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Giustizia, Berlusconi accelera

di Barbara Fiammeri

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27 gennaio 2009

Silvio Berlusconi vuole arrivare rapidamente alla stretta sulle intercettazioni. Finora le resistenze di An e Lega glielo avevano impedito. Per convincere gli alleati riottosi, il premier cavalca apertamente il caso Genchi, che definisce «lo scandalo più grande della Repubblica». La vicenda del vicequestore della Polizia (attualmente in aspettativa) Giocchino Genchi, consulente di numerose procure (tra cui quella di Catanzaro all'epoca di De Magistris) per le quali ha esaminato il traffico telefonico di migliaia utenze, è la "bomba" con cui il Cavaliere conta di ottenere dagli alleati il via libera alla sua linea: un'ulteriore restrizione nell'uso delle intercettazioni da parte dei Pm, rispetto alle limitazioni già previste nel testo all'esame della commissione Giustizia della Camera.
«Bossi è con me, mi ha assicurato che seguiranno quello che riteniamo più giusto», ha detto Berlusconi. Che può contare sulla disponibilità dell'Udc e su una posizione attendista di Walter Veltroni («aspettiamo approfondimenti»). E anche Alleanza nazionale sembra avere assunto un atteggiamento più elastico. Ieri il ministro della Difesa Ignazio La Russa, che è anche reggente di An, a proposito del caso Genchi ha sentenziato: «È un ulteriore conferma che l'abuso delle intercettazioni è arrivato a livelli inaccettabili. È necessario un giro di vite».

L'accordo – si dice – è ormai questione di ore. A Palazzo Grazioli, residenza romana di Berlusconi, si svolgerà oggi un nuovo vertice di maggioranza cui parteciperanno, assieme al Guardasigilli Angelino Alfano, l'avvocato del premier Niccolò Ghedini, il presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno (An) e per la Lega Matteo Brigandì.
Intanto, però, il superconsulente Genchi smentisce tutto, a partire da un eventuale coinvolgimento di Berlusconi nelle inchieste di De Magistris («non c'entra nulla»), parla di una «grande mistificazione», nega l'esistenza di un archivio e assicura che lui in tutta la sua vita non ha svolto una sola intercettazione. La tesi del vicequestore è che qualcuno ha messo in giro ad arte nomi altisonanti che «non ci azzeccano con la realtà», mentre sono rimasti nell'ombra «i nomi dei pochi magistrati, giornalisti e appartenenti ai servizi sui quali effettivamente era incentrata l'attenzione di De Magistris».

Sull'attività di consulenza di Genchi sta facendo accertamenti anche il Copasir. Francesco Rutelli, presidente del comitato parlamentare per la sicurezza, ieri ha incontrato il presidente del Senato Renato Schifani e stamane vedrà quello della Camera Gianfranco Fini. «È prematuro definire questa vicenda come uno scandalo o una fandonia; ma, tra un'affermazione e l'altra, consiglierei di collocarsi in una posizione intermedia», ha dichiarato Rutelli, sottolineando che il caso Genchi non deve avere un legame diretto con «una nuova possibile normativa sulle intercettazioni telefoniche».
Il presidente del Copasir si è invece mostrato possibilista sulla proposta di una commissione d'inchiesta avanzata dal capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchito, ma ha anche ribadito che le intercettazioni «non possono essere né impedite, né limitate per reati importanti come quelli contro la pubblica amministrazione». Anche se – ha evidenziato – «i tabulati del traffico telefonico (di cui si è occupato Genchi, ndr) non sono meno rilevanti in termini di privacy delle intercettazioni». Il Copasir ascolterà il consulente venerdì. Lo stesso giorno davanti al comitato sfileranno anche Luigi De Magistris, il garante della Privacy Franco Pizzetti, i responsabili di Tim e Vodafone e i vertici dei Servizi segreti.

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