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Addio a Solzhenitsyn, denunciò
al mondo l' «Arcipelago Gulag»

di Piero Sinatti

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4 agosto 2008
Alexander Solzhenitsyn (Infophoto)

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I due romanzi in parte autobiografici sono pubblicati per la prima volta in Occidente: in essi l'autore sviluppa, con trame avvincenti, temi di alto livello etico: il male, la sua affermazione e la resistenza che vi si oppone; la responsabilità dell'individuo, dell'intellettuale e quella collettiva di fronte al potere e alla storia; lo scontro tra l'idealismo libertario ed egualitario e la tetra realtà del sistema autoritario-burocratico, delle sue violenze e dei privilegi di cui gode la "nuova classe".
Si può affermare che con queste quattro opere - assieme a preziosi racconti come «La casa di Matriona» - Solzhenitsyn raggiunge i risultati artistici e letterari più alti. Mai più raggiunti nelle opere successive, tra cui spicca per la mole - e per il totale insuccesso di critica e di pubblico - del grande ciclo narrativo in quattro volumi di circa 5 mila pagine, «La Ruota Rossa», scritto durante l'esilio nel Vermont e incentrato sulle origini della Rivoluzione d'Ottobre e della sua affermazione. E' un severo processo intentato dall'autore alla classe politica russa prerivoluzionaria, alla dinastia e soprattutto all'intelligentsija radicale (e liberale), responsabili della catastrofe in cui dal 1917 sprofonda la Russia.

Altre opere
Solzhenitsyn, il cui «Ivan Denisovic» fa da battistrada alla memorialistica sui tempi di Stalin e alla «letteratura campagnola» (Mozhaev, Rasputin, Abramov), ha al suo attivo una vastissima opera di documentazione storica e una vasta pubblicistica di carattere storico, etico e politico sui temi più diversi. La sua vis polemica non risparmia nessuno. Serrata è la critica alle filosofie illuministe e radicali, in nome dei valori tradizionali e religiosi. E ancor più veementi sono gli attacchi al sistema mediatico, al consumismo e all' "onnipermissivismo" occidentali (si veda il suo «Discorso di Harvard»), oltre alla continue critiche ai limiti del sistema democratico occidentale.
Tutto questo gli inimica i circoli «liberal» americani, oltre a quelli perennemente ostili delle diverse e cangianti sinistre europee. E infine, i «liberali» russi post-sovietici.
Nel 1994 ritorna da trionfatore in Russia. Alla fine della perestrojka gorbacioviana erano state pubblicate in Urss le sue opere principali. Atterra a Magadan, città della Kolyma, simbolo del Gulag.
Quell'anno in un duro e poco applaudito discorso alla Duma definisce (per primo) «oligarchico» il sistema installato da Eltsin: vi dominano i pochi che si stanno spartendo le ricchezze del Paese, in un quadro di miseria generalizzata. Seguono insuccessi editoriali e televisivi, ostilità e attacchi feroci. Pochi anni prima, aveva pubblicato un pamphlet «Come ricostruire la Russia», in cui auspica la costruzione graduale di un sistema politico basato sull' autogoverno locale e di un'economia mista, di ispirazione solidaristico-cristiana. Auspica l'unione tra Russia, Ucraina e Bielorussia, i fratelli slavi uniti – secondo lui – dalla comune storia e dal comune credo religioso: l' rtodossia.

Le ultime accuse
L'ultima grande opera (per mole e impegno storico) di Solzhenitsyn è il saggio in due volumi «Duecento anni insieme»> (2001-2002). Vi descrive i difficili rapporti tra ebrei e russi negli ultimi due secoli. Il libro si propone come «una ricerca di tutti i punti di comprensione comune e di tutte le possibili strade verso il futuro, purificate dalle amarezze del passato». Seguono pochi consensi, ancor meno lettori e molti attacchi velenosi. Riaffiorano le vecchie accuse di antisemitismo, già emerso, secondo i critici, nella sulfurea rappresentazione del rivoluzionario ebreo-russo-tedesco Helphand , alias Parvus, in un volume della «Ruota rossa».


Infine, a un anno della morte, Solzhenmitsyn si rende colpevole, agli occhi dei liberali occidentali e russi, di un altro delitto imperdonabile. Lo ha commesso nella sua ultima intervista (concessa al settimanale «Der Spiegel»), in cui attribuisce a Putin il merito di «<una lenta e graduale ripresa della Russia…dopo aver ereditato un paese saccheggiato e disorientato, con un popolo povero demoralizzato» . A noi sembra che ancora una volta, anche su questo controverso tema, Solzhenitsyn abbia dimostrato di volere e sapere andare contro corrente, forte dei suoi convincimenti, sempre fermi e severi. Come sempre ha fatto nella sua lunga esemplare esistenza.

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