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Frenata sul decreto per le liste
dopo il vertice al Quirinale

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4 marzo 2010
Frenata sul decreto per le liste dopo il vertice al Quirinale

I dubbi del Colle frenano la soluzione politica per fare rientrare in gioco le liste elettorali del Pdl, escluse nel Lazio e in Lombardia in vista delle regionali di fine marzo. Questa la ragione del rinvio del Consiglio dei ministri straordinario convocato, anche se non ufficialmente (era stata chiesta la disponibiltà ai titolari dei dicasteri), alle 22 di giovedì. Il governo si è riunito fino a tarda sera per esplorare le strade alternative percorribili.

Riepiloghiamo. Il premier Silvio Berlusconi è entrato al Quirinale alle 20,40 per incontrare il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, di ritorno dalla visita ufficiale in Belgio, e proporgli una «soluzione politica» (decreto o legge) al caos delle liste del Pdl. Il capo del governo ha lasciato il Colle dopo sessanta minuti e al termine si è appreso che il Consiglio dei ministri non si sarebbe svolto. Con il premier, da Napolitano, anche il sottosegretario alla presidenza Gianni Letta, il ministro dell'Interno Roberto Maroni, il ministro della Difesa Ignazio La Russa e il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli.

Secondo le prime indiscrezioni Berlusconi avrebbe presentato a Napolitano un decreto legge con nuovi termini per gli adempimenti relativi alla presentazione delle liste elettorali. In sostanza una quasi riedizione dell'unico precedente analogo in materia. Nel 1995 il governo, allora presieduto da Lamberto Dini, con un decreto legge prorogò di 56 ore i termini per la presentazione delle liste, proprio per le regionali. Il decreto fu varato il 29 marzo dal Consiglio dei ministri pochi minuti prima della scadenza dei termini. Non quindi, a termini ormai scaduti e a pronunciamenti della magistratura già avvenuti, come avverrebbe oggi. A controfirmare il decreto fu l'allora presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro.

Secondo quanto riferito in ambienti parlamentari, il premier non avrebbe convinto il capo dello Stato. Fonti del Quirinale hanno risposto con un secco no comment alla domanda su come fossero state accolte le proposte di Berlusconi. Proposte che, si diceva, contemplano il ricorso al decreto legge, che potrebbe rinviare il voto nel Lazio e in Lombardia. In alternativa si è pensato anche a una legge ordinaria che riaprirebbe i termini di presentazione delle liste. Resta dunque tuttora in bilico la situazione per la lista del Pdl nella provincia di Roma e per quella del governatore Formigoni in Lombardia. Si attendono gli esiti dei ricorsi al Tar.

L'incognita, a questo punto, è proprio la linea del Quirinale. «Ancora non c'è nulla di definito, in alcun modo. Quando arriverò a Roma stasera, vedrò» aveva detto detto a caldo, piuttosto irritato, Napolitano, di rientro da Bruxelles. È possibile una soluzione politica? «Se qualcuno mi spiega cos'è, e da parte di chi e su che cosa, la esaminerò» aveva risposto l'inquilino del Colle. Che si era comunque detto «preoccupato» e «attento» nel seguire gli sviluppi. «Attendo le decisioni della magistratura prima di esaminare la situazione».

Nell'ufficio di presidenza del Pdl del pomeriggio, Berlusconi aveva illustrato l'idea di parlare a Napolitano di un decreto per far slittare i termini di chiusura delle liste e, in subordine, della possibilità di far slittare per decreto il voto in Lazio e Lombardia di quindici giorni. «Il Popolo della libertà è stato vittima di un sopruso grave - aveva spiegato il premier -. I nostri uomini sono stati trattati come incapaci mentre invece c'è stata malafede da parte di altri e un atteggiamento di alcuni magistrati eccessivamente rigido e fiscale».

In serata, intanto, era arrivata la notizia che la Corte d'appello di Roma ha accolto il ricorso presentato dal Pdl contro l'esclusione del listino di Renata Polverini. La candidata del centro-destra torna dunque in corsa per la presidenza della Regione Lazio. La sua lista era stata esclusa in un primo momento per l'assenza della firma di uno dei due delegati, il vice coordinatore regionale del Pdl, Alfredo Pallone. Insieme al ricorso è stato quindi presentata una integrazione che completava la documentazione mancante. Domani la corte depositerà le motivazioni del provvedimento.

Dall'opposizione secco no all'ipotesi della cosiddetta soluzione politica. «Elucubrazioni» che hanno «poco fondamento», ha commentato nel pomeriggio il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, rispondendo a una domanda dei giornalisti a Napoli, a margine di una manifestazione elettorale dei candidati del centrosinistra alla presidenza delle regioni del Sud. Per poi aggiungere: «Qualsiasi intervento d'urgenza in materia elettorale in corso d'opera sarebbe totalmente inaccettabile. Abbiamo cinque gradi di giudizio lasciamoli lavorare. Non si permettano di fare minacce, perchè se la sono cercata da soli».

Vanno avanti, nel frattempo, le polemiche. Il presidente del XIX Municipio di Roma, Alfredo Milioni, l'uomo indicato come il responsabile della mancata presentazione della lista del Pdl per le regionali a Roma e provincia è uscito in serata dall'ufficio passi di Palazzo Chigi e conversando con alcuni cronisti ha annunciato che «le vendette vanno consumate fredde». Milioni non ha spiegato le ragioni del suo ingresso nella sede del governo, ma si è limitato ad affermare di avere intenzione di fare il capro espiatorio. «Quando sarà tempo, convocherò una conferenza stampa, perché le vendette vanno consumate fredde». Un unico sassolino dalla scarpa, anche se grosso, Milioni però se lo è tolto. «Qualcuno - dice - ha scritto che ho pensato al suicidio. Semmai mi può aver attraversato la mente l'idea di sparare a qualcuno, ma mai a me stesso. Io non mi suicidio, amo troppo la vita».

  CONTINUA ...»

4 marzo 2010
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