Lo dice quasi a denti stretti: «Sono obbligato a essere ottimista perché sarebbe una catastrofe per la democrazia a Roma se il principale partito non fosse rappresentato». Ma il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, sa bene che il rischio di una esclusione della lista del Pdl romano dalla competizione elettorale si va facendo di ora in ora più consistente. Anche l'appello al capo dello Stato, lanciato dallo stesso Alemanno e dalla candidata presidente, Renata Polverini, è caduto nel vuoto.
Il Quirinale ha risposto come ci si aspettava. Facendo sua la preoccupazione per l'esclusione della lista, ma rispedendo «alle competenti sedi giudiziarie» ogni possibile decisione. La palla ora passa dunque all'ufficio centrale circoscrizionale che dovrà decidere del ricorso presentato dal Pdl.
Dentro il partito romano, però, è già cominciata la resa dei conti e il rimpallo delle responsabilità. Al centro della guerra c'è Alfredo Milioni, il rappresentante di lista, un veterano di materia elettorale, a detta di chi lo conosce, con un passato nel Psi e poi in Forza Italia. Ma non nuovo a colpi di testa in prossimità del voto. Sulla sua buona fede, quindi, non tutti sono pronti a mettere la mano sul fuoco.
Perché c'è chi vede nella "disattenzione" di Milioni, legatissimo a Gianni Sammarco, deputato del Pdl ma soprattutto uomo forte di Forza Italia sul territorio, un tentativo di sabotaggio degli ex azzurri ai danni della Polverini, sponsorizzata dal presidente della Camera, Gianfranco Fini. Insomma, una sorta di vendetta nei confronti di una candidatura imposta dall'alto e da An agli ex forzisti. Che si difendono attaccando invece il coordinatore regionale del Pdl, Vincenzo Piso, ex aennino, reo di aver lasciato una pratica così delicata nelle mani di Milioni, la cui fedeltà alla causa non appare così granitica.
Insomma, la guerra interna sta montando con grave disappunto del premier, Silvio Berlusconi, che ha smentito le ricostruzioni di quanti indicavano in un suo intervento last minute sulle liste la causa dell'esclusione, ma certo non pensava di trovarsi con una grana in più da risolvere. Il problema è stato affrontato in una riunione ristretta a Palazzo Chigi tra lo stesso Cavaliere, Maroni, Letta e il sindaco Alemanno. Per il momento non ci saranno leggi ad hoc, ma si attenderà l'esito del ricorso. Poi arriveranno le decisioni e dentro il partito romano, potrebbe saltare più di qualche testa.