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Cina, banche e speculazione
La Borsa fa retromarcia?

di Vittorio Carlini

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1 settembre 2009
De Felice « La correzione é in arrivo» (di Luca Davi)

Gli istituti finanziari investono nel reddito fisso che rende zero. Il balzo del comparto finanziario negli Usa è stato spinto dalla speculazione. Pechino deve fronteggiare la Bolla della piazza di Shangai e vara misure di stretta sul credito facile. I motivi per essere molto cauti sul futuro del rally azionario

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Corsi e ricorsi storici
Le statitische, si sa, sono fatte per essere smentite. La recessione che stiamo vivendo ne è la prova lampante: i sistemi stocastici, basati su serie storiche, non hanno previsto alcunché. Tuttavia, vale la pena di ricordare che solo nel 1982 il buon andamento dei listini in agosto è proseguito in settembre. E soltanto in un altro anno, «nel 1972 - dice Nick Kalivas, di Mf Global Research-, dopo un rimbalzo del 4%, l'S&P500 è salito anche nel mese successivo». Un dato, insomma, che invita alla riflessione. Ed Yardeni la pensa diversamente. Secondo l'esperto, infatti, al di là dei dati storici ci sono alcuni elementi che danno forza al rally iniziato a marzo. Quali? In primis la Federal reserve che, mantenendo i tassi sullo zero, sostiene di fatto la liquidità; poi, l'iniezione di liquidità della Fed e delle altre banche centrali che hanno "monetizzato" più di metà del deficit federale Usa solo in questo anno; infine la Cina che, preoccupata di sostenere la domanda interna a fronte del calo di quella proveniente dall'America, proseguirà nella sua politica monetaria e fiscale espansiva.

La Cina vera locomotiva?
Già, la Cina. Non tutti gli esperti sono daccordo con la tesi di Yardeni rispetto al paese del Dragone. Lo scoppio della bolla di Shangai, infatti, ha convinto il governo di Pechino a preparare delle misure restrittive sull'emissione del credito facile, in particolare rispetto ai bond subordinati e a quelli ibridi. Il motivo? Nonostante, nel primo semestre dell'anno, la liquidità immessa nel sistema sia aumentata (e di molto) il loan deposit ratio (rapporto tra prestiti e depositi) è rimasto pressoché stabile al 66%. Un chiaro segno che il "denaro frusciante" è stato usato, più che per finanziare le imprese, per realizzare rischiosi investimenti a leva nel mercato azionario e nella speculazione immobiliare. Così Pechino ha voluto correre ai ripari. La stretta , però, rischia di rallentare la crescita economica del Paese. Se così fosse, anche solo in parte, la tanto decantata spinta del Far East all'economia mondiale potrebbe rivelarsi una chimera.

vittorio.carlini@ilsole24ore.com

1 settembre 2009
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