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L'Europa vuole il gas nigeriano

dal inviato Adriana Cerretelli

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Giovedí 18 Settembre 2008
Un'opera ambiziosa ad altissimo rischio


BRUXELLES - Sulla carta la scommessa del gasdotto trans-sahariano potrebbe essere più che vincente per l'Europa che tenta di allentare la dipendenza dalla Russia di Vladimir Putin, soprattutto in questo incerto dopo-crisi georgiana e forse alla vigilia di una crisi ucraina: gas dalla Nigeria, risalendo il deserto attraverso il Niger fino all'Algeria, per poi approdare in Italia e/o in Spagna, al ritmo di 20 miliardi di metri cubi all'anno a partire dal 2016 e di 30 dal 2030. Sarebbe un bel modo, e in tempi non eterni, di diversificare le fonti per un'Unione che oggi brucia 300 miliardi di metri cubi all'anno (di cui un quarto in arrivo da Mosca), ma che vedrà raddoppiare il proprio fabbisogno nel giro di poco più di vent'anni.

In questa scommessa Andris Piebalgs, il commissario Ue all'Energia, ci crede sul serio. Tanto che, rompendo con la tradizionale cautela dell'eurocrazia di Bruxelles, ha deciso nei giorni scorsi di andare di propria iniziativa in Nigeria per provare a tagliare l'erba sotto i piedi di Gazprom. Dopo cinesi e sud-coreani, infatti, anche i russi stanno inseguendo le promesse energetiche del continente nero. E quel corridoio trans-sahariano appare più che allettante a chi da tempo accarezza l'idea di diventare il capofila di una futura Opec del gas.

Il progetto per realizzarlo è lì che giace sul tavolo da quasi trent'anni. Il primo studio di fattibilità risale al 1980 ed è targato Shell. Grande sponsor l'Algeria con la Sonatrach. Costo della condotta, lunga 4.300 chilometri, 15 miliardi di euro. Trasporterà il gas dal Delta del Niger, attingendo dal settimo più grande giacimento del mondo, fino al terminal algerino di Beni Saf o di El Kala. Dopo di che prenderà la strada della Spagna via Medgas e dell'Italia attraverso la Sardegna grazie al Galsi, il progetto cui partecipano Enel, Edison e Snam Rete Gas.

Nonostante la consolidata presenza in Nigeria, come in Algeria, delle sue principali compagnie petrolifere e nonostante il diretto coinvolgimento di Royal Dutch Shell e Total nel progetto trans-sahariano, l'Europa finora si è mostrata piuttosto tiepida. Ed è per questo che Gazprom non ha incontrato difficoltà nel farsi avanti con successo con il Governo nigeriano. Risultato, paradossalmente l'Europa oggi rischia di ritrovarsi costretta a giocare di rimessa nella partita. Come sta facendo in generale in Africa, dove non cessa di perdere terreno di fronte alla metodica penetrazione altrui.

«Il progetto è decisamente interessante ed economicamente solido. È realistico, non è un bluff come altri. In più ha il grande vantaggio di disporre del gas che intende trasportare. Non come il Nabucco che invece il gas deve tutto andarselo a procurare», spiega un operatore del settore. Allora perché non è stato realizzato finora? «Perché i tempi di gestazione sono sempre lunghissimi. Negli anni 90 nessuno pensava ai gasdotti, perché il prezzo del petrolio viaggiava sui 10 dollari. Con i prezzi alti oggi tutto cambia». Altri sono più cauti e non tanto per i costi dell'operazione, tutto sommato accettabili, quanto per i rischi politici. «Il Sahara è una distesa sconfinata senza legge». Di questi tempi Nigeria e Niger, i due Paesi da attraversare prima di arrivare in Algeria, non danno troppe garanzie a chi punti sulla sicurezza degli investimenti.

I rischi ci sono, ma non ha torto Piebalgs a sfoderare la carta trans-sahariana mettendola accanto a quella del Nabucco. Anche perché quest'ultimo, per il quale Bruxelles continua a battersi con estrema convinzione, è diventato obiettivamente un progetto più fragile dopo l'esplosione del conflitto nel Caucaso, nonostante proprio la crisi ne abbia rilanciato l'importanza strategica. «Tra gli Stati Ue – ha spiegato Piebalgs - soprattutto dopo la crisi georgiana, c'è una forte domanda di diversificazione».

Nabucco, un condotto da 3.300 chilometri del costo di 12 miliardi di euro, dovrebbe trasportare in Europa, passando da Bulgaria, Romania e Ungheria, il gas (20 miliardi di metri cubi annui) dell'Asia centrale via Azerbaijan, Georgia e Turchia. Il tutto per creare un'alternativa al transito su territorio russo. Ma a parte che i Governi europei finora hanno temporeggiato nella sua realizzazione, a parte che deve fare i conti con il concorrente Southstream sponsorizzato da Eni e Gazprom, dopo la guerra georgiana vede a rischio le sue forniture di gas azero e in prospettiva kazahko e turkmeno, apparentemente riorientate verso Russia e Cina.

Dunque la via del Sahara diventerebbe più sicura di quella della seta. A Bruxelles però restano ottimisti su entrambi i fronti. E non vedono una Gazprom imbattibile. Anzi. «Northstream oggi deve fronteggiare problemi di tutti i colori, dall'Estonia alla Svezia. Southstream è un'iniziativa di carta. Il cartello di Gazprom con l'Algeria non si è visto. L'unico progetto che avanza è Nabucco», dice un funzionario europeo. Sarà.

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