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Commerzbank-Dresdner: una grande sfida non priva di rischi

Analisi di Maurizio Panetti *

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2 settembre 2008

La prima impressione, a caldo, dello stra-annunciato matrimonio fra Commerzbank e Dresdner, è che finalmente Allianz sia riuscita a rimettere sul mercato una partecipazione che rappresentava una pesante zavorra economica. Una partecipazione che sin dalla sua acquisizione, nel 2001, non ha fatto che svalutarsi progressivamente. In tutto questo Allianz ha invece dimostrato una grande sensibilità strategica; innanzitutto negoziando un discreto ritorno: nonostante un prezzo d'acquisto esorbitante (23 miliardi solamente sette anni prima), l'accollo di anni di perdite, Allianz incassa circa 10 miliardi di euro, prezzo ritenuto dal mercato estremamente elevato se comparato alla capitalizzazione di Commerzbank di 13 miliardi, ma con ben altra struttura di bilancio e di conto economico (prova ne sia la forte perdita di ieri di Commerzbank - quasi il 9% - a fronte della relativa stabilità di Allianz); in secondo luogo siglando un generoso quanto strategicamente rilevante accordo di distribuzione delle polizze assicurative della durata di 15 anni, a partire dalla naturale scadenza del contratto con Generali (2010); infine non cedendo alle sirene del danaro, scegliendo come partner Commerzbank piuttosto che la China Development Bank. E questo non tanto per spirito di puro nazionalismo, ma piuttosto per una forte comprensione dell'industria bancaria, dove soltanto lo sviluppo di ampie masse critiche e di chiare leadership di mercato permetteranno il raggiungimento di forti efficienze domestiche ed internazionali e quindi la creazione di valore in capo agli azionisti. La scelta inoltre di Commerzbank suona quanto mai azzeccata: permette di creare un nuovo player bancario di grandi dimensioni pronto a sfidare il primato di Deutsche Bank, che rappresenta un gigante addormentato, primo per volume di assets, ma solo secondo, rispetto al nuovo gruppo, nel mercato retail, per numero di filiali e di clienti; costruisce un rapporto di forte fiducia e si affida ad un management che ha dimostrato forte aggressività, focalizzazione e capacità di innovazione sul mercato, in particolare quello della media impresa, cuore dell'economia tedesca, dando perciò segnali forti di voler cambiare strategia (prova ne sia che nel nuovo consiglio d'amministrazione dovrebbe esserci un solo membro di provenienza Dresdner).
E' ovvio che non sarà un'integrazione facile ed indolore: il merger di due banche a respiro nazionale crea forti sovrapposizioni territoriali (si parla della chiusura di ben un terzo della rete di sportelli) e necessità di riduzione di personale (circa 9000 posti di lavoro su 66000 risorse). Per non parlare della difficoltà di creare un comune denominatore culturale per due banche profondamente diverse tra loro, con una chiara ed ovvia posizione di preminenza attribuita al management di Commerzbank, l'acquirente.
In tal senso le aspettative di buona parte degli analisti sono relativamente caute: se il gruppo non riuscirà a sviluppare una forte leadership e sfruttare il momento favorevole della nascita di un nuovo "campione" nazionale per crescere in tutte le aree, dal retail al corporate, dal private all'investment banking, l'operazione potrebbe rivelarsi un grande flop. Anche per la particolare struttura temporale del deal, articolato in due passaggi azionari nel giro di circa un anno, che potrebbe ulteriormente rallentare lo sforzo necessariamente richiesto per un'integrazione di tali dimensioni.
(*) Co-Managing Partner di Roland Berger Italia
Responsabile dei Financial Services – Membro del Financial Services Worldwide Core Competence Team
(Maurizio_Panetti@it.rolandberger.com)

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