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Manager e imprenditori italiani soddisfatti per la svolta Obama

di Vittorio Carlini

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L'outsider che rappresenta la voglia dell'America di cambiare. Ancora: un segnale che può aiutare ad abbandonare un'economia troppo finanziaria e virtuale per tornare al mondo reale della produzione. Sono questi alcuni dei sentimenti prevalenti tra gli imprenditori e manager italiani "esposti" sul mercato americano intervistati a "caldo" dal Sole 24 Ore.com dopo l'elezione di Barack Obama a presidente degli Stati Uniti. Da un lato, non spaventa più di tanto la spinta verso un maggiore protezionismo paventata dal canditato afro-americano durante la campagna elettorale. Dall'altro, trova consensi la possibile politica economica di defict spending e di taglio delle tasse alla middle class per cercare di spingere la domanda aggregata statunitense. Un programma di investimenti che la stessa presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, auspica. La partecipazione al voto è stata straordinaria - ha sottolineato il presidente degli industriali -. Adesso è importante che venga deciso «un piano d'investimenti pubblici che possa rilanciare l'economia americana»

Le tecnologie


Roberto Tugnoli, amministratore delegato di Datalogic, società hi-tech quotata a Piazza Affari: «Gli americani hanno questa forza innata di volere riprendersi immediatamente dalla crisi. L'elezione di Barack Obama, al di là delle proprie convinzioni politiche, rappresenta proprio questo. Un outsider, un uomo fuori dalle logiche di partito è diventato presidente. In tal senso se, per esempio, avesse vinto la Hillary Clinton sarebbe stato uno scandalo». Il nuovo Presidente ha indicato come priorità una politica fiscale espansiva a favore della classe media: una strategia giusta? «Sì. Più che pensare alla detassazione delle imprese, comunque importante, è prioritario far ripartire la domanda aggregata che negli Usa, è noto, è sostenuta dalla middle class».

Gianfranco Lanci, amministratore delegato di Acer, colosso mondiale dei computer.
«È un segnale di cambiamento importante. Una svolta che, spero, ci aiuterà a tornare all'economia reale dopo i disastri provocati da quella "virtuale" che, sfruttando eccessivamente la leva del debito, alla fine ha portato solo ad altri debiti». Il neo Presidente eletto ha indicato la possibilità di imporre maggiori tasse per le multinazionali che ricorrono all'outsourcing: una misura che vi preoccupa? «No. Gli Stati Uniti, anche sul fronte tecnologico, hanno un problema di rinnovamento delle infrastrutture di cui l'outsorcing è solo un indizio. È chiaro che, se non si vuole perdere competititività, rispetto ad alcuni business la delocalizzazione è obbligata. Ma anche l'innovazione è per gli Usa un passaggio obbligato: in tal senso l'idea di un fondo per le infrastrutture la considero positiva. Voglio, poi, aggiungere una cosa». Dica pure? «Il messaggio che scaturisce dalle elezioni è di un maggiore coinvolgimento delle altre realtà nazionali sui problemi globali. Gli Stati Uniti non sono più l'unico polo industriale e commerciale del mondo. Pensare di risolvere da soli le problematiche, come è stato fatto di recente, è contro producente. Soprattutto adesso che si deve affrontare una grave crisi di sistema».

Il pharma

Franco Moscetti, ceo di Amplifon, azienda medicale quotata a Piazza Affari:
«Io dico, meno male che è stato eletto Barack Obama». Addirittura… «Il progetto di riforma del welfare dovrebbe permettere a molti milioni di americani di potere accedere per la prima volta al sistema sanitario. Per un'azienda come Amplifon, attiva nel settore medicale, ci potrebbero essere dei vantaggi». Nel passato, però, questi progetti sono sempre rimasti sulla carta… «È vero. Tuttavia, proprio in questi momenti di profonda crisi, un maggiore intervento dello Stato non è visto in maniera così negativa. Paradossalmente adesso è più facile prendere decisioni dificili». Al di là del business aziendale come giudica l'elezione di un afro-americano alla Casa Bianca? «È l'espressione più profonda di ciò che è l'America: un Paese dove veramente è possibile realizzare i propri sogni. Anche sotto questo aspetto un Presidente fuori dagli schemi può essere un'arma in più per uscire dalla recessione».

Gianni Marini, presidente di Zambon Chimica (Zach), : «È vero, gli Stati uniti ora hanno un vero leader carismatico che strascinerà il Paese. Tuttavia, qualche dubbio resta». Cosa intende dire? «Obama ha una scarsa esperienza. In questo McCain poteva dare maggiori garanzie. Tutto adesso dipenderà dagli uomini che sceglierà per il suo staff». Riguardo al mondo farmaceutico il neo Presidente ha promesso una maggiore attenzione al sistema sanitario: un vantaggio per un'azienda come Zambon? «In realtà, quello che l'industria farmaceutica si aspetta è una riduzione dei prezzi dei farmaci. Il mercato americano, il più importante al mondo, sarà quindi messo sotto pressione. Bisognerà vedere come, in concreto, Obama si muoverà»

Rivestimenti industriali

Graziano Verdi, presidente a amministratore delegato di Graniti Fiandre, società quotata a Piazza Affari leader mondiale nel settore dei marmi industriali: «Interpreto l'elezione di Obama come la voglia di ripartire. Negli Usa abbiamo un impianto produttivo e, anche in momenti di grande difficoltà come l'attuale, si sente fortissimo lo spirito di volere superare gli ostacoli. La gente, in questo momento, è "dopata" di cambiamento». Il programma del neo Presidente, tuttavia, spinge molto sulla difesa del made in Usa: non siete preocupati di una nuova ondata protezionista? «No, noi realizziamo laggiù i nostri prodotti di alta gamma e quindi non siamo penalizzati. Peraltro, il messaggio di Obama mi sembra indirizzato verso le produzioni a basso costo provenienti dal Far East. Ciò detto, un altro aspetto ci fa ben sperare». Vale a dire? «Se verranno mantenute le promesse elettorali verrà varato un piano di investimenti nelle infrastrutture, in deficit spending, cui aziende come la nostra potranno partecipare».

  CONTINUA ...»

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