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Siamo stati tanto criticati quando non accettavamo l'iperliberismo o contestavamo le tesi di chi predicava l'orizzonte nazionale o addirittura regionale quando parlava di globalizzazione. Sono gli stessi che oggi si riscoprono statalisti e mondialisti. C'era la destra, quella contraria ai lacci e lacciuoli, quella dello Stato minimo, della libertà d'impresa sopra tutto che oggi dice il contrario. La soluzione Tremonti della «bad bank» peraltro è una misura già praticata in alcuni dei grandi salvataggi finanziari di questi mesi ma non ha dato i risultati sperati sull'economia reale. Presuppone tra l'altro un'idea di governo mondiale dell'economia che è stata sempre osteggiata dal centro-destra.
Però è vero che c'è stato un problema di speculazione. Se fosse al Governo e presiedesse il G8 non affronterebbe anche lei il tema delle regole?
Certo che lo affronterei: credo che occorrano le regole e che aver fatto prevalere l'idea dello Stato minimo in queste cose sia stato un errore. Comunque a me capitò di dire, in tempi diversi da quelli di oggi, che c'era un eccesso di finanza nell'economia e non solo da noi. L'economia di carta che ha finito con il prevalere su quella delle imprese e delle fabbriche. Un fenomeno globale, ma anche molto italiano che ha fatto crescere nel tempo figure imbarazzanti di raider di varia natura. Che con il click su un computer speravano magari di impossessarsi dei grandi giornali.
Erano anche i tempi in cui c'era il "tifo democratico" per i furbetti del quartierino...
Veramente il Pd non c'era. Ma, da che mondo è mondo, il pensiero democratico tifa per il lavoro, il sacrificio, il talento, la voglia di rischiare.
Caso Napoli: una pagina nera per gli intrecci tra politica e affari.
L'abbiamo voltata quella pagina. A cominciare dalla prossime elezioni provinciali ci sarà personale politico nuovo, nuove energie. Un partito diverso. L'ho detto chiaramente: innovazione di persone e programmi e poi basta col partito degli "ex", ex Ds, ex Margherita. Finito.
Certo, chi tenta di creare il Partito democratico riformista e pro-mercato si trova alle prese con il lato oscuro del mercato. E rischia di trovarsi assediato da chi torna a citare Marx da destra e da sinistra.
Il problema dell'Italia è che non ha mai avuto una storia riformista: non c'è mai stato nulla di paragonabile a una Thatcher o a un Blair, a un Brandt o a un Aznar. Ci sono stati due brevi periodi di innovazione politica: il primo centro-sinistra e il primo Governo Prodi, non a caso prematuramente interrotti. E questo ha impedito al Paese di avere quella cultura delle riforme che si misura su un ciclo politico in grado di gestire anche contrasti forti con parte dell'opinione pubblica. L'Italia oggi avrebbe bisogno di questo, invece c'è un Governo che ha una larga maggioranza nel Paese e poi deve fare 32 decreti e abusare del voto di fiducia.
Però c'è anche chi nel Partito democratico guarda a Marx come padre nobile...
Io non tornerò a citare Marx. Sento forte la conferma di quello in cui credo da anni: non mi va di partecipare a questa gigantesca gara trasformistica che avviene con una disinvolutra imbarazzante. Ho sempre pensato che tanti anni di storia ci hanno consegnato un '900 portatore, spesso a prezzo del sangue, della democrazia come valore supremo della politica. Lo stesso accade per il mercato come mezzo per la trasmissione del benessere e dell'emancipazione. Certo, quando penso al mercato penso anche alle regole e ai controlli, penso alla funzione per la mano pubblica di contrasto alle diseguaglianze e alle ingiustizie e di presidio per i beni e i servizi pubblici essenziali. Tutto quello che è accaduto non mi farà convincere della necessità di una presenza oppressiva dello Stato nell'economia (che poi significa solo i partiti nell'economia). Finora semmai è mancata la capacità di regolazione o quella "intelligenza complessiva delle cose" come la chiama il cardinale Martini. Tutto serve tranne tornare al liberismo o al comunismo. La vera sfida è promuovere le opportunità e contrastare le disuguaglianze.
Per stare al concreto cosa significa?
Istruzione di qualità per tutti, a partire dai primi anni di scuola e opportunità di formazione continua, costruzione di un nuovo welfare che si regge su una rete di servizi potenziati e quindi su asili nido, assistenza ai disabili o agli anziani, e sull'estensione di tutele come il sussidio in caso di disoccupazione a chiunque perde il proprio posto di lavoro, un contesto di regole chiare e di opportunità che possa consentire ad ognuno di dare il meglio.
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