«Non oggi o domattina, ma sulle pensioni qualcosa si deve fare. Sacconi e Tremonti hanno ragione quando dicono che non abbiamo la stessa urgenza di altri Paesi sul welfare, ma questo equilibrio, tra 10 anni, è inevitabilmente destinato a rompersi...».
Gianfranco Fini da vero "pierino" della politica italiana - il ruolo glielo consente - non si smentisce. Intervenendo a Milano ad un seminario sul "libero mercato" dell'associazione Libertiamo di Benedetto Della Vedova, il presidente della Camera ha provato ad abbozzare la rotta post elettorale di un Pdl definito «amalgama estremamente complesso», altrimenti «rischiamo di affrontare i problemi con pigrizia e di non capirci». Le risposte, piccate, non sono tardate: «Ora ci sono le Regionali, dopo ci si chiarirà sulla linea politica: niente bava alla bocca, ma nemmeno occhi e orecchie foderate di prosciutto rispetto alla demonizzazione che la sinistra fa di Berlusconi», ribatte il capogruppo alla Camera, Cicchitto. «Le polemiche che vengono da intellettuali della fondazione Farefuturo non considerano i risultati della leadership berlusconiana», incalza Sandro Bondi, che rilancia il patto con la Lega (bacchettata invece dall'ex ministro degli Esteri su province e municipalizzate).
Insomma non solo pensioni nell'ambiziosa agenda di Fini, tornato ieri ad elogiare il senso delle istituzioni del presidente Napolitano. Quel che indica da mesi, infilando zeppe dentro la maggioranza, è in realtà un «esercizio di pulizia mentale», parafrasando il dg di Confindustria, Giampaolo Galli, intervenuto anche lui al seminario. Dopo le elezioni regionali, infatti, per l'ex leader di An «ci sono tre anni perchè il Pdl possa avanzare le sue proposte di riforma, assumendosene la responsabilità. E se vuole evitare il rischio di vedersele abbattere da un referendum, cerchi l'intesa con gli altri».
Con una maggioranza così ampia, è il Fini pensiero, «sarebbe difficile spiegare alle gente, nel 2013, che siamo ancora fermi alla stessa agenda di problemi di 15 anni fa». Per questo il confronto interno «è indispensabile». Ci si dia una «linea condivisa: non va bene che qualcuno si coltivi il proprio orticello». Così come «confesso di non capire quando sento le polemiche tra la linea del rigore di Tremonti e quella altrettanto giusta di Draghi. Non c'è contrasto», prosegue il presidente della Camera. «Bisogna far ripartire l'economia dopo l'emergenza: Tremonti giustamente sta facendo tagli orizzontali per evitare che la spesa vada fuori controllo (delle volte tagliando anche dove non dovrebbe, vedi sicurezza e infrastrutture)». Ma sono «misure tampone». Quel che ci vuole, per Fini, sono le «riforme strutturali». Quelle istituzionali, come «il superamento del bicameralismo perfetto perché «Camera e Senato identici non hanno più senso», rilancia al pomeriggio da Vicenza. E quelle economiche e «contro un carico fiscale eccessivo». Altrimenti, «il rischio del Pdl nei prossimi tre anni è quello di galleggiare».
Galleggiare anzitutto sul welfare, «troppo schiacciato sulle garanzie e poco sulle opportunità per i giovani», i nuovi soggetti deboli. «Oggi sono loro a pagare le pensioni - dice Fini - ma quando diventeranno padri rischiano di dover scoprire di aver pagato troppo per le generazioni precedenti e niente per loro». Nel frattempo la flessibilità diventa «sfruttamento legalizzato. Ti pago poco e ti mando via quando voglio». Non è così. «Prima c'era il totem del posto fisso, ora rischiamo di fermarci dall'altra parte del pendolo».
Galleggiare poi sull'eccesso di spesa pubblica. «La politica deve ritirarsi da spazi indebitamente occupati», snocciola Fini per la gioia dei liberisti in sala. «Ci sono rivoli sterminati di denaro pubblico che non producono ricchezza né garantiscono servizi. Dunque ridurre le tasse tagliando in modo netto la spesa si può e si deve».
E ancora. Galleggiare ipocritamente sull'immigrazione, perché «il contributo di questi lavoratori è indispensabile per pagare le pensioni dei nostri vecchi». Intendiamoci, «la legge che ho firmato con Bossi la rifarei domani», precisa Fini. «Ma quel provvedimento è solo il primo chilometro di un lungo percorso: non ci si può limitare a legalizzare chi arriva per lavorare. E i loro figli? E le famiglie? La Chiesa, le imprese e le parti sociali già ci pensano. Perchè la politica non lo fa o quando lo fa scatta il meccanismo della propaganda»?
Infine, ultimo rischio secondo Fini, il galleggiare sull'equivoco di un federalismo che «sta moltiplicando livelli di decisione e costi. Discutiamone adesso che siamo alla vigilia del federalismo fiscale», chiosa. Dobbiamo parlare di queste cose, «mica della par condicio...».

Fini rilancia sulle riforme strutturali

 

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