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La maxi-svendita capitolina

di Fabio Pavesi

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28 Dicembre 2008
«Stop agli smodati appetiti di Romeo»

Gli addetti ai lavori la chiamavano pomposamente una "valorizzazione del patrimonio immobiliare", ma occorre sempre diffidare da troppa enfasi. Per case, negozi e uffici nel centro di Roma di proprietà delle Asl laziali e vendute tra il 2004 e il 2007 più che di valorizzazione sembra essersi trattato di una colossale maxi-svendita.

È uno dei tanti filoni d'inchiesta che vede coinvolto Alfredo Romeo, questa volta in compartecipazione con altri attori pubblici e privati. Quell'operazione vede infatti come protagonisti la Gepra Lazio (che non è altro che il gestore delle proprietà delle Asl), Romeo in qualità di venditore; la Bnl fondi immobiliari (che ha gestito il processo) ma anche l'Agenzia del Territorio, la Reag e Sviluppo Lazio. È stato il Governatore Piero Marrazzo a rivelare di aver trasmesso le carte dell'operazione alla Procura e alla Corte dei conti fin dal marzo scorso.

L'operazione sospetta
Ma perché si adombrano sospetti? Un'occhiata alle carte può aiutare. Il patrimonio messo sul mercato era di 926 unità tra cui case di pregio (con più del 60% del portafoglio vincolato dalle Belle Arti) e ubicate prevalentemente nel centro storico capitolino. Si tratta di 100mila metri quadrati di superficie. Ebbene l'incasso realizzato su più del 90% di questo tesoro appare lontano da ogni realtà: solo 231 milioni di euro, con un ricavo a metro quadro di 2.500 euro. Provate a chiedere quanto valeva una casa in centro a Roma in quegli anni e una qualsiasi agenzia immobiliare vi dirà che prezzi sotto i 5mila euro sono irrealistici.

Ma che qualcosa non funzionasse lo si intuisce fin dall'inizio della complicatissima operazione di cartolarizzazione immobiliare. Nel dicembre 2003 le Asl (riunite sotto Gepra) conferiscono al Fondo Lazio (gestito da Bnl) i loro immobili. Devono fare cassa subito per fronteggiare i debiti e ricevono 204 milioni di euro in quote del fondo. Ma 37 milioni li mettono loro stessi sotto forma di liquidità, mentre gli altri 167 sono il corrispettivo sul valore degli immobili. Chi stabilisce quel valore così basso? Ovviamente la Bnl, insieme al valutatore indipendente Reag, una delle «three big» delle perizie immobiliari che vengono remunerate, come le agenzie di rating, dagli stessi clienti che richiedono la valutazione in un circolo viziato dal conflitto d'interessi.

Ma la cosa sorprendente è che anche l'Agenzia del Territorio finisce per dare il suo avallo così come la Gepra, cioè le Asl stesse. Quei valori (1.600 al metro quadrato) appaiono assai più vicini a quelli catastali che non a quelli di mercato. È questo il peccato originale. Tanto che con un valore così basso di conferimento diventa facile vendere. Potendo anche contare su un'appendice del fondo Gepra collocata in una società di diritto irlandese che consente di evitare le mire del Fisco italiano.

A questo punto è facile capire chi ci ha guadagnato: innanzitutto chi ha comprato a prezzi così irrisori; ma anche gli investitori istituzionali che hanno comprato bond già rimborsati con annesse cedole. Bnl e Romeo hanno incassato le loro commissioni per la gestione e Reag la parcella per la valutazione. C'è un solo perdente. E sono le Asl e, quindi, la collettività: si sono sbarazzate di un ingente patrimonio che a valori di mercato poteva toccare i 400-500 milioni di euro, accontentandosi di 204 milioni più l'«eventuale plusvalenza derivante dalla vendita». Un po' poco per un'operazione che doveva creare valore. L'ha creato, ma non per il pubblico.

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