«Ti auguro e mi auguro che la lista del Pdl venga riammessa». Di prima mattina Pierferdinando Casini è al telefono con Renata Polverini. I giornali sparsi sul divano titolano sull'esclusione della lista del popolo della libertà a Roma.
Per voi dell'Udc è più un vantaggio o uno svantaggio?
Renata vincerà lo stesso. È questo che conta. Certo se continua così la volta prossima il Pdl dovrà chiamare Bertolaso per presentare le liste... Anche in queste cose c'è il segno di un'implosione di quel partito. Che non è evidentemente legata alle liste del Lazio, ma alla mancanza di disegno riformatore che è emersa in questa prima parte di legislatura. È di questo che bisogna parlare.
Per il governo il tempo delle riforme è dopo la crisi.
Io non avrei votato Tremonti come uomo dell'anno per l'economia. Ma bisogna riconoscergli di aver tenuto i conti sotto controllo e questo non è un merito da poco. E tuttavia io credo che, proprio nella crisi che ti impone comportamenti virtuosi, lo spazio per le riforme c'era e c'è. Le faccio subito l'esempio dei servizi pubblici locali.
Una riforma per la verità è stata fatta.
Sì, ma del tutto insufficiente. È un passo indietro anche rispetto al disegno di legge Lanzillotta dello scorso governo. E questo avviene perché una vera liberalizzazione dei servizi pubblici locali è destinata a smantellare le rendite di posizione negli enti locali di alcuni partiti, in particolare della Lega. D'altronde va ricordato che, dopo i grandi proclami in campagna elettorale, le province sono state tutt'altro che abolite.
Le liberalizzazioni sono un tema importante. Ma nell'immediato cosa si può fare per aiutare l'economia a ripartire?
Le opere. Questo governo fa un gran parlare di grandi opere, ma i dati dell'Ance contraddicono ogni trionfalismo. Il problema è che per far partire le grandi infrastrutture serve tempo. Sul ponte di Messina ho l'impressione che per ora non abbiano inaugurato più di un cespuglio. Noi invece dobbiamo rimettere in moto l'economia subito. Smettiamola allora con un'interpretazione rigidissima del patto di stabilità, che impedisce ai comuni di spendere rapidamente le risorse di cui dispongono per sistemare la scuola che magari non è a norma, oppure risolvere il problema dell'asfaltatura di una strada. Queste sono opere immediatamente cantierabili, soldi che possono essere spesi subito, avvantaggiando le piccole e medie imprese che sono un volano serio dell'economia del nostro paese.
Intorno alla questione delle opere è esploso in questi giorni il caso Bertolaso. Che idea se ne è fatto?
Sono un garantista, stimavo Bertolaso e lo stimo tutt'ora. Ma una riflessione va fatta: quando gran parte del governo respinge le accuse sostenendo che l'alternativa era non fare, che i grandi eventi devono stare sotto la protezione civile altrimenti non si fanno, dà l'idea di un paese che ha gettato la spugna davanti alla possibilità di riformarsi. È una paese che non è normale e che si rassegna a non esserlo. Questa è in fondo la più grande e vera ammissione di impotenza da parte del governo: dov'è Brunetta che doveva riformare la pubblica amministrazione? Dov'è la riforma della giustizia? Ne parliamo sempre, ma poi le cause civili continuano a durare 15 anni.
Torniamo alle priorità per la ripresa.
Una molla importante è quella dei pagamenti della pubblica amministrazione verso le imprese. Darebbe non poco ossigeno alle Pmi, ma anche qui solo annunci. E poi il fisco.
Tremonti ha lanciato un confronto a tutto campo su una grande riforma fiscale, voi ci sarete?
Sì, ma con le nostre idee. È chiaro che la pressione fiscale in Italia è troppo elevata, ma lo è soprattutto per i lavoratori dipendenti. L'emergenza è il cuneo fiscale troppo ampio, non l'Ici che era stata già abolita per i redditi bassi e che ha sottratto risorse agli enti locali. Non a caso Calderoli oggi propone una tassa sugli immobili in sede locale. Il tema vero è il cuneo fiscale, le tasse sul lavoro.
E le piccole aziende, gli artigiani, i commercianti, le cosiddette partite iva?
Non li dimentico. Tutt'altro. Gli studi di settore sono stati concepiti in un'epoca di espansione economica, ora bisogna pensare quanto meno a una sospensione di un anno. Perché chi cerca in qualche modo di essere in regola e ha una piccola azienda oggi non ce la fa. Infine le famiglie. Nella finanziaria il bonus famiglie è sparito, manca del tutto una politica per la famiglia. Bisogna arrivare al tema più figli meno tasse. Ci sono esperienze fatte in sede locale, come il «quoziente parma», che potrebbero diventare un modello per gli enti locali.
Il governo intanto continua a rinviare il decreto incentivi, che aiuterebbe molti settori produttivi in difficoltà.
Va dato ossigeno alle imprese. Mi auguro che questa sia la settimana decisiva per il decreto e che non ci siano ulteriori rinvii. Ovviamente mettere sul piatto solo 300 milioni, come sembra intenzionato a fare il governo, è solo un palliativo.
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