Gli istituti finanziari investono nel reddito fisso che rende zero. Il balzo del comparto finanziario negli Usa è stato spinto dalla speculazione. Pechino deve fronteggiare la Bolla della piazza di Shangai e vara misure di stretta sul credito facile. I motivi per essere molto cauti sul futuro del rally azionario
Settembre è arrivato. Il mese in cui, di solito, cadono le Borse è iniziato. E, in molti si domandano: anche quest'anno la regola sarà confermata? Oppure, vivremo un'altra eccezione? Al di là delle dichiarazioni e dei commenti di molti esperti, i motivi per procedere con molta cautela sono numerosi. Il Sole24Ore.com ne ha analizzati, senza pretesa di completezza, alcuni.
Non fate ciò che dico, fate ciò che faccio. Potrebbe riassumersi così l'analisi del comportamento di molte banche e investitori istituzionali. Per rendersene conto basta ritornare con la mente al 26 agosto scorso. In quella data si è svolta un'asta di titoli di Stato, con la domanda che ha superato l'offerta. I BoT semestrali sono stati collocati con un rendimento medio ponderato dello 0,550%. Secondo Assiom, vuole dire un yield semplice al netto di tassazione e commissioni dello 0,08 per cento. Ebbene - si chiederà - cosa mostra questo fatto? La risposta è semplice: visto che gli acquirenti sono stati in maggior parte banche e istituzionali, ciò vuole dire che questi soggetti, spesso impegnati a distribuire ottimismo (pur con le debite riserve) sui rally dei mercati, preferiscono parcheggiare la loro liquidità a breve in investimenti con rendimenti vicino allo zero.
«In effetti - dice Alberto Drusiani, esperto obbligazionario di Albertini Syz - il messaggio di ottimismo sui mercati è arrivato con chiarezza. Però, tutta questa sicurezza sull'equity evidentemente non c'è. Gli istituzionali, che ovviamente sono già esposti sull'azionario, preferiscono diversificare». Si potrebbe obiettare che l'attuale forte inclinazione della curva dei tassi, sia negli Usa sia in Europa, segnala i timori della ripresa dell'inflazione e quindi, indirettamente, presuppone la ripresa dell'economia. Insomma, le condizioni per proseguire nella salita dei mercati ci sarebbero. Anche in questo caso, però, bisogna fare attenzione. Le obbligazioni a lunga durata scontano sì il surriscaldamento dei prezzi che, tuttavia, sembra essere più conseguenza dell'enorme liquidità immessa dalla banche centrali, piuttosto che di una vera ripresa dell'economia reale. Come dire, insomma, che passato l'effetto "ondata di liquidità" sul mercato, se l'economia non riparte i corsi azionari potrebbero risentirne.
Il rally di banche e istituzioni finanziarie
Un altro aspetto interessante da valutare, peraltro già indicato da questo questo foglio elettronico, è il balzo di molti istituti finanziari dai minimi di marzo. Basta ricordare il caso Aig che è cresciuta più del 614% negli ultimi 6 mesi, raggiungendo quota 50 dollari (dai 7 dollari toccati in marzo). È ben vero che si tratta di una quotazione sempre molto al di sotto di quelle prima del crollo: l'8 settembre 2008 Aig viaggiava sui 455 dollari. Tuttavia il carburante che ha spinto il titolo di recente non è stato poco. Proprio nello scorso agosto c'è stata un'accelerazione dell'innamoramento degli investitori per Aig: il 3 dello scorso mese il titolo è salito del 3,5% sulla notizia della nomina del nuovo ceo Robert Benmosche, al posto di Ed Liddy. Poi, è balzato del 63% sui rumors che il colosso assicurativo sarebbe tornato all'utile (5 agosto); una notizia confermata (per la felicità dei soliti insider) il 7 agosto, quando Aig ha pubblicato i conti del secondo trimestre: profitti netti a 1,8 miliardi e titolo che guadagna un altro 20,5%. Cui si aggiunge un altro salto in alto: il 20 agosto, dopo le parole di Benmoshe sulle buone possibilità di restituire gli 80 miliardi di dollari ricevuti dal governo, le azioni crescono del 21 per cento. Si tratta di un rally "sensato"? Indubbiamente, la trimestrale è l'indizio di una ripresa del business; cui deve aggiungersi il fatto che, con lo stato come azionista, il futuro di Aig è meno a rischio. Tuttavia, molti a Wall Street sottolineano che l'azienda ha ancora problemi. Solo due giorni fa Benmosche, tramite il Wall Street Journal, ha inviato un ramoscello di ulivo al grande vecchio della compagnia: Hank Greenberg. Quello stesso Greenberg con cui il gruppo assicurativo ha in piedi due cause per avere ricevuto compensi troppo elevati. E che si è sempre detto contrario alla cessione di asset del gruppo per fare cassa. Una strategia, quest'ultima, che invece Benmosche dice di voler perseguire con forza. Il tentativo di "riconciliazione" con Greenberg è un segnale che, i maligni, hanno interpretato come debolezza, soprattutto rispetto al piano di dismissioni.
Rotazione settoriale o fuga dalla Borsa?
L'idea che ha preso piede, e non solo nei confronti di Aig, è che i titoli finanziari siano stati colpiti da un'ondata speculativa. Un massa ingente di liquidità che cercava un qualche ritorno. Ora che l'ha trovato, è naturale che il fiume di soldi si indirizzi verso altri lidi. Dove? «Il comparto farmaceutico, l'energia e i consumi di base - risponde Mike O'Rourke, di Btig - hanno sottoperformato». Questi settori entreranno nel mirino degli investitori «dando vita non a una correzione - dice O'Rourke - bensì a un movimento laterale». L'idea, tuttavia, non convince tutti. «Se gli operatori vanno long sui comparti difensivi - sottolinea John Kosar, di Asbury Research - significa che non sono così sicuri della tanto decantata ripresa economica. Molti money manager hanno investito per cogliere il momento e non perché credono nella Borsa. Il rischio è che, ad un certo punto, gran parte di loro scelga di uscire, contemporaneamente».
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