è uno dei meccanismi che i signori del marketing conoscono (e usano) per indurci a spendere quello che loro vogliono.

L'acquisto come esperienza
Fin qui le esche e le ancore. Ma è anche una questione di «esperienza». E sì, perché ci sono alcune tipologie di acquisto, come per esempio il bere un caffé o una cioccolata, dove "creare un'atmosfera" può essere fondamentale per indurre all'acquisto. Ne sanno qualche cosa alla ScentAir, un'azienda che produce profumi di ogni tipo da "spruzzare" nell'aria, nell'ambiente circostante. Nel parco giochi, in Inghilterra, di Legoland questa società ha sperimentato, piazzandola vicino alla porta di un coffe shop, una macchinetta che, periodicamente, spruzza nell'aria un sapore di cioccolato. Non il tipico gusto di caffé, troppo forte per i ragazzi, bensì un odore più dolciastro. Il tutto, ovviamente, all'insaputa dei clienti. All'inizio lo scettiscimo regnava incontrastato. Poi, i numeri (gli incassi) hanno dato ragione all'idea di ScentAir: le vendite della dolce e calda bevanda sono aumentate, e di molto. Cosa è accaduto? Semplice: è successo che il buon sapore di cioccolata, all'interno del bar, invogliava inconsciamente al consumo.

  CONTINUA ...»

12 agosto 2009
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