«L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali...»: tutti i caduti italiani nelle missioni all'estero hanno sacrificato la vita in fedeltà assoluta all'articolo 11 della Costituzione. Dalle prime, lontane, vittime in Nord Africa, all'eccidio in Congo, ai Balcani, Beirut, la Somalia, la prima guerra nel Golfo, l'Iraq e oggi l'Afghanistan, hanno costruito - con i loro commilitoni e le donne da qualche anno arruolate - un'immagine del soldato italiano forte e gentile, compassionevole e professionale. Il Sole 24 Ore li ricorda in queste pagine tutti, uno per uno, con il loro volto, dall'istantanea bianco e nera di soldati «padri di famiglia» nati all'inizio del '900, fino ai volti dei ragazzi caduti con l'ultimo sms della fidanzata sul cuore. C'è un'idea di «pace» che è starsene a casa, al comodo, e lasciare che il mondo soffra, lontano e negletto. E c'è un'idea di pace che sa di dover fermare la guerra, gli oppressori e il terrorismo, anche battendosi armi in pugno, perché la «pace» senza giustizia è un deserto. Negli Stati Uniti un monumento magnifico di Maya Lin ricorda, con i nomi scolpiti nel granito, i caduti del Vietnam. Anche noi dovremmo costruire un monumento per i nostri caduti nelle missioni internazionali, luogo dove ogni italiano possa sentirsi veramente italiano.