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De Magistris fa mettere a verbale a pagina 1.096 di «aver acquisito documentazione molto rilevante e sentito persone che hanno fornito notizie utili per le indagini, tra cui la vedova del dott. Francesco Fortugno».
Il 23 settembre 2006 però, la Procura di Catanzaro, con un provvedimento firmato dal procuratore capo, Mariano Lombardi, e il suo vice Salvatore Murone, intima a De Magistris di sospendere ogni attività investigativa. De Magistris obbedisce ma chiama in causa la Procura nazionale antimafia con una lunga relazione e solo così riesce a sventare il tentativo che, a quanto dichiara, di fatto gli impedisce però di continuare a investigare perché trova intorno a sé terra bruciata.
Strano anche che tutti abbiano dimenticato che De Magistris stava cercando di riannodare i fili dell'omicidio Fortugno con quello dell'imprenditore Antonio Longo, caduto sotto i colpi di professionisti il 26 marzo 2008.
La sentenza della Corte di Assisi fornisce sicuramente delle risposte, ma svela poco o nulla degli interessi marci e delle connivenze tra politica e ‘ndrangheta che, oggi più che mai, vanno a braccetto in Calabria.