L'ANTEFATTO : Il mercato immobiliare dal boom al crollo dei prezzi |
L'irresistibile boom del mattone... Il mercato immobiliare americano ha registrato un forte boom, fino al 2006. Alcuni dati rendono l'idea. Innanzitutto le case di proprietà negli Usa sono aumentate dal 64% del 1994 al record del 69%. La domanda di abitazioni ha ovviamente drogato i prezzi: dal 1997 al 2006 il valore delle case americane è così salito del 124 per cento. Questo, però, ha anche fatto aumentare l'indebitamento delle famiglie. Nel 2007 il rapporto tra debito e reddito ha raggiunto il 130%: il 30% in più rispetto a dieci anni prima. ...e lo shock del crollo improvviso La crescita dei prezzi delle case aveva già iniziato a mostrare un rallentamento nel 2005, come si vede nel grafico. Ma è nel 2007 e nel 2008 che il ribasso è stato del 9,7% e del 15,3 per cento. Il ribasso ha causato un aumento dei pignoramenti: secondo stime del Senato Usa, qualcosa come 71 miliardi di ricchezza immobiliare andrà direttamente distrutta a causa di pignoramenti e calo dei prezzi. Indirettamente, poi, andranno in fumo altri 32 miliardi. Totale: 100 miliardi persi dalle famiglie. |
1 - I MUTUI SUBPRIME VANNO IN «SOFFERENZA» |
Dalle case ai mutui
Il ribasso dei prezzi delle abitazioni, unito all'aumento dei tassi d'interesse, mette ben presto in difficoltà le famiglie americane. Dal 2004 al 2006, la Federal Reserve ha infatti alzato i tassi d'interesse 17 volte, portandoli dall'1% al 5,25%: questo causa un forte rincaro dei prestiti immobiliari. In un primo momento vanno in crisi le famiglie poco abbienti, quelle che avevano stipulato i cosiddetti mutui subprime. Poi le difficoltà si allargano anche a quelle economicamente più solide.
Rate impossibili per 15 famiglie su 100
Come si vede nel grafico, per i mutui subprime erogati nel 2000 solo il 5% dei clienti non era riuscito a pagare le rate dopo appena 10 mesi dall'erogazione. Per i mutui erogati nel 2007, invece, il tasso di insolvenza è salito quasi al 15%: dieci mesi dopo l'erogazione, insomma, 15 famiglie su 100 non sono più in grado di pagare le rate. Secondo i dati di Standard & Poor's, nel giugno 2008 il tasso di insolvenza sui mutui subprime è dunque molto elevato: il 37,44% dei mutui erogati nel 2005 ha problemi di pagamento. Percentuale che sale al 40,28% per i mutui concessi nel 2006 e che si ferma al 29,28% per quelli stipulati nel 2007.
Le cartolarizzazioni e la Fed
All'inizio questi segnali negativi non vengono valutati come un problema per le banche. Motivo: i mutui subprime sono stati quasi tutti cartolarizzati. Questo significa che le banche li hanno "impacchettati" in obbligazioni (denominate asset-backed securities, Abs) che sono state vendute agli investitori. Insomma: gli istituti di credito hanno ceduto i mutui ad altri investitori. Questo insieme ai derivati, riteneva nel 1999 la Federal Reserve, avrebbe spalmato e ridotto i rischi. Ma si stava sbagliando. |
2 - LE CARTOLARIZZAZIONI ENTRANO IN TILT |
La moltiplicazione dei rischi
La tesi della Fed e di molti economisti, secondo cui le cartolarizzazioni avrebbero "sparpagliato" i rischi, si dimostra subito errata. I rischi sono stati infatti moltiplicati, non ridotti. Le Abs (che negli Usa ammontano a 4.200 miliardi di dollari) sono state infatti in gran parte re-impacchettate in altre obbligazioni (i cosiddetti Cdo) che ammontano a 3mila miliardi. Morale: il rischio subprime è arrivato in tutto il mondo attraverso questi bond. E nessuno sa in quante Abs e in quanti Cdo sia effettivamente finito.
Mercato in panico
Questa incertezza manda in poco tempo in tilt il mercato delle cartolarizzazioni: anche quelle che non hanno nulla a che fare con i subprime. I prezzi crollano (le obbligazioni con rating "BBB" perdono più dell'80% del loro valore). Nessuno vuole più comprare. Perdite miliardarie. |
3 - SEMPRE PIÙ OBBLIGAZIONI AD ALTA TENSIONE |
L'onda d'urto
Mentre si "congela" il mercato delle cartolarizzazioni, la crisi si propaga all'universo obbligazionario. Gli investitori, infatti, per panico e per fare cassa, vendono anche le azioni e i bond aziendali. Le obbligazioni cosiddette "distressed" (quelle che a causa delle vendite hanno rendimenti del 10% superiori ai titoli di Stato) si moltiplicano: se a luglio 2007 rappresentavano solo il 2% circa del mercato delle obbligazioni speculative, a febbraio 2008 risultavano salite al 22%. Le vendite hanno fatto crollare i prezzi, spingendo i rendimenti verso l'alto. Ai trilioni di cartolarizzazioni in crisi, si affiancano quindi anche i bond aziendali ad alto rischio. Solo in America nel 2006 e 2007 ne erano stati emessi per 300 miliardi di dollari. |
4 - LE PRIME VITTIME: LE BANCHE USA ED EUROPEE |
Banche in affanno
Le banche sono le prime a soffrire. Come si vede nel grafico, sono infatti tra i principali acquirenti di Cdo: hanno in "pancia" 746 miliardi di dollari. Non solo. Molte banche hanno comprato bond cartolarizzati anche attraverso speciali società-veicolo fuori bilancio, chiamate Conduit e Siv.
La catastrofe dell'effetto leva
Questi veicoli (soprattutto i secondi) hanno acquistato i bond cartolarizzati usando un forte effetto leva. Cioè indebitandosi in maniera esponenziale sul mercato delle «commercial paper». Morale: la leva, che per anni aveva moltiplicato i guadagni, ora si ritorce contro di loro. Le banche devono quindi prontamente intervenire e "salvare" i Conduit e i Siv. Inglobando le loro perdite.
«Buco» miliardario
Il crollo delle cartolarizzazioni e i salvataggi dei veicoli causano quindi pesanti perdite per le banche. Fino ad oggi, a livello mondiale, gli istituti di credito hanno dovuto svalutare più di 500 miliardi di dollari di obbligazioni illiquide. Queste svalutazioni si sono tradotte in perdite miliardarie di bilancio. |
5 - SULLE BORSE IL PANICO BRUCIA 17MILA MILIARDI $ |
Borse in picchiata
La crisi esplode subito in Borsa. Un po' per il panico e un po' per il fatto che gli investitori sono costretti a fare cassa per racimolare liquidità, le vendite colpiscono i listini in lungo e in largo. Dall'inizio della crisi dei mutui (nel luglio 2007), al crack di Lehman Brothers, le Borse di tutto il mondo hanno mandato in fumo 17mila miliardi di dollari. In parte sono stati poi recuperati con l'annuncio da parte del Tesoro Usa del maxi-pacchetto di salvataggio delle banche da 700 miliardi.
Chi soffre di più
Ovviamente le vendite colpiscono soprattutto le banche e i titoli finanziari. A Wall Street l'indice dei titoli bancari dall'agosto 2007 ha perso il 46%. In forte tensione anche le assicurazioni. Ma le vendite colpiscono tutti i settori, anche quelli non legati ai mutui subprime. I motivi sono due: da un lato, la crisi pesa sulla congiuntura e dunque sui consumi; dall'altro, gli istituti di credito in crisi e i fondi - colpiti dai riscatti - sono costretti a vendere tutti i titoli liquidi che hanno in portafoglio.
Gli interventi delle Autorità
Per arginare questo crollo, nel corso dell'anno le Autorità di vigilanza le provano tutte. Dalle iniezioni di liquidità da parte delle banche centrali, al divieto - recente - di vendere azioni di società finanziarie allo scoperto: le azioni degli organismi di vigilanza sono molteplici. Ma nessuno ha prodotto i risultati sperati. Così, alla fine, il Tesoro americano è stato costretto ad annunciare un maxi-piano di salvataggio pubblico. Solo questo ha fatto risalire (momentaneamente) le Borse.
continua... |
|