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Referendum, i promotori contrari all'accorpamento con i ballottaggi

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14 aprile 2009

L'ipotesi del referendum nel giorno dei ballottaggi, il 21 giugno, è un boccone indigesto per il Comitato promotore del referendum elettorale guidato da Giovanni Guzzetta. «Si sostituirebbe - ha sottolineato Guzzetta nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio - a una porcata da 400 milioni, una porcheria da 300 milioni». Guzzetta ha sottolineato che «si sente sempre più parlare di questa soluzione di compromesso. Ma l'accorpamento al secondo turno sarebbe una farsa, perché non assicurerebbe alcun risparmio e varrebbe 300 milioni di euro di sprechi». Secondo i calcoli del Comitato convocare tutto il Paese e non le sole realtà locali interessate dai ballottaggi costerebbe circa 330 milioni. Mentre tenere il referendum da solo, in una terza domenica, secondo i calcoli de lavoce.info ripresi dai referendari, costerebbe circa 400 milioni. Spesa bollata come "Bossi-tax" per i mancati risparmi determinati dal no all'abbinamento tra election day e consultazione popolare. Il Comitato chiede al premier Silvio Berlusconi di non perdere «il credito acquisito in questi giorni di emergenza» e di convocare «ad horas» un Consiglio dei ministri per decretare l'accorpamento dei referendum elettorali a europee e amministrative, il 7 giugno.

Secco no della Lega all'election day. La Lega conferma un secco no all'accorpamento di elezioni europee e referendum il 6-7 giugno. Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione normativa e coordinatore delle segreterie della Lega Nord ha detto che l'election day che mette insieme due diverse consultazioni è anticostituzionale e non si è mai visto prima. Tuttavia non esclude che alla fine Pdl e Lega possano trovare una via d'uscita. «Sciacallo - afferma il ministro - è chi specula sui morti, sugli sfollati e sulla tragedia dell'Abruzzo per ottenere un incostituzionale, e mai verificatosi prima, accorpamento di un referendum abrogativo con un'elezione a suffragio universale diretto». Una legge come quella che potrebbe uscrire con i sì alla urne del referendum, secondo Calderoli, consentirebbe «a una lista di maggioranza relativa, paradossalmente anche soltanto con il 10% dei consensi, di ottenere fino al 55% dei seggi, è infatti una cosa che non si è vista neppure nel Ventennio». (N.Co.)

14 aprile 2009
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