Galline dall'uova d'oro, questo sono le società a controllo comunale, soprattutto al Nord, dove brilla Milano, prima per ricavi, redditività operativa e dividendi incassati. Il buco nero è a Napoli, le cui ex municipalizzate viaggiano in perdita di 70 milioni e dove il Comune è anche l'unico ad avere registrato un calo dei ricavi (-6,5% a 585 milioni) a fronte dell'attività svolta tramite le controllate.
È quanto emerge da uno studio di Mediobanca, realizzato per Civicum («Le società controllate dai maggiori Comuni italiani: costi, qualità ed efficienza») e curato da Gabriele Barbaresco, che mette a confronto i risultati degli anni 2005 e 2006. Tutte insieme le società prese in esame - 303 in totale per i sei Comuni di Milano, Brescia, Roma, Torino, Bologna e Napoli - valgono quanto il sesto gruppo industriale italiano, con un fatturato aggregato di 17,3 miliardi di euro. Non è difficile capire, quindi, perché soprattutto i Municipi del Nord, e in particolare Milano - alle prese con bilanci sempre più asfittici per i vincoli di finanza pubblica - non intendano cedere neppure di un millimetro la presa su realtà i cui flussi finanziari sono i continua espansione sul fronte dei risultati netti e dei dividendi, in particolare per i servizi legati all'energia. Quando non sono state trasformate (si veda articolo di Plus24 sull'Atm di Milano e il suo portafoglio titoli da 400 milioni) in società d'investimenti foraggiate da sovvenzioni statali nate per ripianare perdite praticamente fisiologiche nei servizi di trasporto pubblico.
Guardando ai dividendi, è proprio il Comune di Milano a guidare la classifica del lotto di grandi città finite sotto la lente dell'Ufficio studi Mediobanca: con il contributo della società di gestione degli aeroporti, la Sea (tenendo conto nel gennaio 2006 la giunta Albertini ha optato per una distribuzione di riserve per 169 milioni), dell'Aem (la società dell'energia oggi A2A dopo il matrimonio con l'Asm Brescia) e in minima parte dell'Amsa (servizi ambientali) il capoluogo lombardo ha incassato la fetta più appetitosa: 248,3 milioni su un totale di 417 milioni fini ti nella casse dei Comuni di Brescia (83 milioni) Roma, (59, grazie all'Acea, servizi energetici e acqua), Torino (14 milioni) e Bologna (12,2 milioni).
Quanto alla redditività operativa è sempre Milano a guidare la classifica con un risultato netto pari a 340 milioni contro i 240 milioni di Brescia (che tuttavia vanta una migliore redditività: 11,7% contro il 4% delle imprese meneghine), i 19 di Torino, i 16 di Bologna e Roma, e, appunto, il -70 milioni di Napoli, maglia nera della classifica stilata da Civicum soprattutto grazie ad Asia, la società finita nell'occhio del ciclone per la malagestione dei rifiuti.
Lo studio registra anche un parziale dimagrimento dei cda delle società controllate dai sei maggiori Comuni italiani: in due anni i consiglieri in 31 società scendono dell'11,7% (da 308 a 272) e Torino appare la più virtuosa con una diminuzione del 31% mentre a Milano c'è un calo del 18%. Le controllate di Brescia hanno i cda meno affollati mentre i board più numerosi appartengono a Bologna e Roma mentre quelli meno costosi sono a Torino. I sei Comuni considerati dallo studio controllano 341 società con partecipazioni di maggioranza (quattro quotate in Borsa) e in altre 66 hanno quote di minoranza. Barbaresco ha indicato che il potere di nomina di un Comune per un consigliere in società partecipate vale 3,1 milioni di capitale, con dubbia efficacia dell'investimento, mentre quello per le controllate vale 21,4 milioni.
Rispetto alle performance delle quotate, infine, dal gennaio 2003 alla fine dello scorso anno la Borsa ha registrato un aumento medio annuo dell'11,4%, Acea Roma è salita del 27,5%, Asm Brescia del 24,7%, Iride (Torino-Genova) del 20,7%, Aem Milano del 19,9% ed Hera Bologna del 19,8%. Dal momento del collocamento sul listino fino a fine 2007, Acea registra una crescita media annua del 5,6%, Asm del 20,5%, Aem del 5,2% ed Hera del 22,5%. Ancora per le quotate, il valore è oggi il doppio del «nominale» investito: i cittadini-azionisti più ricchi sono i bresciani con un valore delle controllate di 15mila euro a testa seguiti dai milanesi (2900 a testa).