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Il rilancio minaccioso del petrolio

di Sissi Bellomo

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5 agosto 2009

Se il petrolio Wti ha tirato il fiato, concedendosi una breve pausa nel rally, così non è stato per il Brent. Il greggio europeo – principale riferimento per i contratti di fornitura energetica nel Vecchio continente – non ha smesso di correre neanche ieri. Le quotazioni hanno guadagnato un altro punto percentuale, salendo per la quarta seduta consecutiva, e portandosi ai massimi dallo scorso ottobre: 74,28 dollari al barile.

Il prezzo, ormai raddoppiato rispetto ai minimi pluriennali di fine 2008, si muove di pari passo con il ritrovato ottimismo degli investitori: come in Borsa, così anche sui mercati delle materie prime, è l'euforia per una ripresa che a molti sembra ormai a portata di mano a guidare gli acquisti. L'appetito per il rischio cresce, a danno del dollaro – che si indebolisce – e a vantaggio degli asset ritenuti capaci di restuire le migliori performance. Il fiume di liquidità che continua a riversarsi sui mercati è tornato già da tempo a prediligere le commodities anche in chiave anti-inflazione: così, per proteggere il portafoglio dai futuri rincari, i fondi potrebbero in realtà accelerarne l'arrivo. Mettendo a rischio, nel contempo, la stessa ripresa. «Se i prezzi del greggio salgono ancora – ha avvertito Fatih Birol, capo economista dell'Agenzia internazionale per l'energia – potrebbero strangolare la ripresa dell'economia».

L'interesse per le materie prime sembra essere tornato in modo indiscriminato, ulteriormente incoraggiato dal fatto che nel primo semestre sono state l'asset class più redditizia per gli investitori. I metalli non ferrosi – dal rame allo zinco, dall'alluminio al nickel – hanno tutti riguadagnato i livelli di prezzo dello scorso autunno, sostenuti dall'accumulo di scorte strategiche da parte dei cinesi, ma anche – forse soprattutto – dalla speranza che l'economia globale si riprenda rapidamente, magari proprio al traino del gigante asiatico. L'oro, sia pure in modo meno sfrenato, sta anch'esso recuperando: grazie all'indebolirsi del dollaro, ieri le sue quotazioni sono tornate a superare 970 $/oncia. Meglio è andata al palladio, balzato ai massimi da undici mesi.
Gli ordini di acquisto piovono anche sui mercati agricoli. Lo zucchero raffinato, su cui pesa un'effettiva carenza di offerta, è ai massimi storici. I semi di soia, grazie all'import cinese, non smettono di correre. E anche i cereali sono di nuovo in forte rialzo, nonostante sul mercato fisico vi sia un'ampia disponibilità.
Anche il petrolio non manca, nel mondo reale. La domanda, specie nelle economie sviluppate, è ancora ben lontana dal riprendersi: negli Stati Uniti, dove si consuma un quarto della produzione globale di greggio, la domanda nelle ultime quattro settimane restava inferiore del 10% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, le scorte di carburanti si sono avvicinate di recente ai massimi da 25 anni e le raffinerie stanno lavorando tuttora a poco più dell'80% della loro capacità produttiva, perché i margini di lavorazione sono troppo bassi, ma anche perché gli automobilisti americani consumano troppo poco.

Eppure, a galoppare non sono soltanto le quotazioni del greggio europeo Bernt. Il riferimento americano, il Wti, ieri è comunque arretrato di appena lo 0,2% rispetto ai massimi da dieci mesi e vale tuttora ben 71,41 dollari al barile: se il suo prezzo è un po' più basso di quello del Brent, il motivo – spiegano gli analisti – risiede molto probabilmente nel fatto che la produzione di petrolio nel mare del Nord (da cui provengono il Brent e gli altri greggi assimilati a quest'ultimo, come il Forties) è attualmente rallentata dalle manutenzioni di alcuni giacimenti. Inoltre, comincia forse a farsi sentire anche il timore per il giro di vite annunciato dal governo Usa contro gli speculatori.
In Gran Bretagna le autorità di vigilanza sui mercati non sembrano altrettanto aggressive nel voler imporre dei limiti alle contrattazioni sui mercati dei futures, anche il problema è più che mai all'ordine del giorno. Il ministro del Tesoro britannico Alistair Darling e la Financial Services Authority (Fsa), l'equivalente della Consob italiana, hanno dato appuntamento per oggi ad una trentina di rappresentanti dell'industria petrolifera e finanziaria, per sondare le loro opinioni sul tema petrolio e speculazione.

5 agosto 2009
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