ILSOLE24ORE.COM > Notizie Italia ARCHIVIO

Ombre sul finanziamento delle moschee in Italia

di Karima Moual

Pagina: 1 2 di 2 pagina successiva
commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
19 Marzo 2010
Moschee, fondi volontari a rischio

Finanziamenti esteri, donazioni di fedeli musulmani o di semplici benefattori. Quanti soldi girano intorno alle moschee? Ed è sempre chiaro che fine fanno le donazioni dei fedeli? Certamente no.
Almeno nel caso denunciato da Mohamed Asafa, presidente della Casa della cultura islamica di Milano, che credendo di imbattersi in un waqf islamico, vi ha intestato, sulla fiducia, tutti i soldi raccolti negli anni, dalla comunità. Più di 1,2 milioni di euro andati al Waqf al Islami in Italia per comprare finalmente l'immobile atteso da adibire a moschea. «Siamo stati raggirati – dice Mohamed – ci siamo fidati e invece abbiamo scoperto che non era un vero waqf». Il waqf è un istituto molto diffuso nei paesi islamici, che può essere avvicinato in qualche modo alle nostre fondazioni e serve appunto a gestire i beni legati a opere pie e religiose.
In Francia è stato creato qualcosa di molto simile. È stata infatti istituita una fondazione nazionale voluta dall'allora premier Dominique de Villepin e sostenuta dall'allora presidente della Repubblica Jacques Chirac. Con un obiettivo chiaro: effettuare in modo trasparente la raccolta di fondi destinati alla costruzione delle moschee, monitorando i flussi di denaro sia interni che provenienti dall'estero.
Dell'esempio transalpino in Italia non c'è traccia, anche se la comunità è in crescita. E le moschee e i soldi pure. Oggi nel Belpaese si stima che ci siano 749 moschee. Chi vuole edificarne una ha diverse possibilità. Come la Zakat, uno dei precetti islamici obbligatori. Ogni anno, in occasione della festa islamica Eid Al-Fitr, un buon musulmano pubere e in possesso delle sue facoltà mentali, è tenuto a versare una quota minima prestabilita (quest'anno 8 euro). A questa quota fissa, che interessa un parte del milione di musulmani in Italia, si aggiunge la Sadaqa (elemosina non obbligatoria) che ogni venerdì i fedeli versano in donazione nelle casse della propria moschea. Più la moschea è grande più le somme versate a titolo di donazione dai fedeli sono cospicue. «Ogni venerdì riusciamo a raccogliere circa 12 mila euro con le sei/sette moschee a noi collegate», dice Mohammed della moschea di Milano. Quasi 600mila euro l'anno.
Altro esempio è il centro culturale islamico Mecca di Torino: una piccola sala di preghiera, che una volta alla settimana è anche un punto di ritrovo e di insegnamento della lingua araba. Il suo costo annuale è di 50mila euro, coperti dalle piccole donazioni della comunità. Questa realtà è quella maggioritaria in Italia: l'immobile è solo in affitto ed è finanziato dalla comunità che lo frequenta. Tuttavia, esistono altre possibilità di finanziamento. Come i versamenti esteri da parte di alcune organizzazioni, specie quando si vuole l'acquisto degli immobili.
Il caso storico è la grande moschea di Roma, costata più di 90 miliardi delle vecchie lire, grazie soprattutto alle donazioni dell'Arabia Saudita e del Marocco. Oggi per il suo mantenimento arrivano 400mila euro all'anno dalla Rabitah (la lega musulmana mondiale) a fronte di 50mila provenienti dai privati. Ciononostante sono in deficit di 150mila euro. A Milano, invece, la struttura di soli 300 metri quadri della Coreis (Comunità religiosa islamica italiana) è costata più di un milione di euro. Frutto delle donazioni dei soci ma soprattutto di alcune istituzioni: la Lega musulmana mondiale, l'organizzazione libica Wics (World islamic call society), il ministero degli Affari religiosi del Kuwait e il comune di Milano. A differenza delle altre moschee il venerdì la Coreis non fa la raccolta dei fedeli.
A Colle Val D'Elsa, per la nuova moschea, sono serviti 500mila euro di donazioni dalla comunità musulmana in Italia più i 300mila dalla fondazione Monte dei Paschi di Siena, mentre per il terreno su cui è edificata, è bastata un'intesa tra comunità e amministrazione, per un affitto in comodato sul terreno per una durata di 99 anni. Prezzo: 12mila euro annui. Da Torino arriva però una terza via. Rappresentata dai 2 milioni di euro donati dal ministero per gli affari religiosi del Marocco (Habous) all'Umi (Unione dei musulmani in Italia).
La comunità marocchina è la prima comunità musulmana d'Italia per presenza numerica. Negli ultimi anni il Marocco ha dimostrato di avere sempre più sensibilità alle sue esigenze, finanziando diversi progetti tra cui quello riguardante gli imam qualificati che da qualche anno manda in Italia per il mese del Ramadan. E proprio il ministro della Comunità marocchina all'estero, Mohamed Ameur, nella sua prima visita ufficiale in Italia di un anno fa ha dichiarato: «Bisogna stare molto attenti a non ripetere gli errori del passato. I giovani e non solo hanno voglia di conoscere la religione e la propria cultura e lasciarli allo sbando come in passato è un gravissimo errore che ha favorito l'inserimento del fondamentalismo e dell'oscurantismo di un'interpretazione dell'Islam contraria all'idea marocchina dell'Islam, aperto al dialogo, tollerante e illuminato». Non è da escludersi dunque che altri finanziamenti possano arrivare in futuro proprio dal Marocco.
Le iniziative di questo genere sono solo la minoranza rispetto alla prassi. La tracciabilità del denaro in entrata e in uscita, infatti, risulta ancora poco chiara. Poiché il tutto viene gestito da semplici associazioni. Di fondazioni non vi è nemmeno l'ombra. Anche se negli ultimi anni, una ventina di immobili adibiti poi a moschea sono sotto il nome di Al Waqf al islami in Italia. Ma cosa significa esattamente la parola waqf? Risponde Ahmad Gianpiero Vincenzo, che insegna Diritti confessionali all'università Federico II di Napoli: «Nel diritto italiano l'istituto più vicino al waqf è la fondazione. Introducendole sotto forma di fondazioni lo Stato potrebbe verificare che le attività sono svolte secondo uno scopo predefinito, come gestire una scuola o una moschea, e non nascondono interessi di altra natura. Peraltro - aggiunge il docente – nella maggior parte dei paesi islamici i beni waqf sono stati nazionalizzati, tanto che è istituito il ministero degli Awqaf che amministra anche le fondazioni pie a carattere religioso. Questa che ci stiamo trovando davanti è un'anomalia che si è creata all'interno del territorio italiano al di fuori del diritto italiano». Tuttavia, secondo il legale del Waqf al Islami in Italia, Maher Kebakeji, il suo è proprio un waqf: «Un ente depositario degli immobili destinati ai luoghi di culto in Italia, beni inalienabili e di proprietà di tutti i musulmani».
  CONTINUA ...»

19 Marzo 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Pagina: 1 2 di 2 pagina successiva
RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio


L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.
 
   
 
 
 

-UltimiSezione-

-
-
8 maggio 2010
8 maggio 2010
08 Maggio 2010
8 maggio 2010
8 maggio 2010
 
Prendeva la pensione della madre morta. Arrestato
L'Indagine del Cnr nei mari italiani
IL PUNTO / Il dopo Scajola e gli interrogativi sul governo
Addio a Giulietta Simionato
VIDEO / Le dimissioni di Scajola (da C6.tv)
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-