«Non bisogna perdere l'occasione di andare a votare al referendum, a prescindere che si voglia votare sì o no». Parola di Gianfranco Fini, che voterà sì.
Ha cambiato idea invece Antonio Di Pietro.
Inizialmente favorevole al referendum, l'Idv dallo scorso maggio si è schierato per il no, perchè la vittoria del sì, dice l'ex pm «si trasformerà in uno scacco matto alla democrazia per gli obiettivi ignobili del Presidente del consiglio».
L'obiettivo ribadito dell'Udc è far mancare il quorum.
Ma le posizioni dei due maggiori partiti, Pdl e Pd, restano diversificate.
Il Pd si è schierato per il sì, con lo scopo di discutere poi in Parlamento una più ampia riforma del sistema di voto. Ma ci sono alcuni distinguo, come quelli di Francesco Rutelli e di Vannino Chiti.
Il Pdl non ha dato indicazioni di voto e il Presidente del consiglio ha mantenuto fede al suo patto con la Lega: nessun impegno diretto per il sì in cambio del sostegno dei lumbard ai ballottaggi. Silvio Berlusconi andrà comunque a votare sì, come ha lui stesso precisato.
Il Carroccio, da sempre contrarissimo a una consultazione che accentuerebbe il bipartitismo, ha ottenuto prima l'abbinamento del referedum al secondo turno dei ballottaggi e non alle elezioni europee, poi il boicottaggio dei referendum con l'impegno del Premier, e quindi del Pdl, a non sostenerli.
È un incastro non scontato nella pratica di voto e in questo sta la principale difficoltà del centrodestra. Perchè i suoi elettori se da un lato sono spinti a recarsi alle urne, dall'altro sono più o meno sottilmente invitati a far fallire il referendum, come chiede la Lega che invita a non ritirare le tre schede dei quesiti. Lo sa bene Roberto Maroni, Ministro dell'Interno, che da Pontida ha fornito tutte le tecnicalità per votare ai ballottaggi senza contribuire al tempo stesso ad alzare il quorum del referendum. I due risultati si intrecciano. E il patto di Arcore, rinsaldato dopo la denuncia di Berlusconi di un «piano eversivo» per sostituire il suo governo con un esecutivo tecnico, sarà dunque onorato se il centrodestra conquisterà un buon numero di amministrazioni e se il quorum per i quesiti del referendum non verrà raggiunto.
Determinante, anche in questa vicenda, è stata la Lega. Non a caso è contro il Carroccio che punta il dito Stefano Ceccanti, nel comitato promotore del referendum. «Se prevale l'astensione o il no la Lega farà le barricate contro qualsiasi riforma», avverte il senatore Pd che sottolinea: «l'unico esito sicuro dell'astensione e del no sarebbe il riportarci a votare la prossima volta con la solita legge».